i sentimenti al tempo dei socialnetwork
...mi capita spesso di leggere status e commenti e link "un pò vittimisti" in tema "para sentimentale" in cui (in misura bipartisan) maschietti e femminucce si lamentano della fiducia mal riposta, degli uomini/donne che "non sono", dell'amore sprecato, di frustrazioni varie ed eventuali, dell'uomo/donna che "vorrei ma non c'è"...
Parlo di para-sentimenti non per mettere in alcun modo in discussione quello che “si sente”, ma perché un sentimento autentico, è una spinta, una tensione, un bisogno “umano”, e nessun “urlo virtuale” può sostituire la spinta liberatoria e autentica del colore della voce reale.
In realtà, patologicamente, il dichiarato virtuale, spesso copiato, rilanciato con link, serve solo ed unicamente ad anestetizzare, sopire, e cercare il finto conforto vittimistico, senza minimamente lasciare spazio a quella propulsività propria dei sentimenti “veri”.
Sentire è dichiarare un bisogno.
Se reale, autenticamente reale, è spinta al cambiamento.
È il feto che pur di dare voce al bisogno della vita, lotta per venire fuori, ed esplode in un grido autentico che gli squarcia i polmoni.
È il bruco che per il bisogno si volare “cambia la sua vita” e si chiude nel bozzolo, e la farfalla, che per esistere rompe, con forza, fatica e dolore, il guscio.
In questo tempo fatto di paure, spesso indotte, e di formalismi forzosi e forzati, si spegne quel grido autentico e quella spinta maieutica e propulsiva propria di un sentire e dei bisogni viscerali.
La si confonde nella ricerca del facile consenso pubblico anestetizzante.
Chiusi al caldo delle nostre case, senza correre il rischio di apparire, nella nostra irregolarità e nei nostri difetti, “visibilmente umani”.
Senza dare a quel “bisogno” la vera linfa per “mettere in discussione” davvero e “cambiare” la nostra vita.
Ma non è un link che ci salverà.
Non sono i mille facilissimi “mi piace” o “poverina/o come hai ragione” che cambieranno i nostri giorni e daranno risposte ai nostri bisogni.
Mi vengono in mente almeno tre canzoni, che vorrei rilanciare.
Ma ne riporto i testi, perché più che “sentire passivamente” le parole in musica distrattamente mentre facciamo “altro”, sarebbe il caso, sarebbe necessario, che ci soffermassimo in quella fatica antica e salvifica di rubare pochi minuti alla nostra giornata per regalarli alla parte migliore e più delicata di noi stessi, e compissimo quell’atto antico della fatica di leggere, introiettare e riflettere…
La ragazza fisarmonica (Paolo Conte 1974)
Tua madre ti ha vestita di tante gelosie
Ti ha messo cose in testa amare fantasie
In te ha riversato le proprie delusioni
Gli uomini ti ha detto son tutti dei coglioni
Così tu sei cresciuta in quella diffidenza
Fra un uomo e l’altro pensi non c’è la differenza
Di ogni tenerezza la più completa assenza
il vuoto del tuo cuore rasenta la demenza
Oh mai, un sorriso che so una parola di più
oh mai, un’occhiata chissà un po’ di complicità
Come fisarmonica ti lasci stringere ogni volta ma
C’e un silenzio chiuso in te più volgare co com’e
è più volgare di uno sputo
Tua madre ti parlava lavandoti le spalle
Bambina tu ascoltavi le sue infinite balle
“Tuo padre” ti diceva “è stato un magro affare
A quarant’anni appena è un uomo da buttare“
Tu gli volevi bene intendo a lui tuo padre
E non capivi bene le frasi di tua madre
Eppure hai cominciato e non ti riguardava
A difendere per sempre l’orgoglio di una schiava
Oh mai, mai un giorno che tu mi ringrazi
Ma non lo sai fare un gesto che sia
Spiritoso con me con te la domenica
Sei poco igienica si muore sai
Meglio andare via di qua a cercarsi una città
E non restare in questa mia periferia
Meglio andare via di qua a cercarsi una città
E non restare in questa mia periferia
Ophelia (Francesco Guccini 1968)
Quando la sera colora di stanco dorato tramonto le torri di guardia,
la piccola Ophelia vestita di bianco va incontro alla notte dolcissima e scalza,
nelle sue mani ghirlande di fiori e nei suoi capelli riflessi di sogni,
nei suoi pensieri mille colori di vita e di morte, di veglia e di sonno.
Ophelia, che cosa senti quando la voce dagli spalti
ti annuncia che è l'ora già e il giorno piano muore.
Ophelia che vedi dentro al verde dell'acqua del fossato,
nei guizzi che la trota fa cambiando di colore?
Perchè hai indossato la veste più pura, perchè hai disciolto i tuoi biondi capelli?
Corri allo sposo, hai forse paura che li trovasse non lunghi, non belli?
Quali parole son sulle tue labbra, chi fu il poeta o quale poesia?
Lo sa il falcone nei suoi larghi cerchi o lo sa sol la tua dolce pazzia?
Ophelia, la seta e le ombre nere ti avvolgono leggere,
ma dormi ormai e sentirai cadenze di liuto...
Ophelia non puoi sapere quante vicende ha visto il mondo,
ma forse sai e lo dirai con magiche parole...
Ophelia le tue parole al vento si perdono nel tempo,
ma chi vorrà le troverà in tintinnii corrosi...
Ophelia,…
C’è solo la strada (Giorgio Gaber – 1974 da “Anche per oggi non si vola”)
[parlato] Maria, ti amo.
Maria, ho bisogno di te.
Poi la stringo e la bacio, infagottato d'amore e di vestiti. E anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. E la cosa continua bellissima per giorni e giorni. Una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. Una gran tenerezza e una porta che si chiude.
Nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
succede qualcosa di strano, non c'è niente da fare
è fatale, quell'uomo comincia ad ammuffire.
Basta una chiave che chiuda la porta d'ingresso
che non sei già più come prima
e ti senti depresso.
La chiave tremenda, appena si gira la chiave
siamo dentro a una stanza:
si mangia, si dorme, si beve.
Ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. Ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti Falqui. Soltanto quattrocento lire per purgare tutta la famiglia. Un affare. Si caga, in famiglia. Si caga bene, lo si fa tutti insieme.
Nelle case non c'è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
quell'uomo è pesante e passa di moda sul posto
incomincia a marcire, a puzzare molto presto.
Nelle case non c'è niente di buono
c'è tutto che puzza di chiuso e di cesso:
si fa il bagno, ci si lava i denti
ma puzziamo lo stesso.
Amore ti lascio, ti lascio.
C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada e nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.
C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
e gli angeli non danno appuntamenti
e anche nelle case più spaziose
non c'è spazio per verifiche e confronti.
[parlato] Laura, ti amo.
Laura, ho bisogno di te.
Con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. Li avevo lasciati qualche anno fa con la cravatta. Sono molto cambiati, sono molto più belli. Le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. Gli esseri meno. Gli esseri non sono molto cambiati. Vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po' di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. Ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l'altro. E poi l'amore, per fabbricarsi una felicità. Come noi ora. Una coppia, e ancora tante coppie.
Unica diversità, un viaggio in India su una Due cavalli. Due, come noi.
E poi ancora una porta, ancora una casa
ma siamo convinti che sia un'altra cosa
Perché abbiamo esperienze diverse
non può finir male
perché abbiamo una chiave moderna
abbiamo una Yale
perché è tutto un rapporto diverso
che è molto più avanti
ma c'è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti
e di nuovo mi trovo a marcire
in un'altra famiglia, la nostra, la mia
abbracciarla guardando la porta
e la mia poesia.
Amore, ti lascio, vado via.
C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
[parlato] Lidia, ti amo.
Lidia, ho bisogno di te... ma, per favore, in un hotel meublé.
Perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.
C'è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l'unica salvezza
c'è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.
Perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
...Perché il giudizio universale
non passa per le case
in casa non si sentono le trombe
in casa ti allontani dalla vita
dalla lotta, dal dolore, dalle bombe.
p.s.
queste, sono le canzoni che spesso avrei voluto postare sulle bacheche di amici, conoscenti, in vari momenti. Mi sono sempre trattenuto dal farlo perché credo che, comunque, i sentimenti siano materia “delicata”. Ma proprio per questo ritengo che vadano o custoditi dentro di noi, o urlati forte, prima di tutto a noi stessi. Senza alcuna ricerca di facili consensi che non ci lasciano il dovere di cambiare. Perché un sentimento che non mette tutto in discussione e non ci trasforma dentro e non ci cambia la vita, non è “vita”, ma “semplice latente compagnia anestetizzante e soporifera” a che tutto resti com’era.
Per questo non mi intrometto più di tanto, scrivo, di rado, in privato, e ascolto leggo e taccio.
Un po’ per tutti… questo link, che spero possa non essere né violento né invasivo né invadente.