Lascio nel 2010... ovvero "la mia avvelenata"
Ci sono cose che appartengono irrimediabilmente alle nostre vite, e che comunque sia non puoi fare a meno che ci siano.
È questa una di quelle consapevolezze da cui non possiamo prescindere.
Però è anche vero che il senso di “diventare grandi” non sta in fattori meramente anagrafici, ma nel tracciare delle linee di confine, che si chiamano scelte.
Ho avuto alcune fortune nella mia vita.
Ho viaggiato molto.
Vedere e sentire colori e sapori e odori tra i più vari e ricchi e forti.
Però non ho mai giudicato, tra tutte le cose, ho sempre tratto “il bello”, trattenuto il giusto, conservato l’utile, e ho cercato di imparare da ogni cosa, situazione, tempo e persona…
Ho studiare molto, anche cose molto diverse.
E alla fine posso dire che una cosa l’ho imparata: a studiare.
E studiare insegna a capire.
E capire è la base per scegliere.
E chi sceglie, oltre quello che “si porta via”, paga il prezzo di qualcosa cui inevitabilmente rinuncia.
In un mondo che mi piace sempre meno, c’è qualcosa che proprio non mi voglio “portare” e cui sento di non appartenere, e cui sento che non apparterrò mai, per quanto benevolmente non posso non accettare che sia “intorno a me”… ma… “io sono diverso”, e questa diversità l’ho pagata, anche molto, e decisamente senza sconti; in qualche modo me la sono guadagnata, e certamente la rivendico come “mia”, e ne vado anche fiero.
E quindi lascio alcune cose, con cui forse per “poca forza” mi è toccato ancora convivere, in questo 2010 che sta per terminare, e mi sembra giusto elencarle – perché “loro” non sentano “la mia mancanza” come elemento decorativo, e perché non ci siano “perché?” in sospeso…
Lascio chi sorride sempre, perché non ha la forza di mostrarsi triste.
Chi pensa che per tenersi il proprio “uomo” accanto debba rifarsi pezzo-pezzo nel tempo che passa.
Chi pensa di sopravvivere a se stesso con silicone e botulino - sia fisici che mentali.
Chi pensa di conoscere un quadro per aver sfogliato un libro solo.
Chi ha così paura della propria solitudine da pagarsi una corte.
Chi pensa di riempire un vuoto con un conto corrente.
Chi baratta l’amore con un guardaroba, un appartamento, una cena...
Chi semina precarietà esistenziale per guadagnare voti facendo finta di combattere quella lavorativa.
Chi misura i propri valori con il plafond della “carta di credito”…
e gongola della “carta oro” senza conoscere nemmeno l’esistenza della centurion, beve l’amarone perché costa molto, ma non sa come è stato vinificato, acquista il Barolo, e si lamenta che non ci sia “la bottiglia dello stesso anno”, beve champagne perché fa chic e lo apre come uno spumante.
Chi confonde il valore dell’informazione, con un capitale di pettegolezzo.
Chi non vive una vita propria, perché richiederebbe sia forza che coraggio, e sta dietro le quinte vampirizzando quella degli altri.
Chi pensa che sia una questione di stile fare una cena con i camerieri in livrea, e in pieno stile dimenticare spesso di versare i contributi previdenziali.
Chi apparecchia bene una tavola… e non sa preparare un solo piatto.
Chi gioca a carte, e parla delle sciagure delle persone.
Chi detta lo stile altrui, per evitare che si facciano strada stili differenti.
Chi pensa di poterti attaccare perché sei ferito.
Chi ti guarda dall’alto in basso… in realtà per non vedere le stelle.
Chi rinchiude i figli nei sensi di colpa.
Chi confonde esistere in società con l’esistere nella vita.
Lascio dietro di me chi non sarebbe disposto a dormire di notte in un aeroporto, a spalare la neve, chi non si lecca le dita mangiando le patatine, chi non farebbe a gara di "chele", chi teme di piangere sotto la pioggia, chi si lava la coscienza con un'offerta in chiesa...
Lascio nell’anno che finisce chi non ha la voglia di mediare.
Chi esclude.
Chi parla di stile per nascondere un basso razzismo di censo, reale, apparente, putativo.
Chi preferisce distruggere al costruire.
Chi compra i libri a metro per arredare casa e non fa nemmeno la fatica di togliere la polvere.
Chi nasconde la paura di perdere una posizione, di perdere un reddito, di ammettere un errore, dietro il senso del dovere, “i bambini sono piccoli”, “mi sono sacrificato/a per loro…”
Chi non ha il coraggio di rischiare il certo per l’incerto, e sceglie di morire lentamente per non correre il rischio di prestare le proprie ali a un sogno “che ne vale la pena”.
Chi pensa di comprare la propria coscienza con un tennis di cartier.
Chi si fa comprare con un tennis di cartier.
Chi cerca scorciatoie per non affrontare la salita.
Chi non mette in discussione il modello ricevuto.
Chi non si indigna di fronte ad un’offesa.
Chi pensa che la violenza sia solo quella fisica.
Chi pensa che ci sia sempre una giustificazione, e chi si dà sempre attenuanti generiche, ed è il giudice più spietato verso le mancanze altrui.
Chi fa della morale uno scudo per salvaguardare il proprio modo di vivere.
Chi non sa dare una carezza ad un bambino.
Chi confonde autorità con autorevolezza.
Chi pensa che avere delle responsabilità debba significare rinunciare ai propri desideri.
Chi vuole tenere tutto insieme, senza dover decidere, scegliere, prima di tutto in base a priorità “proprie”, e di cui “ci si appropria”.
Chi pensa che sia colpa della scuola, degli amici, della società, del governo…
Chi cerca colpe, vive di giudizi, infligge condanne, si nutre di conflitto.
Chi non accetta un modo di vivere, di essere, di sentire, diverso dal proprio.
Chi guarda sempre "all'altro" per non affrontare se stesso.
Io so che nessuno di noi, da solo, cambierà mai il mondo.
Però so anche che ciascuno di noi, se vuole, ha nelle proprie mani e nel proprio cuore tutte le risorse necessarie a cambiare il proprio mondo.
E in parte… se cominciamo a lasciare fuori ciò che “non ci piace”… forse il nostro mondo, comincerà ad essere un po’ migliore…
Io vi auguro un nuovo anno sereno.
Il mio, comincia da qui.