Due o tre cose su questa manovra finanziaria (18 luglio 2011)
A maggio 2010 mi trovai a fare alcune considerazioni sulla situazione della Grecia.
Un anno fa, Tremonti in primis, parlava dell’atto eroico compiuto dall’Europa per salvare la Grecia, e i maggiori economisti parlarono di una soluzione che avrebbe posto fine allo stato di stallo finanziario e consentito alla Grecia di ripartire.
Da quell’articolo riprendo quanto segue:
I motivi sono diversi, ma tra i principali la mancanza di domanda, ovvero i buyers mondiali, avendo “meno risorse da impiegare in titoli di stato esteri” selezionano quelli più “affidabili” in un rapporto tasso/tempo/investimento.
Contemporaneamente, un popolo già ridotto al minimo della sua capacità di risparmio non ha generato una “domanda interna” di titoli di Stato che potesse bilanciare la non richiesta estera. La situazione greca tuttavia non è un’anomalia, ma semplicemente un rischio cui sono normalmente esposti i Paesi con un forte debito pubblico (tra cui appunto il nostro) se contemporaneamente non riescono ad avere due altre costanti: una forte crescita interna (che riesca quantomeno a coprire il valore del tasso pagato per il debito) e una adeguatamente ampia domanda interna di titoli di Stato, capace di bilanciare comunque la domanda calante del mercato “esterno”
Imporre il taglio dei salari del 20% significa privare completamente le “famiglie medie” della capacità di risparmio – il che significa togliere la possibilità che in caso di necessità ci sia una seppur minima domanda interna di titoli di Stato. E quindi il problema della dipendenza finanziaria diventa strutturale e non arginabile.
Ieri è stata approvata “una” manovra correttiva ai conti pubblici italiani, come “legge di bilancio”.
Un “correttivo programmatico” che rivede prevalentemente le cd. voci fiscali di minore entrata – tradotto si tratta di ridurre le forme di agevolazione fiscale.
Detta in questi termini apparirebbe una cosa “buona” visto che il termine agevolazione indicherebbe un privilegio.
In realtà i sistemi di detrazione e di agevolazione e di sgravio, sono dei correttivi che – premessa una regola – tengono conto delle singolari eccezioni delle famiglie, ed in genere delle fasce più svantaggiate.
L'abbattimento delle agevolazioni colpisce famiglie con figli a carico, spese sanitarie e scolastiche, ristrutturazioni edilizie, interventi per il risparmio energetico e associazioni onlus. L'obiettivo è recuperare 20 miliardi in due anni.
Si tratta di una sorta di “taglio lineare” (ovvero generalizzato, senza aliquote, e su tutti gli sgravi e le deduzioni) in maniera progressiva dal 5% al 20% in tre anni.
Si tratta dell'1,2% del Pil, Il che porterà ad un aumento, di fatto, del valore medio della pressione fiscale fino al 44%.
A partire dal 2014 toccherà tutte le 483 agevolazioni fiscali, incluse quelle per le famiglie. Fra le numerose voci vengono colpiti dunque i nuclei familiari con figli a carico, le spese per l'istruzione, quelle mediche e per gli asili nido; ma anche gli studenti universitari e i redditi da lavoro dipendente. La riduzione degli sconti fiscali riguarderà detrazioni e deduzioni in caso di ristrutturazione edilizia e interventi per il risparmio energetico o per le donazioni al terzo settore, a onlus e ancora l'Iva, le accise e i crediti di imposta.
A ciò si aggiungeranno la reintroduzione immediata dei ticket sanitari (di 10 euro sulle ricette mediche e di 25 euro per gli interventi del pronto soccorso in codice bianco) e una "tassa" superiore ai 200 euro, sui ricorsi al giudice del lavoro per vertenze in materia di licenziamenti, contratti o mobbing in azienda.
Ora, il punto, anche con i fondamentali diversi che ha il nostro Paese, resta quello legato a quelle brevi considerazioni fatte un anno fa.
Tagliare le deduzioni e le detrazioni alle famiglie numerose e a reddito fisso e controllato (dipendenti) significa di fatto fare in modo che queste a parità di consumi spendano di più.
Soprattutto per servizi indispensabili (spese sanitarie) riducendo ancora la loro capacità di spesa e di risparmio (se mai ne sia rimasta).
Colpire le fasce deboli con una imposta per la tutela dei propri diritti in materia di lavoro, in un momento di massima precarietà, appare non solo “odioso” socialmente, ma degenerativo come sistema.
Ridurre le agevolazioni in tema di edilizia, ricerca, terzo settore, non farà che ridurre ulteriormente gli investimenti e la spesa in quei settori dell’economia, già depressi.
E tutto questo, ancora una volta, senza toccare minimamente le voci di spesa (che si sarebbero quelle potute ridurre in maniera lineare) e senza prevedere alcun investimento che potesse fungere da motori sui consumi.
Un anno fa si esultava al salvataggio della Grecia.
Era solo il primo giro ad un avvitamento depressivo. Progressivo.
La strada è la stessa.
Purtroppo.