E tuttavia, questo è un giorno di vittoria.
Nell'epoca in cui tutto è conflitto, ed in cui il conflitto e lo scontro vengono usati come "mezzo" per il consenso politico, in cui siamo spinti a "vincere" ad ogni costo, e conta solo quello, in cui nessuno ti insegna il valore dell'impegno, il senso del saper perdere, il "lavoro" di costruzione come ricchezza indipendente dal risultato finale, e questo nella sfera lavorativa, sociale e purtroppo anche privata e relazionale, mi è venuto in mente questo bellissimo testo di Pierpaolo Pasolini.
Poco letto, poco conosciuto, da cui Cisco Bellotti ha tratto una bellissima canzone qualche anno fa.
So che è un pò "lungo" - ma "sta qui".
Come tutte le cose... nella piena libertà e disponibilità di chi volesse... quando più gli aggrada...
...io ci ho pensato perché...
spesso stiamo lì...
e diciamo e ascoltiamo frasi come "ho vinto"...
ma nessuno chiede mai "cos'è vincere...?"
e io...
guardo il cielo... e vedo il sole...
e mi dico...
boh...
forse per me questo è aver già vinto...
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La vittoria (P.Pasolini)
Dove sono le armi?
Ho solo quelle della mia ragione
e nella mia violenza non c'è posto
anche per la traccia di un atto che non è
intellettuale. E 'ridicolo
se, suggerito da mio sogno su questo
mattino grigio, che i morti possono vedere
e altri morti vedranno, ma anche per noi
è solo un altro mattino,
Io urlo parole di lotta?
Chissà cosa sarà di me
a mezzogiorno, ma il vecchio poeta è "gioia ab"
che parla come un'allodola o uno storno o
un desiderio giovane per morire.
Dove sono le armi? Ai vecchi tempi
non tornerà, lo so; il rosso
Aprils dei giovani se ne sono andati.
Solo un sogno, di gioia, può aprire
una stagione di dolore armati.
Io che era un partigiano disarmato,
mistico, senza barba, senza nome,
ora ho il senso della vita orribilmente
seme profumato della Resistenza.
Al mattino le foglie sono ancora
come una volta sul Tagliamento
e Livenza, non è una tempesta in arrivo
o la notte cadere. E 'l'assenza
della vita, contemplando se stesso,
le distanze da se stesso, intento a
comprensione quei terribili ancora sereno
forze che ancora riempirlo-aroma di aprile!
un giovane armato per ogni filo d'erba,
ciascun volontario un desiderio di morire.
. . . . . . . . .
Buona. Mi sveglio e, per la prima volta
nella mia vita, voglio prendere le armi.
Assurdo dire che nella poesia
E di quattro amici di Roma, due di Parma
Chi mi capisce in questa nostalgia
idealmente tradotto dal tedesco, in questo archeologico
calma, che contempla una soleggiata, spopolata
Italia, patria di partigiani barbariche che scendono
Alpi e Appennini, giù le antiche strade ...
Il mio furore arriva solo agli albori.
A mezzogiorno io sarò con i miei connazionali
al lavoro, a pasti, in realtà, che solleva
la bandiera, oggi bianco, dei destini generali.
E voi, comunisti, i miei compagni / noncomrades,
ombre dei compagni, estranei cugini di primo grado
perso nel presente così come il lontano,
giorni inimmaginabili del futuro, è, senza nome
padri che hanno sentito le chiamate che
Pensavo fossero come il mio, che
ora bruciano come fuochi abbandonati
freddo in pianura, lungo sonno
fiumi, sulle bombe cave montagne. . . .
. . . . . . . . .
Prendo su di me tutta la colpa (il mio vecchio
vocazione, non confessato, il lavoro facile)
per la nostra debolezza disperata,
per cui milioni di noi,
tutte con una vita in comune, non poteva
persistono fino alla fine. E 'finita,
cantiamo insieme, Tralala: Sono in calo,
sempre meno, le ultime foglie di
la guerra e la vittoria martirizzati,
distrutto a poco a poco da quello che
sarebbe diventato realtà,
non solo di reazione cari, ma anche la nascita di
bella socialdemocrazia, Tralala.
Colgo (con piacere) su di me il senso di colpa
per aver lasciato tutto com'era:
per la sconfitta, per la sfiducia, per lo sporco
speranze degli Anni Bitter, tralla.
E mi prenderà su di me la struggente
dolore della nostalgia più bui,
che chiama le cose pentito
con la verità, come a quasi
resuscitare loro o ricostruire la distrutta
condizioni che le hanno rese necessarie (trallallallalla). . . .
. . . . . . . . .
Dove sono le armi più, pacifico
produttivi in Italia, voi che non hanno importanza nel mondo?
In questa tranquillità servile, che giustifica
Braccio di ieri, di oggi busto, dal sublime
al ridicolo e nella solitudine più perfetta,
J'accuse! Non, calmati, del governo o del latifondo
o il Monopoli, ma piuttosto la loro sommi sacerdoti,
Italia gli intellettuali, tutti,
anche coloro che giustamente si definiscono
i miei buoni amici. Questi devono essere stati i peggiori
anni della loro vita: per aver accettato
una realtà che non esisteva. Il risultato
connivente di questo, di questa appropriazione indebita di ideali,
è che la vera realtà ora non ha poeti.
(Io? Sono essiccato, obsoleto.)
Ora che è uscito in mezzo a Togliatti
gli echi degli scioperi all'ultimo sangue,
vecchio, in compagnia dei profeti,
che, ahimè, avevano ragione, io sogno di armi
nascosti nel fango, il fango elegiaco
dove i bambini giocano e antichi padri fatica-
mentre dalle lapidi malinconia cade,
le liste di crack nomi,
le porte delle tombe esplodere,
ei cadaveri giovani cappotti
portavano in quegli anni, la larghi
pantaloni, il berretto militare sulla loro il partigiano
capelli, scende, lungo le pareti
dove i mercati stand, lungo i percorsi
che uniscono orti della città
alle colline. Scendono dalle loro tombe, i giovani
i cui occhi contenere qualcosa di diverso da amore:
una follia segreta, di uomini che combattono
come se chiamato da un destino diverso dal proprio.
Con quel segreto che non è più un segreto,
discendono, in silenzio, sotto il sole nascente,
e, anche se così vicino alla morte, il loro è il battistrada felice
di coloro che viaggio molto in tutto il mondo.
Ma sono gli abitanti delle montagne, della natura selvaggia
rive del Po, del luoghi più remoti
il più freddo nelle pianure. Che cosa stanno facendo qui?
Essi sono tornati, e nessuno può fermarli. Non nascondono
le loro armi, di cui sono titolari, senza dolore o gioia,
e nessuno li guarda, come se accecati dalla vergogna
in quel lampeggiante osceni di pistole, in quel passo di avvoltoi
che scendono verso il loro dovere oscurare alla luce del sole.
. . . . . . . . .
Chi ha il coraggio di dire loro
che l'ideale segretamente bruciore agli occhi
è finito, appartiene ad un altro tempo, che i bambini
dei loro fratelli non hanno combattuto per anni,
e che una storia crudele nuovo prodotto
altri ideali, silenziosamente li corrompe?. . .
Ruvido come barbari poveri, toccherà
le cose nuove che in questi due decenni umano
la crudeltà ha procurato, le cose incapace di muoversi
coloro che cercano la giustizia. . . .
Ma dobbiamo festeggiare, apriamo le bottiglie
del buon vino della Cooperativa. . . .
Per sempre nuove vittorie, e Bastiglie nuovo!
Rafosco, Baco. . . . Lunga vita!
Per la tua salute, vecchio amico! Forza, compagno!
Ei migliori auguri per la festa bellissima!
Da oltre ai vigneti, al di là degli stagni fattoria
arriva il sole: dalle tombe vuote,
dalle lapidi bianche, da quel tempo lontano.
Ma ora che sono qui, violento, assurdo,
con le voci strane di emigranti,
impiccati ai pali della luce, strangolato da garrotes,
che li porterà nella lotta di nuovo?
Togliatti si è finalmente vecchio,
che voleva essere tutta la vita,
e tiene allarmato nel petto,
come un papa, tutto l'amore che abbiamo per lui,
anche se stentata dall'affetto epico,
lealtà che accetta anche il più inumano
frutto di una lucidità bruciata, tenace come un scabie.
"Tutta la politica è Realpolitik," in guerra
anima, con la tua rabbia delicato!
Non si riconosce un'anima diversa da questa
che ha tutte la prosa di un uomo intelligente,
del rivoluzionario dedicato al onesti
uomo comune (anche la complicità
con gli assassini degli Anni Bitter innestati
sul protettore classicismo, il che rende
il comunista rispettabile): non si riconosce il cuore
che diventa schiavo al suo nemico, e se ne va
dove il nemico va, guidato da una storia
che è la storia di entrambi, e li rende, in fondo,
perversamente, fratelli, non si riconoscono le paure
di una coscienza che, alle prese con il mondo,
condivide le regole della lotta nel corso dei secoli,
come attraverso un pessimismo in cui spera
annegare a diventare più virile. Gioioso
con una gioia che non conosce agenda nascosta,
questo esercito cieco nel buio
luce solare di morti giovani viene
e aspetta. Se il loro padre, il loro capo, assorbito
in un dibattito con potenza misteriosa e legata
per la sua dialettica, che la storia si rinnova incessantemente-
se li abbandona,
tra le montagne bianche, in pianura sereno,
a poco a poco in seno barbara
dei figli, l'odio diventa amore di odio,
brucia solo in loro, i pochi, i prescelti.
Ah, disperazione che non conosce leggi!
Ah, anarchia, l'amore libero
della Santità, con le tue canzoni valorosi!
. . . . . . . . .
Colgo anche su di me la colpa per aver cercato
tradire, per lottare arrendersi,
per accettare il bene come il male minore,
antinomie simmetrica che ritengo
nel pugno, come le vecchie abitudini. . . .
Tutti i problemi dell'uomo, con le loro dichiarazioni terribile
di ambiguità (il nodo di solitudini
dell'ego che si sente morire
e non vuole venire davanti a Dio nudo):
tutto questo prendo su di me, in modo che io possa capire,
dall'interno, il frutto di questa ambiguità:
un uomo amato, in questo non calcolate
Aprile, da cui un migliaio di giovani
caduto dal mondo al di là aspettano, fiduciosi, un segno
che ha la forza di una fede senza pietà,
per consacrare la loro rabbia umile.
Struggimento via entro Nenni è l'incertezza
con la quale ha ri-entrato nel gioco, e l'abile
coerenza, la grandezza accettato,
con la quale ha rinunciato affetto epico,
se la sua anima poteva pretendere titolo
ad esso: e, uscendo da una fase brechtiano
nelle ombre del backstage,
dove apprende nuove parole per la realtà, l'incerto
rompe eroe a caro prezzo a se stesso la catena
che lo ha legato, come un vecchio idolo, al popolo,
dando un nuovo dolore per la sua vecchiaia.
Il Cervis giovane, mio fratello Guido,
i giovani di Reggio ucciso nel 1960,
con la loro casta e forte e fedele
gli occhi, fonte di luce santa,
guardano a lui, e aspettano la sua vecchie parole.
Ma, un eroe ormai diviso, manca
ormai una voce che tocca il cuore:
si appella alla ragione che non è la ragione,
alla sorella triste della ragione, che vuole
di comprendere la realtà nella realtà, con una passione
che rifiuta ogni estremismo, ogni temerarietà.
Che dire di loro? Che la realtà ha una tensione nuova,
che è quello che è, e ormai si è
nessun corso se non per accettarlo. . . .
Che la rivoluzione diventa un deserto
se è sempre senza vittoria. . . che non può essere
troppo tardi per chi vuole vincere, ma non con la violenza
del vecchio, armi disperata. . . .
Che si deve sacrificare la coerenza
per l'incoerenza della vita, tentare un creatore
dialogo, anche se questo va contro la nostra coscienza.
Che la realtà, anche questo piccolo, avaro
Stato è più grande di noi, è sempre una cosa impressionante:
e si deve essere parte di esso, per quanto amara che sia. . . .
Ma come si aspetta che siano ragionevoli,
questo gruppo di uomini ansiosi che hanno lasciato, come
le canzoni dicono-casa, sposa,
la vita stessa, in particolare in nome della Ragione?
. . . . . . . . .
Ma ci può essere una parte dell'anima di Nenni che vuole
a dire a questi compagni provengono dal mondo di là,
in abiti militari, con le suole bucate
delle scarpe borghese, e la loro giovinezza
innocentemente assetato di sangue
a gridare: "Dove sono le armi? Andiamo, andiamo
andare, farli, in pagliai, nella terra,
non vedete che non è cambiato nulla?
Quelli che piangevano ancora piangere.
Quelli di voi che hanno un cuore puro e innocente,
andare a parlare nel mezzo dei quartieri poveri,
nei progetti abitativi dei poveri,
che dietro le loro mura e le loro vicoli
nascondere la piaga vergognosa, la passività di coloro
che sanno di essere tagliati fuori dai giorni del futuro.
Quelli di voi che hanno un cuore
dedicata alla lucidità maledetto,
andare nelle fabbriche e nelle scuole
per ricordare le persone che nulla in questi anni ha
cambiato la qualità della conoscenza, pretesto eterna,
forma dolce e inutile del potere, non di verità.
Quelli di voi che obbedire a un onesto
imperativo storico di religione
andare tra i bambini che crescono
con il cuore vuoto di vera passione,
per ricordare loro che il nuovo male
è ancora e sempre la divisione del mondo. Infine,
quelli di voi al quale un triste incidente di nascita
in famiglie senza speranza ha dato le spalle di spessore, il riccio
capelli del criminale, zigomi scuri, occhi senza pietà-
andare, per cominciare, al Crespi, per gli Agnelli,
alla Valletta, per i potentati delle aziende
che ha portato l'Europa fino alle rive del Po:
e per ciascuno di essi viene l'ora che non ha
uguale a quello che hanno e ciò che odio.
Coloro che hanno rubato il bene comune
capitale prezioso e che nessuna legge può
punire, beh, allora, andare a legarli con la corda
di massacri. Alla fine del Piazzale Loreto
ci sono ancora, ridipinto, a poche
pompe di benzina, rossa nella quiete
luce del sole della primavera che ritorna
con il suo destino: è tempo di fare di nuovo un cimitero! "
. . . . . . . . .
Essi stanno lasciando. . . Aiuto! Si tratta di voltare le spalle,
le spalle sotto i cappotti eroico
di mendicanti e disertori. . . . Come sono sereno
le montagne tornano a, con tanta leggerezza
i fucili mitragliatori rubinetto loro fianchi, al battistrada
del sole che tramonta sul intatto
forme di vita, che è diventato quello che era prima
fino in fondo. Aiuto, stanno andando via!-Back alla loro
mondi in silenzio di Marzabotto o di Via Tasso. . . .
Con la testa rotta, la nostra testa, umile
tesoro della famiglia, grande testa del secondogenito,
mio fratello riprende il sanguinoso sonno, solo
tra le foglie secche, nel sereno
ritiri di un bosco nel pre-Alpi, persa in
la pace d'oro di una interminabile Domenica. . . .
. . . . . . . . .
E tuttavia, questo è un giorno di vittoria.