"Facitegli fa’ caccosa..."
Deve essere stata questa la linea politica che in una notte di particolare stress è stata suggerita al giovane e bravo Andrea Orlando. E così ha fatto.
Mandato “nella fossa dei leoni” napoletana come commissario dal navigatissimo Bersani, aveva due compiti precisi: fare chiarezza sulle primarie e avviare la fase congressuale una volta azzerati i vertici del PD napoletano.
A distanza di oltre un anno non è riuscito a fare nessuna delle due cose.
Si è ritrovato un partito diviso, sconfitto su tutta la linea e all’opposizione.
Verrebbe da dire anche all’opposizione di se stesso.
Si è ritrovato senza alcuna autorevolezza, se non quella del "potere conferito dal segretario" che - va ricordato - se la campania è sempre stata determinate nella sua elezione, altrettanto da queste parti ha sempre contato, internamente, poco.
E così questo giovane ex segretario spezzino, cresciuto in un partito tutto sommato ordinato e senza divisioni che non fossero ricomponibili senza troppo clamore, giovane deputato proiettato nella carriera di partito, è stato mandato qui, ignaro - credo - sia delle vere difficoltà sia della complessità locale, soprattutto in termini di difficile digestione della disciplina (e linea) imposta da Roma.
[Qualche voce maliziosa disse che proprio perché ex responsabile dell'organizzazione nazionale, perfettamente cosciente della complessità napoletana, avesse invece ricevuto ordini precisi: logorare nel tempo e azzerare le componenti locali, possibilmente cancellando i bassoliniani. Ma io non voglio pensarlo.]
Per oltre un anno Orlando è stato sottoposto al fuoco incrociato di chi lo accusava di inattività, di inerzia, di non aver fatto nulla in campagna elettorale, della sparizione politica (oltre che istituzionale) del partito, di non aver mosso un dito nella direzione indicata nei suoi compiti, di essere schiavo, o vittima, o succube delle componenti napoletane e di prestare il fianco a questo o quello in un'ottica di scontro o anche resa dei conti interna.
E immagino come debba reagire ogni volta che torna a Roma e qualcuno gli chiede come va a Napoli, o gli nomina anche solo tizio o caio.
Intanto, si decideva che ciò che restava di vivo in un partito morto non dovesse avere spazio.
Mi riferisco alle persone, quelle che mettono passione nelle cose che fanno, che hanno (bontà loro) scelto come casa di questa passione il Partito Democratico e che vorrebbero solo ed esclusivamente una sana ripresa dell'iniziativa politica. Quell'iniziativa morta da tempo, perché non sapendo come imbrigliarla in correnti, si è scelto che non avesse spazio.
Il tutto condito da un vizio antico dei partiti "storici" ereditato geneticamente da quelli "nuovi": il confondere la critica interna, propulsiva, come un favore fatto all'avversario o un farsi del male da soli.
Ma Orlando sa bene due cose: l'inattività alla lunga logora e certe forze (soprattutto quelle giovani) vanno incanalate.
E così, in quella notte di stress in cui lo immagino confidarsi con pochi amici sul da farsi, qualcuno (fosse anche un napoletano barista della camera) deve avergli detto: fagli fa' qualcosa... qualsiasi cosa.
E l'idea deve essergli sembrata buona: era utile a incanalare quelle energie, una risposta ai tanti "ma che stai facendo da un anno?" e soprattutto fonte di consensi.
I neo-occupati a fare qualcosa, certamente, si sarebbero stretti attorno al segretario/commissario e si sarebbero sottratti dalla massa (quasi totale) di quelli che gli cominciavano a chiedere conto.
Vizi antichi.
Come quello di dare un posto all'università ai leader dei movimenti studenteschi.
Una carriera in azienda ai capi del sindacato più "duri".
E stavolta Orlando ha superato se stesso e il pregresso.
Ha preso energie "nuove" (tra quelle più strutturate storicamente nel partito), professionisti seri e capaci che non avevano avuto spazi particolari dalle precedenti gestioni, persone desiderose di dimostrare (giustamente) che dare spazio ai giovani è una mossa vincente e un investimento utile, e gli ha dato "qualche incarico" organizzativo.
Per carità, roba di poco conto, ma pur sempre qualcosa.
Con il vantaggio che adesso nessuno potrà parlare di inazione politica.
Adesso, ne siamo certi, ognuno dei nuovi "coordinatori dei forum tematici" si darà un gran da fare per rendere al meglio (in perfetta buona fede e con la giusta tensione a dimostrare di sapere e potere fare bene e di avere molto da dire). Adesso, saranno meno insistenti le voci che ricorderanno ad Andrea Orlando i due compiti per cui era stato mandato a Napoli come commissario.
Adesso, a suo modo e senza un congresso, senza una diretta emanazione e responsabilità politica, Andrea Orlando non è solo, ha una squadra attorno a sé, peraltro una buona squadra.
Se fossimo al tempo dei viceré o dei commissari prefettizi (e tanti ne ha avuti questa città) diremmo che "Andreuccio da La Spezia" ha imparato la lezione napoletana e, mandato a cambiare le cose, se ne è fatto trascinare.
All'orizzonte importanti scadenze elettorali, e anche più importanti scelte amministrative sul futuro di questa città da cui il pd (non come partito, ma come espressione di un pezzo della società) non può esimersi dal dare il suo contributo.
Restano le divisioni interne, sempre più laceranti.
Restano rese dei conti che se prima avevano il vantaggio di essere "emerse" oggi sono sempre più sotterranee e trasversali.
Resta la chiarezza che cinquantamila napoletani ancora attende sulle primarie.
Resta la mancanza di una direzione politica scelta e voluta (comunque e qualunque sia) dalla base del partito e dal territorio.
Resta la impossibilità di un vero dibattito su quello che sono stati questi quasi vent'anni di governo di centrosinistra.
Tutte cose che nessuna buona volontà individuale può curare, ma al limite, ancora una volta, anestetizzare.
E l'anestesia, come si sa, altro non fa che allontanare la percezione dei sintomi del dolore, della dimensione e gravità della ferita e della cancrena...