Parola del giorno 2 - Democrazia
Che cos’è la democrazia…
Femminile, singolare - plurale democrazie. Parola composta e decisamente complessa. Deriva dalla fusione (solo lessicale) tra i termini crao (da cui la terminazione -crazia) che dovrebbe indicare “la detenzione del potere” e la radice demos che dovrebbe indicare il popolo nel senso più ampio ed esteso del significato stesso. Il termine nasce in grecia, com’è noto, all’incirca 3000 anni fa – e indicava la “forma di governo” embrionale delle “Città-Stato” ovvero le polis – e da quest’ultimo termine ne deriva un altro (decisamete abusato) che è “politica”.
Vediamo che le cose si fanno già complesse, come accennavo prima. La “politica” è quella “scienza” che dovrebbe guidare la “forma d governo” appunto democratica. In realtà una vera e propria crasi tra demos e crao non c’è mai stata nemmeno ai tempi delle polis! Platone infatti – che non era propriamente uno di quelli che ragionavano poco sulle cose – già parlando delle disfunzioni del sistema “democratico” ne mette in risalto tutti i limiti e parlerà come maggiormente auspicabile forma di governo di “repubblica”.
I limiti della “utopia” democratica risiedono nel fatto che la democrazia “vera” dovrebbe essere necessariamente totalitaria – ovvero tutti i soggetti di una stessa comunità dovrebbero avere le medesime convinzioni e punti di vista sulle medesime cose – come fossero cloni-mentali. Qualora ciò non fosse infatti, prevarrebbe “l’opinione della maggioranza” e a proposito della parola “verità” abbiamo già visto come “l’opinione maggioritaria” non sia un dato iniziale acquisito, ma un qualcosa “che si forma” e che può venire manipolato e spostato da chi ne detiene gli opportuni “mezzi”.
Va aggiunto che anche ai tempi delle polis (che demograficamente dobbiamo immaginare essere di qualcosa come 5/10.000 “cittadini”) già esistevano i più svariati sistemi di “delega del potere”… il che ci mostra che anche lì dove è nata, la democrazia in realtà non c’era. Non possiamo poi dimenticare come di per sé affermare che “il potere risiede nel popolo” è come dire che il potere “non risiede da nessuna parte” – il che sappiamo che di per sé non è né vero né reale: l’uso e l’abuso di questo termine serve (strumentalmente) ad occultare il vero luogo dove il potere risiede. E bene ce lo mostra il fatto che Socrate stesso, muore per mano di una “democrazia apparente” laddove sappiamo che Socrate muore per la capacità di manipolare una “massa di voti” da parte di alcuni, numericamente pochi.
Da questa vicenda possiamo pertanto imparare due prime lezioni. La prima è che la democrazia non è una forma di governo. La seconda è che dietro il termine “democratico” si nasconde sempre il vero “luogo” del potere.
In quasi tremila anni, gli studi sui sistemi di governo – che chiameremmo per semplificare “politica” – hanno coniato una distinzione emblematica tra “forma di stato” e “forma di governo”. Chiarendo pertanto che pur mantenendo una forma di stato democratica, non necessariamente il governo concreto di quello stato doveva esserlo! In pratica, si è detto, lasciamo lì una parola tanto cara “al popolo” di modo che lo stesso possa ancora considerarsi “detentore” del potere, laddove, nella realtà, esso risiede in una cosa che chiameremo “governo” e per rendere la cosa appetibile e giustificata, diciamo anche che “al governo competono problemi e incombenze enormi e talmente tanto grandi che… meglio che se ne occupi qualcun altro…” e detta così, chi non ci crederebbe? A chi poi si ponesse il problema di “si ma se io non governo, che potere concreto ho?” – beh, la risposta ultima è stata “tu voti – e col tuo voto, scegli chi governa”.
Non fa una piega. Al punto la cosa “sta in piedi” che anche se molti non lo sanno, nemmeno il nazismo, il fascismo, o qualsiasi regime ideologico o religioso si è mai sognato di togliere il voto “al popolo”. Certo, in Italia durante il ventennio fascista potevi solo approvare o meno una lista decisa da altri, certo oggi noi possiamo scegliere tra più liste decise da altri… In Iran le liste possono essere approvate e censurate da un “comitato religioso”, nei sistemi “comunisti” con le più diverse “gradualità e differenze” si scelgono a livello locale delegati che a loro volta delegano a scegliere il leader, tutto in uno stesso “partito” che si autoritiene “omnirappresentativo”…
Ma il sistema che maggiormente ci aiuta a comprendere il senso del distacco tra “forma di stato democratico” e forma di governo democratico” sono gli Stati Uniti d’America.
Negli Usa infatti i candidati ala presidenza – ad esempio – sono moltissimi. Il sistema abbastanza emblematicamente prevedere che ogni stato pesi X voti a seconda della popolazione. Chi vince anche solo di un voto, prende “tutti i voti di quello stato” – chi poi “conquista la maggioranza” di questi “voti” diventa presidente! Cioè – se uno stato pesa 50 voti – e su 10milioni di abitanti hai questi risultati 1° 2milioni, 2° 1,950milioni, 3°1,900milioni… e così via… il primo prende tutti e 50 i voti, il secondo zero – come tutti gli altri… In più – come sappiamo – se vinci “negli stati più popolosi” che poi sono quelli “più ricchi” (perché la popolazione sta dove c’è lavoro… e questo non significa necessariamente però che “la qualità della vita sia migliore” – sia chiaro – allora “governi tutto”. Se poi vota il 50% della popolazione (registrata) e la tua maggioranza è in realtà del 22% dei voti (dato il sistema che abbiamo descritto) sempre per il principio della “delega” governi tutto – come se veramente rappresentassi tutti o anche solo la maggioranza. Chiaro no?
Gli USA sono emblematici esattamente perché portando in qualche m,odo “all’esasperazione” il criterio della delega al governo – in nome della governabilità delle istituzioni (confondendo istituzioni con Paese, come fossero sinonimi) ci mostrano sostanzialmente una cosa. Come ai tempi di Socrate, il potere non risiede “nel popolo” né nella “sa maggioranza reale”, ma attraverso una parte delle tecniche della politica, il potere si sposta nel governo, che alimenta se stesso, spostando di volta in volta l’opinione… ..si finisce così col paradosso che il Paese più potente del mondo in realtà sia “governato” da chi semplicemente ha la maggiore capacità di spostare l’opinione di una parte della massa, ovvero quella “elettoralmente attiva”.
Cos’è dunque la democrazia? E cosa resta oggi di questa “parola”?
Democrazia è quella parola che serve ai vari sistemi di governo, per legittimare se stesso. Del “processo democratico” l’aspetto concretamente visibile è l’atto del voto. Non viene spiegato né si “indaga troppo” invece come nei singoli sistemi (che di base hanno la parola “democratico” – es. repubblica democratica, democrazia rappresentativa, democrazia presidenziale…) come avviene il processo di formazione dell’espressione della pratica del voto.
La “chiave” di tutto il meccanismo sta nel fatto che alla fine qualsiasi cittadino si interessi poco della forma di governo finale, basta che alla base resti un’apparente forma di controllo e partecipazione al governo stesso attraverso un momento elettorale. E questa “prassi” – che varia da Stato a Stato – è stata talmente ben compresa da chi “governa” o comunque partecipa al processo di governo, che nessuna forma di governo metterebbe ormai in discussione la prassi elettorale.
Diventa talmente giustificativo il termine “democratico” che ormai gli stati tra loro, per giustificare qualsiasi forma di attacco reciproco, usano a livello comunicativo il concetto stesso di “mancanza di democrazia” della parte avversa. Questo messaggio – apparentemente banale – in realtà è fondamentale: suscita nella popolazione che si considera democratica una sorta di “bisogno di aiuto” verso l’altra, per renderla “libera”.
La democrazia, come la verità, in sostanza, è qualcosa che non esiste. Un concetto essenziale che sta alla base della giustificazione politica di una o di un’altra forma di governo, che di fatto rappresenta non già la “migliore soluzione per governare una data comunità di cittadini” quanto piuttosto “la migliore radiografia per mantenere un determinato sistema presente in un dato Paese”.
Alla fine, la democrazia resta la grande aspirazione dell’uomo, nel suo animo o “in nessun luogo” 8nella sua accezione di Utopia), e nel concreto, “quella cosa brutta che ha ucciso Socrate”.
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Per l’elaborazione di alcuni di questi concetti, non posso non ringraziare le basi offertemi dai prof.ri Italo Sarcone e Giulio Maria Chiodi. Il maggiore contributo lo devo ovviamente a Socrate e Platone. Per la parte sugli Stati Uniti oltre a Barack Obama per la sua elezione, a Hilary Rhodam Clinton, la quale ha detto a bassa voce in una intervista “…ho sottovalutato sia internet che i think-thank dei giovani…” (sic!)