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Michele Di Salvo
18 Nov

La vera storia dei Diamanti

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  Banche, carato, Congo, De Beers, diamanti, Economia, economia, finanza, Italia, Kimberley, ONU, Oppenheimer, Sierra Leone, Società

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Si avvicina Natale, e come spesso accade pensando ai consueti regali, ci si sofferma davanti alle luccicanti gioiellerie che lustrano più diamanti del solito. Già. So che questo “articolo” è molto lungo. Ma per una volta non ve ne chiedo scusa. Quando regaliamo qualcosa, trasmettiamo alla persona che “abbiamo a cuore” anche “un valore”. E per declinare questo concetto – valore – parlerò di un cd. “valore per eccellenza”. Spero nonostante tutto che leggiate, sino in fondo, e sino alla fine. E alla fine… scegliate cosa sia da considerare “valore”. E scegliate consapevolmente quale valore debba essere davvero un dono.

Un diamante è il miglior amico di una donna, recitava Merilin. Un diamante è per sempre, è lo slogan della De Beers. In effetti non faccio pubblicità ad un marchio specifico, dal momento che la galassia DeBeers gestisce (giugno 2011) le transazioni sul 78% dei diamanti del mondo. Se acquistate un gioiello con alcuni diamanti, state certi che molti di quelli saranno passati dalle mani della DeBeers. Ne garantisce la purezza, il valore medio, e la provenienza.

Il diamante è il materiale più duro conosciuto in natura, un “pezzo” di carbonio puro, cristallizzato a pressione e temperatura molto elevati. In natura, tali condizioni esistono normalmente a profondità comprese tra 150 e200 kmsotto la superficie terrestre. Le eruzioni vulcaniche ed il movimento tettonico hanno portato in superficie rocce contenenti il diamante, chiamate “Kimberlite” e “Lamproite”, dalle quali appunto vengono estratti.

La qualità di un diamante è determinata dalle cd, “4 C”: il Peso (Carat), il Colore (Color),la Purezza(Clarity) e il Taglio (Cut). Il massimo valore è attribuito ad un diamante colore H (assolutamente neutro) con purezza 10 (ovvero nessuna infiltrazione percepibile alla lente da 10ingrandimenti) che per questo hanno un “taglio” normalmente “a brillante” [ovvero con 57facce - e precisamente 33 nella parte superiore (tavola + corona) e 24 nel padiglione. Molto spesso nel padiglione il punto di incontro delle faccette fondamentale è costituito da una piccolissima faccetta la 58a, parallela alla tavola e creata appositamente per evitare eventuali scheggiature]. Il peso dei diamanti si determina in carati. Un carato equivale ad 1/5 di grammo. Il nome “carato” deriva dai semi del frutto del carrubo, che venivano chiamati “carubis”, che venivano usati come “termine di paragone” e che pesano approssimativamente0,2 grammi.

Da sempre, i diamanti sono simbolo di “ricchezza” per alcune particolarità fisiche, tra cui rifrangenza, brillantezza, durezza. Altrettanto da sempre, insieme all’oro ed al petrolio, sono la principale causa di guerre e di gravissimi problemi ambientali.

Intanto chiariamo alcune problematiche ambientali, che normalmente sono anche quelle meno note, forse proprio perché anche difficilmente controvertibili. Normalmente, per produrre un carato di diamante occorre trattare 250 tonnellate di roccia, sabbia e ghiaia. La produzione mondiale annua ammonta a circa 100 milioni di carati, dei quali solo il 20% rappresenta gemme di qualità. Normalmente per lavorare 250t di roccia occorrono 25.000t di acqua! Normalmente i diamanti si trovano nella parte sub equatoriale dell’Africa, oltre che in Russia, prevalentemente nella zona caucasica,  e in centro Australia. Tutte zone che avrebbero bisogno di tutela ambientale, di un sistema di irrigazione, di un uso mirato delle risorse idriche. Nelle stesse aree di estrazione e ricerca dei diamanti, si registrano le più straordinarie condizioni di disastri legati a frane, smottamenti, inondazioni, e l’assoluta sottoalimentazione della popolazione locale, proprio a causa di un’agricoltura difficilmente praticabile. La ricerca e lo sfruttamento di aree di possibili giacimenti diamantiferi produce (con una stima approssimativa per difetto) circa 1.000.0000 di morti per denutrizione, siccità, degrado ogni anno.

Va poi considerato un altro capitolo, ricco di notevoli “sfaccettature”, proprio come un diamante.

La produzione e il commercio dei diamanti erano gestiti o controllati per l’80% da una società, conosciuta con il nome di Trade Diamond Corporation, o De Beers Consolidated Mines Limited. Queste denominazioni indicano in effetti solo parti di un’impresa che comprende aziende interdipendenti produttrici di diamanti, società di vendita e unioni di commercio che fanno capo a Londra. Nel settore si parla di Sindacato dei Diamanti o, in breve, di Sindacato. Le varie compagnie all’interno della De Beers erano responsabili per circa il 40% della produzione mondiale di diamanti e avevano quindi il controllo mondiale del prezzo di questo bene di lusso. Tale monopolio era garantito essenzialmente non tanto dalla capacità produttivo/estrattiva, quanto dalla capacità di regolare il processo di “domanda/offerta” agendo in modo da compensare all’occorrenza un afflusso eccessivo del bene sul mercato che ne farebbe inevitabilmente calare la quotazione. Dal 4 novembre 2011 la famiglia Oppenheimer, sudafricani che hanno controllatola De Beersper più di un secolo, ha ceduto la sua quota al gruppo minerario Anglo American per 3,2 miliardi di sterline (5,1 miliardi di dollari) in contanti. Il gruppo Anglo American incrementerà così all’85% la propria quota in De Beers, in un’operazione che decreta la fine della presenza quasi centenaria della famiglia nel settore dei diamanti. L’Anglo American Corporation fu fondata nel 1917 proprio da Ernest Oppenheimer con lo scopo di sfruttare i giacimenti auriferi dell’East Rand sudafricano. Nel 1999 la Anglo American Corporation of South Africa Limited si separò dalla proprietà della De Beers. La Anglo Americanè presente in De Beers da oltre 80 anni ed è stata primo azionista dal 2001. Attualmente la quota di controllo (attraverso vari passaggi intermedi) è del gruppo LHVM – multinazionale francese del lusso.

De Beers è un’impresa fondata in Sud Africa nel 1888. Si occupava del rinvenimento di diamanti, lavorandoli e commercializzandoli. Era attiva in ogni categoria dell’estrazione diamantifera: da sottoterra, alluvionale, a livello costiero e sui fondali marini con modernissime particolari “aspirapolvere” giganteschi, ma non era interessata nell’estrazione di diamanti dalle piccole miniere, che è poco produttiva per una grande compagnia. Dal 1929 controlla in modo pressoché totale il mercato dei diamanti, soprattutto grazie alla Central Selling Organization (C.S.O.) una struttura con sede a Londra. Della C.S.O. si sa che acquista diamanti provenienti da tutto il mondo e li rivende a una rete composta da non più di 200 acquirenti fissi. Questa operazione viene ripetuta dieci volte l’anno. È in questa “sede” sostanzialmente che “viene fatto” il prezzo dei diamanti, e sempre in questa sede viene “deciso” quanti diamanti vengono immessi sul mercato, o eventualmente anche “ritirati”. Nei momenti di bassa produzionela C.S.O. aumenta l’immissione sul mercato di pietre, altrimenti le tiene in cassaforte. Per il suo ruolo monopolisticola De Beersè stata messa sotto inchiesta anche dall’antitrust americano nel 1994. Ma la società rifiutò di presentarsi in giudizio per contestare l’accusa di aver imposto i prezzi. Di fattola De Beersnon opera direttamente negli Usa fin dalla Seconda Guerra Mondiale. Ancora nel 1999 l’attuale presidente Nicky Oppenheimer, ultimo erede della dinastia, ripeteva che la sua società "pensa a se stessa come il più noto e più antico monopolio al mondo". Questo ruolo è stato mantenuto stipulando contratti a lungo termine con le compagnie di estrazione in modo da mantenere il controllo sulle quantità estratte.

I tre livelli del mercato dei diamanti. Il primo livello, un mercato chiuso, commercia esclusivamente il diamante grezzo e l’offerente è la "CENTRAL SELLING ORGANISATION" (C.S.O.)- Tutti i diamanti qualità gemma vengono inviati a Londra e raggruppati in lotti. Solo pochi grossisti (attualmente fra 250 e 300) conosciuti dal sindacato vengono invitati per l’acquisto di questo assortimento, che ha prezzo non trattabile e che deve essere pagato in contanti. Non è possibile comperare soltanto parti di lotto. Il secondo livello comprende: le tagliere (più di mille) che non comprano direttamente dalla C.S.O., nonché le borse ed i grossisti di diamanti tagliati. La vendita successiva e la suddivisione dei lotti viene effettuata da compratori diretti alle Borse Diamanti (talvolta chiamate Club dei Diamanti), o attraverso alcuni grossisti. Le Borse Diamanti non sono Borse nel senso comune del termine, ma piuttosto dei supermercati del diamante. Sono collegate internazionalmente e hanno regolamenti equivalenti e molto severi. Tutte sono confederate nella World Federation of Diamond Bourses. Oltre a quella di Anversa (che da sola transa il 50% dei diamanti mondiali), sono attive anche le “borse” di Amsterdam, Ramat Gam (Israele), Londra, New York, Bombay, Djakarta, Joannesburg, Parigi, Vienna, Tokio ed Idar-Oberstein, in Germania. Il compito delle borse è di radunare offerenti e compratori, di sorvegliare, in altre parole, la domanda e l’offerta. Il Sindacato, infatti, controlla e influenza con il suo sistema di vendite anche i prezzi degli intermediari, allo scopo di mantenere stabile il valore del diamante. I fabbricanti di gioielli ed i commercianti al dettaglio sono considerati all’incirca allo stesso livello, ossia il terzo, ove operano anche istituti finanziari e banche che affiancano i dettaglianti nell’assicurare alla loro clientela l’acquisto del diamante per investimento. Dal punto di vista dell’investimento i diamanti sono effettivamente sopravvissuti a tutte le tempeste politiche ed economiche degli ultimi decenni. La produzione del diamante copre più del 90% del mercato delle gemme e nel commercio all’ingrosso.

Per il loro alto valore “racchiuso in poco spazio” i diamanti da sempre, insieme all’oro, sono lo strumento di pagamento più usato per i traffici di armi e per finanziare le guerre. La De Beers in particolare é stata accusata da organizzazioni non governative e dalle Nazioni Unite di aver regolarmente trattato diamanti di provenienza illegale in violazione delle sanzioni imposte dall’Onu. Considerando l’incremento delle violazioni sui diritti fondamentali dell’uomo, le violenze e le atrocità commesse contro le vittime innocenti nei paesi centro africani produttori di diamanti la federazione mondiale delle borse dei diamanti e l’associazione internazionale di fabbricanti tagliatori di diamanti hanno unanimemente deciso con una risoluzione nello storico incontro di Anversa di luglio 2000 di istituire un nuovo grande organismo per combattere questi gravi avvenimenti e quindi è nato il World Diamond Council. La risoluzione ha previsto che nel World Diamond Council siano inclusi rappresentanti dell’industria diamantifera mondiale, dei governi rappresentanti i paesi produttori unitamente ai governi delle maggiori nazioni del mondo che giocano un ruolo economico di grande rilievo incorporando anche i settori dell’alta finanza e delle banche internazionali. Il mandato del World Diamond Council è lo sviluppo, l’incremento, la direzione e la supervisione di un sistema attraverso cui il controllo dei diamanti grezzi dalle aeree produttive ai mercati internazionali attraverso anche il controllo finanziario delle transazioni potesse prevenire qualsiasi illiceità e creare una barriera insormontabile contro il terrorismo ed il riciclaggio di denaro sporco, non solo per proteggere l’industria di diamanti ma per riaffermare i diritti fondamentali dell’uomo e l’azione della comunità economica diamantifera contro i cosiddetti blood o conflict diamonds. Ne è nato il cd. Processo Kimberley - lo schema internazionale di certificazione creato per combattere il commercio dei diamanti provenienti da zone di conflitto.

Tutti gli studi recenti dimostrano che l'industria dei diamanti non è riuscita a tener fede all'impegno, preso nel gennaio 2003 dai propri rappresentanti, di fornire garanzie scritte sulla provenienza delle pietre ed attuare un codice di comportamento per sostenere lo schema di certificazione Kimberley. L'indagine presso le principali aziende e i gioiellieri negli USA e nel Regno Unito ha evidenziato che fra le aziende che hanno risposto, meno di una su quattro ha applicato una politica chiara sui "diamanti dei conflitti" e meno della metà dei gioiellieri interpellati hanno potuto offrire al consumatore un'assicurazione efficace che i diamanti venduti non provenissero da zone di conflitto. I dati presentati oggi fanno parte di un'indagine ampia condotta fra più di 800 rivenditori e fornitori contattati in Australia, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Italia. Finora soltanto in 52 hanno risposto con informazioni sulla loro politica.

In Italia, su 152 imprese e associazioni di categoria contattate, solo 5 hanno risposto, per altro dichiarando di essere costrette a fidarsi di quanto affermato dai propri grossisti e invocando un maggiore controllo da parte dello Stato italiano al momento dell'importazione.

È ormai chiaro che, per essere veramente efficace nel sostegno degli obiettivi del Processo Kimberley, la regolazione deve muoversi oltre la sfera volontaria. Va ricordato in proposito ad esempio quando la Commissionedel Kimberley Process ha estromesso il Congo-Brazzaville dall'elenco dei Paesi esportatori di diamanti garantiti come "non provenienti da zone di guerra". Il Congo-Brazzaville riportava di aver prodotto lo scorso anno 5 milioni di carati di diamanti e di non aver avuto alcuna importazione, ma la Commissionenon aveva rinvenuto alcun sito che dimostrasse che i diamanti venivano realmente estratti nel paese centrafricano che sta esportando diamanti "ad un tasso 100 volte superiore alle stime di produzione". E va segnalato che il 40% dei diamanti che escono dalla Sierra Leone passa tuttora per le vie del traffico illecito.

Ma cosa si intende per “blood diamond” o “diamante insanguinato” esattamente? L’escamotage sta proprio nella definizione in sé, studiata apposta per sopire le coscienze occidentali. Per diamante insanguinato, o “di guerra” o anche “sporco”, si intende un diamante estratto in una zona di guerra e venduto, in genere clandestinamente, per finanziare una insurrezione, gli sforzi di un esercito di invasione o sostenere le attività di un cosiddetto signore della guerra. Per converso un diamante detto "conflict-free" è una pietra i cui profitti non sono usati per il finanziamento di guerre ed è stata estratta attraverso dei lavoratori trattati secondo certe condizioni etiche.

Solo i diamanti che sono certificati e la cui provenienza può essere rintracciata dalla miniera all'acquirente finale possono essere dichiarati "conflict-free". Tuttavia, i diamanti illegali sono venduti attraverso i mercati internazionali con finte certificazioni. Nel 1998 le Nazioni Unite imposero delle sanzioni in Angola che proibivano alle altre nazioni l'acquisto di diamanti: fu la prima risoluzione che citava esplicitamente i diamanti tra i finanziamenti di guerra. I rapporti stimarono che circa il 20% della produzione negli anni '90 venne venduta per scopi illeciti e il 15% per scopi bellici. L'Angola è stata una colonia del Portogallo e raggiunse l'indipendenza nel 1975. In seguito fu interessato da una guerra civile tra le fazioni Movimento Popolare per la Liberazione dell'Angola e Unione Nazionale per l'Indipendenza Totale dell'Angola (cd. UNITA – i cui dirigenti sono considerati ancora oggi il collettore e massimi esperti della esportazione di diamanti sporchi nel mondo, con l’ausilio di mercenari belgi e sudafricani, bianchi). Durante questa guerra i diamanti vennero trafficati da gruppi di ribelli per finanziare il conflitto. Attualmente la guerra è terminata e il paese è un legittimo produttore di diamanti.

Nel luglio 1999, dopo otto anni di guerra civile, i negoziati tra il governo della Sierra Leone e il Fronte Rivoluzionario Unito (RUF) permisero la firma del trattato di pace con il quale le parti si accordarono nella cessazione delle ostilità, il disarmo di tutti i combattenti e la formazione di un governo di unità nazionale. Le Nazioni Unite e l'Economic Community of West African States facilitarono il processo di pace. La risoluzione 1270 del 22 ottobre 1999 del Consiglio di Sicurezza costituì una missione di pace (peacekeeping) (UNAMSIL) nel paese. Con le successive risoluzioni 1289 dell'8 febbraio 2000 e 1299 del 19 maggio 2000 l'UNAMSIL è diventata la seconda forza di pacekeeping attualmente inviata dalle Nazioni Unite. A seguito delle preoccupazioni internazionali per il ruolo svolto dal traffico di diamanti nel conflitto nella Sierra Leone, il consiglio di sicurezza adottò la risoluzione 1306 il 5 luglio 2000 che imponeva il bando dell'importazione diretta o indiretta di diamanti grezzi non controllata dal governo dalla Sierra Leone attraverso l'uso di un certificato di provenienza. L'embargo degli armamenti e delle forze non governative nel paese era già in atto attraverso la risoluzione 1132 del 8 ottobre 1997. I proventi dei diamanti della Sierra Leone sono incrementati di 10 volte dalla fine del conflitto, passando da 10 milioni di dollari del 2000 ai 130 milioni del 2004, anche se in base ai rapporti dell' UNAMSIL"più del 50 per cento dei diamanti estratti non ha provenienza ufficiale e il contrabbando illegale sta continuando ".

Dal 1989 al 2003 scoppiò una guerra civile in Liberia. Nel 2000 le Nazioni Unite accusarono il presidente Charles Taylor di sostenere la rivolta del RUF in Sierra Leone con armamenti. Nel 2001 vennero applicate le sanzioni e nel 2003 rassegnò le dimissioni come presidente. Dopo essere stato esiliato in Nigeria sta per affrontare un processo all'Aia. Il 21 luglio 2006 si è dichiarato non colpevole dell'accusa di crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Attualmentela Liberia è in pace e sta tentando di costituire una industria dei diamanti legale. Le Nazioni unite hanno ritirato le sanzioni e ora il paese è membro del processo di Kimberley.

La Costa d'Avorio iniziò negli anni '90 a sviluppare una industria dei diamanti. Nel 1999 un colpo di stato rovesciò il governo, iniziando una guerra civile. Il paese divenne una rotta per l'esportazione di diamanti dalla Liberia e iniziarono ad essere ritirati gli investimenti esteri. Per bloccare il mercato illegale la nazione fermò tutte le miniere di diamanti e il consiglio di sicurezza mise al bando ogni esportazione di diamanti nel dicembre 2005.

La Repubblica del Congo affrontò nel 2004 le sanzioni delle Nazioni Unite poiché, nonostante non possedesse una industria dei diamanti ufficiale, il paese esportava grandi quantità di diamanti di origine imprecisata.

La maggiore debolezza del Kimberley Process è costituita dal suo monitoraggio.

Qualunque paese può diventare membro del Kimberly Process inviando una richiesta alla presidenza dell'organizzazione in Sudafrica, anche se non rispetta gli standard del processo. Questo significa che alcuni diamanti di sangue sono ancora in circolazione poiché alcuni paesi non seguono le procedure.

Alcune critiche indicano che il problema dei diamanti di sangue è una guerra tra produttori di diamanti.

Innanzitutto, quando i ribelli o i militari di origine africana tentano di controllare alcune miniere di diamanti (cosa che non viene accettata dai monopolisti del mercato), i diamanti fuori dal controllo di queste compagnie vengono dichiarati diamanti di sangue. Altre sostanze vengono commerciate con le stesse modalità e gli stessi scopi dei diamanti illegali, come la cassiterite, la columbite-tantalite e l'oro. In terzo luogo alcuni critici pensano che il Clean Diamond Trade Act e il Kimberley Process sono semplicemente strumenti per mantenere il monopolio dei produttori mondiali di queste pietre, invece che impedire l'acquisto di armi o migliorare le condizioni dei lavoratori delle miniere.

Nella sostanza il Kimberly Process è solo uno specchietto per le allodole, ovvero i ricchi acquirenti occidentali, per non vedere, e non sentirsi in alcun modo responsabili di quell’ulteriore milione di morti che ogni anno ha come causa prima le guerre “civili” dell’Africa centrale, attraverso decine di conflitti talvolta nemmeno noti o dichiarati.

L’unico modo per certificare la provenienza estrattiva di un diamante sarebbe sottoporlo all’indagine spettroscopico-geologica. Un’analisi del genere, per ciascuna pietra, costerebbe oltre 1000euro. Viene imposta solo per le pietre che superano in due carati “tagliati” – ovvero meno dello 0,5% delle pietre commercializzate. Di un diamante non si può stabilire quasi mai con certezza quando sia stato estratto, quando tagliato… e quindi anche quando succede che effettivamente è evidente la provenienza di notevoli quantità di pietre da alcune zone di conflitto, basta “retrodatarne” la provenienza per evitare problemi “di immagine”.

Il vero interesse dei produttori e dei detentori del “mercato” dei diamanti è controllarne il prezzo ad un determinato livello stimato “accettabile” per mantenerne comunque un certo grado di circolazione. Come abbiamo visto ciò avviene attraverso il controllo diretto di vari momenti del mercato dei diamanti, e più in generale delle gemme. Quello che però occorre – sempre e comunque – è controllare le quantità prodotte, e quindi estratte e immesse sul mercato. Questo fa si che sia interesse primario dei grandi produttori finanziare direttamente – o indirettamente – e comunque mantenere condizioni di permanente guerra civile in alcune aree geopolitiche.

Ciò da un lato garantirà che alcuni produttori verranno considerati illegali (impedendone l’offerta) dall’altra – soprattutto attraverso l’attività del CSO – sono gli stessi monopolisti (e in primo luogola DeBeers, l’AngloAmerican Corporation ela LHVM) ad essere gli unici possibili compratori di diamanti da quelle aree. Sia per riempire le proprie riserve, sia per regolarne l’immissione sul mercato. Ecco perché non esistono diamanti puliti e diamanti sporchi, ma solo e semplicemente “diamanti”.

Le principali banche tesoriere di diamanti sono le stesse che partecipano come finanziatori e regolatrici dei contratti nelle borse di diamanti in tutto il mondo.

Gli Istituti di Credito accreditati nelle Borse Diamanti sono gli stessi che figurano negli elenchi delle banche che finanziano l’industria delle armi.

L’italiana Unicredit e la francese Societé Generele sono le principali banche che garantiscono in Europa le grandi transazioni aventi ad oggetto i diamanti, e sono anche i grandi finanziatori degli intermediari di armi nel mondo.

In particolarela Francia, a tutti i livelli, è stata implicata con i propri istituti di credito nel lo scandalo dei cd. “diamanti di Bokassa”.

Le maggiori piazze dei diamanti sono Anversa (in Belgio), Amsterdam (Olanda), Londra (Inghilterra), Parigi (Francia) e Idar-Oberstein (Germania)… in altre parole queste piazze sono lo strumento attraverso il quale gli ex paesi coloniali continuano ad esercitare il proprio potere sui paesi ex-colonie.

Le maggiori missioni dei caschi blu dell’ONU sono in paesi africani produttori di diamanti.

I comandanti di quelle missioni sono “uomini bianchi” di questi stessi paesi.

Non hanno nel proprio mandato alcun potere effettivo di intervento, e la loro presenza in genere mantiene lo status quo.

I cinque Paesi “permanenti” e con diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza sono anche i cinque maggiori produttori e mercanti di armi, e contemporaneamente i cinque maggiori consumatori di diamanti del mondo.

Le loro economie si reggono su un delicato equilibrio monetario (regolato dalla domanda e offerta di dollari) e da alcuni “valori fondamentali” – tra cui il prezzo dell’oro, dei diamanti, e il valore dell’energia.

Una stima del dicembre 2010 dell’UNDP (non ancora pubblicata, perché il consiglio di sicurezza stesso ha richiesto “maggiori approfondimenti scientifici”!) stima che da sola la redistribuzione delle risorse idriche ed un suo migliore sfruttamento eliminerebbe nel giro di dieci anni il problema alimentare del centrafrica, passando necessariamente dalla ridefinizione dei criteri estrattivi di diamanti.

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