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Michele Di Salvo
20 Nov

Cos'è la Pace - Il discorso di Sadat del 20 novembre 1977

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  Attualità, conflitto, Documenti, egitto, israele, Pace, Palestina, traduzione

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La traduzione del discorso di Sadat

Il discorso di Sadat in inglese

Pace. Sostantivo femminile singolare, non ha plurale. In una parola, la pace è “una”. Nonostante sia ineluttabilmente così, da sempre gli uomini, a seconda dello scopo, non perdono occasione di declinarla in ogni genere di ottica e attenuante. Pace non è il contrario di guerra. Se la pace fosse assenza di conflitto, proprio perché è una (e non può essere diversamente) la stessa non dovrebbe esistere per definizione. Il detto “essere in pace con se stessi” indica una caratteristica: non occorre che si sia in due perché ci sia un conflitto. È chiaro, quindi, che l’assenza di conflitto non è umanamente possibile. Diverso il concetto di guerra, che è l’esasperazione armata di un conflitto e molto spesso strumento per innescare nuovi conflitti. A differenza di altre parole che usiamo, come verità e democrazia che nella realtà non esistono, la pace è qualcosa che esiste. L’errore semantico che spesso compiamo non è sulla parola, ma sulla sua accezione come “scopo, esito finale”. La pace esiste ogni qualvolta scegliamo il suo significato di “metodo”. La pace – in estrema sintesi – è il metodo con cui si sceglie di affrontare il conflitto. Conflitto che di per sé è positivo: indica dinamismo, differenza, divergenza, passione, molteplicità. La pace - come metodo - è la via di risoluzione costruttiva dei conflitti. È il lavoro continuo e costante di eliminare da qualsiasi confronto la rigidità, per spostare il proprio asse sull’altro. È fare reciprocamente proprie le esigenze dell’altro e cercare dal nostro punto di vista di soddisfarle. Se le parti in conflitto facessero questo sforzo – sia chiaro immane - quello che si realizza è “la pace”, ovvero il superamento pacifico del conflitto. Il metodo non violento per il superamento dei conflitti è qualcosa che si impara a livello fisico-epidermico - non certo verbale - e lo si impara da piccoli e da subito. La semplice applicazione della naturalezza del gioco, di per sé, è un processo fondamentale attraverso il quale impariamo prima e insegniamo poi a considerare certe cose, certi gesti, certi termini, certe mimiche e certe sintassi, come “normali” o meno. Ma cosa sia, e cosa debba essere e diventarela Pace, credo abbia una concretezza, per noi che non viviamo direttamente una situazione di guerra sulle nostre teste e nelle nostre case, che non può non venire prima rappresentata graficamente. Allora ho cercato un testo che amo molto tra i “discorsi” che usavo spesso come modello per le lezioni di “tecnica della comunicazione”, per spiegare quanto profondo sia nel linguaggio il seme semantico dell’uso di certe sintassi rispetto ad altre, e di come attraverso alcune parole si possa arrivare a descrivere una concretezza a chi non la vive sulla propria pelle e, al contempo, a far compiere un viaggio oltre l’imminenza e materializzare un sogno. E con rammarico, ho scoperto che non esiste in rete una traduzione del discorso di Sadat del 1977. Se dovessi spiegare cosa sia la guerra, mostrerei le sofferenze per come le vede Sadat, e se allo stesso tempo dovessi illustrare cosa sia il frutto della pace come metodo e ambizione tra i popoli, difficilmente credo lo si possa immaginare e mostrare come sogno possibile meglio di come non lo faccia la “consegna del messaggio” di Sadat. Un messaggio da chi quella guerra l’ha vista nascere, ne ha visto crescere i frutti distruttivi, e oggi, questo oggi così “uguale” a quel 20 novembre 1977, si rivolge al futuro dei figli di coloro che hanno sulla pelle il dolore e le ferite. È la pace la struttura e la forza delle parole di questo signore, che nel sentire il peso e la responsabilità del suo ruolo, ha voluto con tenacia e contro “il presente imminente e cocente”, saper vedere “il sogno” e desiderarlo fortemente, e mostralo al proprio nemico, in faccia, in casa sua, per creare e costruire una realtà possibile oltre la semplice visione di una realtà differente. “Signore e signori – dice Sadat - ci sono momenti nella vita delle nazioni e dei popoli, in cui diventa fondamentale che coloro che posseggono saggezza e chiarezza di visione sorveglino i problemi, con tutte le loro complessità, per avviare un percorso coraggioso verso nuovi orizzonti. Quelli che come noi si assumono il peso delle responsabilità affidateci, sono i primi che dovrebbero avere il coraggio di prendere determinare decisioni in consonanza con la grandezza delle circostanze. Noi tutti dobbiamo superare tutte le forme di obsolete teorie di superiorità, e la cosa più importante è non dimenticare mai che l'infallibilità è una prerogativa di Dio solo.” Ma il discorso di Sadat è di straordinaria attualità per molti fattori. Intanto, mette in chiara connessione l’esigenza di un incontro e un confronto diretto come unico sistema per una vera risoluzione dei conflitti. Dal punto di vista del metodo, evidenzia come non vi possa essere una idea di pace stabile, se non fondata sul diritto e sull’equità; sul riconoscimento - al di là dei rapporti di forza di un dato momento - delle ragioni dell’altra parte e del riconoscimento dei relativi diritti. Da quello della politica interna, indica il richiamo serio quanto “tra le righe espresso” alla necessità di una “sicurezza all’interno dei propri confini” (internazionalmente riconosciuti) basata anche sull’impegno imprescindibile di ciascun paese al “controllo interno” dei fanatismi e degli estremismi. Dal punto di vista storico e geopolitico, evidenzia come non vi possa essere una stabilità nella intera regione mediorientale senza una soluzione alla questione palestinese. E queste cose, Sadat le ha dette trentacinque anni fa. E sono sotto gli occhi delle nazioni da allora. Parole che - per la chiarezza e spessore umano e politico, nonché per lucidità storica - potrebbero essere state scritte oggi stesso. Dettate dall’esigenza storica, restano a futura memoria dei governanti di tutto il mondo, che non possono non sapere. Parole ancora più attuali se consideriamo l’instabilità alimentata dalla mancata risoluzione della questione palestinese, soprattutto quando fatti “naturali” come il riconoscimento da parte di alcune organizzazioni di una “identità” palestinese (e mi riferisco all’UNESCO) viene messa in discussione in maniera così drastica da talune nazioni, anche potenti e determinanti, come gli Stati Uniti. Il non cogliere certi passi come un tassello nella direzione della costruzione di una pace ineluttabile, è un atto di miopia che rischia attivamente di riaccendere mai sopiti focolai di instabilità e di insicurezza. Da qui, e anche per questo, l’attualità di questo testo, per altro di semplicissima lettura, che al di là dell’episodio storico cui è legato, traccia un percorso chiaro per una pace stabile; una mappa ancora attuale e lucida da seguire, una via e metodo che possono davvero essere, per dirla con le parole di Sadat, “d'esempio per l'uomo nuovo del nostro tempo, l'uomo di pace in tutto il mondo”.

La traduzione del discorso di Sadat

Il discorso di Sadat in inglese

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