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Michele Di Salvo
20 Jan

L'economia e le grandi guerre

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  accademia, Attualità, Economia, economia, finanza, gattei, guerra, keynes, università

Una delle caratteristiche degli studi di economia è di essere troppo spesso confinati al chiuso dell’accademia. Questo fa si però che spesso le analisi più interessanti, quelle cioè che dovrebbero anche provocatoriamente suscitare “nuovi punti di attenzione” e contribuire a discutere i modelli e le teorie economiche, siano circuitate “al di fuori”.

L’aspetto secondo me più deleterio di questa prassi, è che spesso assurgano a “new guru” personaggi che hanno poco più di una infarinatura del glossario economico e finanziario, e vengano proposte soluzioni semplicistiche e appena plausibili, in maniera generalmente populista, dando al pubblico ciò che il pubblico vuole sentirsi dire, mancando un confronto serio e tecnico. Quando si discutono poi queste fantomatiche teorie, la risposta è sempre questa “il mondo dell’accademia si autodifende per corporativismo e non ammette la verità di chi non la pensa come lui”. È un difetto di comunicazione. Un difetto che l’accademia, e i tecnici dell’economia hanno da sempre, nella presunta difficoltà di spiegare discipline teorie e fenomeni al grande pubblico, troppo spesso nella scelta di costituire una sorta di piccola cerchia di detentori di un certo sapere.

Tuttavia esiste anche un'altra forma di circuitazione, questa volta costruttiva. È la capacità del sistema (ed anche questa è una nozione economica spesso trascurata proprio dagli economisti) di porre rimedio alla “informazione imperfetta” – quel meccanismo per cui la migliore domanda trova difficoltà ad incontrare la migliore offerta, ma anche quel meccanismo per cui non si riesce a comunicare un messaggio, un’idea, una tesi, sempre nelle sedi idonee, e quindi “la società” crea in maniera “naturale” altri luoghi di circolazione delle idee. Ecco perché negare scientificità, da parte degli economisti, spesso a priori, a qualsiasi idea e analisi “gestita” al di fuori del mondo accademico, oltre ad essere un errore nel merito e nel merito, è anche un “errore economico” e scientifico in sé (anzi, queste nozioni, sarebbe il caso che qualche economista “accademico” cominciasse ad esportarle in tutti gli altri campi dl sapere).

L'articolo che vi propongo tuttavia ha una sua peculiarità. Scritto da un docente universitario, Giorgio Gattei, ma non pubblicato “nell’università”. Affronta e mette in evidenza, da un punto di vista scientifico economico, alcune delle considerazioni che normalmente siamo abituati a “sentire” e ad attribuire a mondi “estremisti” e comunque generalmente collocati al di fuori della severità (e chiusura) accademica. L’articolo è del maggio 2007, e l’argomento è sostanzialmente quello del legame tra i cicli economici, le attività finanziarie, e la guerra. Credo sia tuttavia di una straordinaria attualità alla luce di quanto accaduto successivamente, se non nei “fatti” certamente nei “mezzi” con cui gli stati, le economie e soprattutto i grandi soggetti privati (banche ma anche quelle istituzioni che operano sui mercati in maniera diretta, ad esempio la BCE e il FMI), hanno operato a seguito della crisi finanziaria iniziata nel 2009.

L’articolo si conclude con questa “semplice” considerazione, cui mi associo in pieno: Il prossimo picco del quinto ciclo lungo è previsto, come da durata canonica, attorno al 2015-2034. Ci sarà allora in coincidenza una Grande Guerra alla Kondrat'ev? Ma sapremo riconoscerla nella forma inedita che potrà eventualmente assumere? E ci sarà dato contrastarla?

Articolo Gattei

E in aggiornamento a questo articolo, e quasi coerentemente con quanto era stata la mia "introduzione", il Prof.Gattei mi ha inoltrato questo "lavoro successivo".

La grande guerra dei rating (2011-2012)

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