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Michele Di Salvo
18 Feb

De Magistris, il forum delle culture, e il dilettantismo di una visione miope

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  Barcellona, cultura, forum delle culture, Luigi De Magistris, Napoli, Parigi, Politica

Ho pensato molto a questa “cosa” che volevo scrivere da tempo.
Volevo, come faccio alle volte, buttarla in satira; riprendere qualche frase, qualche commento, i molti paradossi, le innumerevoli dichiarazioni contraddittorie che si sono susseguite, rimettere in ordine un po’ i fatti (quelli che ognuno ricostruisce un po’ alla buona, e quasi sempre in maniera sommaria).
Se scrivi per te, puoi fare un po’ quello che vuoi, a patto che resti nel cassetto; se scrivi “per gli altri” il discorso è diverso, e quindi chiedo scusa a chi capita di leggere: non ce l’ho fatta.
La vicenda del Forum delle Culture è qualcosa in più, e che va oltre, un semplice grande evento per una città.
Troppo spesso l’interpretazione di certi eventi da parte degli amministratori locali, è legata all’indotto turistico, al flusso di persone, alla “pubblicità” mediatica.
Quello che non si coglie è che certi eventi, il loro spessore culturale, la capacità di proposta e di aggregazione, il modo con cui riescono a creare e lanciare sinergie e sviluppare progetti, sono investimenti di lungo, spesso lunghissimo periodo – anche in termini di attrazione di investimenti.
Quella che è “vecchia” è la mentalità con cui ci si approccia a certe visioni – con una mediocrità intellettuale che non solo non è lungimirante, ma tecnicamente allontana qualsivoglia iniziativa stabile di medio e lungo periodo.

Un Forum delle Culture non è un evento di due o tre mesi, non è un certo numero di persone che verrà a Napoli, alloggerà in albergo e mangerà nei ristoranti, né una vetrina mediatica per in politici di turno: è una chance, una possibilità di incontro e di proposta di progetti “successivi” – che saranno radicati qui se, e solo se, il sistema città, nel suo complesso, sarà “attrattivo” e ricettivo di proposte culturali.
Se così non è, sarà più di un evento (l’ennesimo) mediocremente realizzato, sarà più di un qualcosa nei cui bilanci consultivi si farà il solito scaricabarile, ma sarà essenzialmente una occasione irripetibile per dare un impulso a creare un attrattore di progetti e realtà permanenti successive.
E non è un caso che questi eventi vengono “dopo” e non “prima” di aver dato una identità precisa ed una prospettiva di altissimo profilo all’intero impianto della città.
Non è un caso che il Forum precedente si sia tenuto a Barcellona, ma dopo che la stessa, per quindici anni, ha lavorato su se stessa pensandosi e ripensandosi in una certa “dimensione e prospettiva”, e dopo questo è stato uno dei modi per ri-presentarsi al mondo – della cultura in particolare, e non a caso, ma interpretando quel mondo come un volano alto per tutto il resto.

Si fa presto a dire che si vuole trasformare “Corso Umberto nelle Ramblas di Barcellona” o nel volere “i quartieri spagnoli come Montmartre”, altra cosa è farlo.
Ma poi, se ci si scosta dai grandi titoli di riferimento, ci si dovrebbe chiedere, ma perché?
Perché dobbiamo essere “come”, in un improbabile collage di modelli che non ci appartengono, invece di mettere “il bello” della nostra storia, della nostra urbanistica, della nostra peculiarità geologica e fisica, al servizio di un modello di sviluppo sociale ed urbanistico funzionale alla vita di questa città.
Che non è Parigi, né Barcellona, né New York.
Questa è la città con il più bel golfo del Mediterraneo, che meriterebbe una visione di insieme, che non ha un porto turistico degno di questo nome, né un progetto organico del comparto “mare”.
In questa città ci sono quattro università, divise in almeno una decina di poli, senza un progetto organico di diritto allo studio, di accessibilità e fruizione ai servizi, senza un sistema unico delle biblioteche, senza un “piano casa” per i fuori sede: tutto lasciato al caso, alla singola facoltà, all’idea sparpagliata ed estemporanea.
Questa è la città delle cento piazze senza alcun uso e senza alcun progetto strutturale.
Questa è la città in cui si fa un centro direzionale e poi si pensa a collegarlo con la metropolitana, ma resta un pensiero…
Questa è la città in cui si fa la ZTL più grande d’Europa senza i relativi parcheggi periferici, senza un servizio di mezzi pubblici idoneo, senza che questi funzionino tutta la notte (come in tutte le altre città in cui si fanno queste cose).
Questa è la città in cui c’era il PAN, una volta, e adesso è un palazzo in cui non serve una direzione artistica, e basta che paghi ed esponi. E c’era una volta il Madre, e ne resta il palazzo vuoto.
In questa città c’è una Mostra d’Oltremare che sta lì come “spazio a noleggio”.

Ecco cosa manca a questa città: il progetto sostanziale ed organico alla base delle cose che ci sono e che si vogliono realizzare.
Perché se non lo si è capito sono i contenuti e i progetti organici che attraggono investimenti, perché solo una vera progettualità attrae investimenti veri e quindi di lungo periodo.
Tutto il resto, è poco più di un affare mordi e fuggi, per aggiudicarsi un appalto per qualcosa che resterà lasciato a metà.
A tutta questa assenza e latitanza di un’idea comune e condivisa di cosa e come deve essere questa nostra “casa comune”, che è la nostra città, si aggiunge l’idea che il problema del Forum delle Culture sia chi lo presieda e chi ci mette i soldi e quanti.
Ma la domanda non dovrebbe essere “per fare che?”

Perché se non si sa che fare, dove, come, quando, per lanciare quali idee e su quale tema organico che “ci interessa”, come si decide anche chi sia “il migliore” gruppo dirigente che lo porta avanti?
Se non si decide quale progetto sviluppato su quale programma, come si fa a sapere quante risorse occorrono?
Ma soprattutto, se non si decide prima il progetto-programma, come si immagina che soggetti privati possano essere interessati ad esserci, a investire, e soprattutto – sarebbe auspicabile – poi, a restare?
È come se si volesse ristrutturare una casa in funzione delle foto su qualche rivista, scegliendo l’architetto e stabilendo quanto si spenderà prima di avere un’idea di massima di quello che si vuole, di fare i rilievi e avere un progetto.
Io sono certo che se il sindaco, o qualsiasi assessore, dovesse ristrutturare casa propria, non agirebbe così, e partirebbe al contrario.
Perché non fare lo stesso con la nostra “casa comune”?

La cultura non è “una bella cosa” che fa immagine, ma una carta pericolosa da giocare, come se fosse una sorta di “leva finanziaria”.
Se vinci, ti ripaga come pochi altri investimenti, ed in maniera esponenziale al capitale investito.
Ma se perdi, puoi solo giocare ad un improbabile scarica barile, ma ti candidi al titolo di chi le cose non le sa fare, e senza appello. E chi ne paga il prezzo sarà tutta la città.

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L
[...] De Magistris, il forum delle culture, e il dilettantismo di una visione miope [...]
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G
Straordinaria e lucida riflessione... Anni fa, abitando a Fuorigrotta, il quartiere più " moderno " della città ( leggi quartiere che troveresti in qualsiasi altra città del mondo ), avevo proposto, alle autorità competenti, un progetto per la riqualificazione di un edificio abbandonato da tempo per farne un centro polifunzionale a disposizione, naturalmente, dei cittadini e dei ragazzi. Avevo raccolto più di tremila firme di persone interessate molto alla mia proposta. Le stesse autorità locali e della X municipalità mi guardarono con gli stessi occhi con cui ancora oggi guardiamo i diversamente abili... Ebbene, riallacciandomi alla lettera precedente, voglio dire che la miopia culturale, imprenditoriale, sociale, ecc... appartiene all' homo neapolitanus, mi correggo a certo tipo di homo neapolitanus, e guarda caso questo tipo di essere umano è sempre lì nei posti decisionali, sia politici, sia economici. E poi non mi si venga a dire che la camorra rappresenta la zavorra di cui non siamo capaci di liberarci... Non credo che Barcellona fosse una metropoli scevra dalla malavita... La disamina scritta in quella lettera è amara ma precisa, la condivido in pieno, ma stranamente, non prende in considerazione l' aspetto fondamentale della questione: se questa città è così buia, arretrata, assente, barocca nel senso deteriore del termine, è semplicemente perché vi abitano, per la maggior parte, cittadini a cui piace essere così e vivere così... La minoranza, ahimè, non ha forza tale da sovvertire questo sistema di cose, punto. E' vero abbiamo avuto 150 anni di devastazione socio-politico-economica senza eguali, perpetrata da altri, chiamiamoli anche conquistatori, ma credo che 150 anni siano più che sufficienti, in qualsiasi altro posto del mondo, per prendere coscienza della propria condizione e cercare di ricominciare, anche daccapo. Nella regione della Ruhr, in Germania, per es., uno dei posti più devastati al mondo in seguito all'attività centenaria estrattivo-mineraria, in dieci anni dalla dismissione delle miniere, hanno creato un paradiso artificiale, oramai connaturato al paesaggio, dove lavorano più di ventimila persone, dove vi sono più di cento ristoranti, più di duecento, ribadisco, duecento teatri... E noi in vent'anni dalla dismissione dell' Italsider di Bagnoli, cosa abbiamo? Un non ben precisato luogo per il benessere della persona, inaugurato tre volte e per altrettante tre volte richiuso..., un parco giochi che si sta già arrugginendo, e non è stato ancora portato a termine..., e poi il vuoto. Il vuoto. Questo è il punto. C'è un vuoto fisico ed esistenziale, naturale o indotto da chi o da cosa, non lo so, ma c'è, si avverte, e sento che sia riempito solo dalle poche, vivaddio ancora ve ne sono, bellezze naturali che faticano a resistere alla indifferenza e alla MIOPIA dei fortunati che le hanno avute in dotazione... Lo so fa rabbia avere tutto e non poter fare niente, niente di normale, precisiamo, in questa città. Una volta, un attore napoletano divenuto famoso oltre i confini della sua stessa città, alla domanda del giornalista sul perché questo successo gli fosse arrivato in una città altrove..., lui candidamente rispose che se si voleva lavorare alla Fiat era giusto andare a Torino, e sarebbe stato da stupidi ostinarsi ad aspettare che si aprisse, anche nella propria città, un altro stabilimento della casa madre. Che avesse ancora ragione quel famoso attore napoletano...?
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G
Scrivi cose giustissime, finalmente in questa città il "dal basso" tanto sbandierato (e poco praticato) dal sindaco sta ponendo problemi con una concretezza ed una intelligenza a cui non si era abituati, e così si vede che il re è nudo e resta nudo, ma che il regno è in subbuglio e vuole nuovi (?!) modi di riflettere e di pensare al ruolo di questa città e di tutto il territorio. Ho fiducia, ho speranze. Ed ho gratitudine per tutti quelli che stanno PONENDO PROBLEMI con tanta serietà e concretezza.
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I
[...] De Magistris, il forum delle culture, e il dilettantismo di una visione miope [...]
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