Non mi appassiona... (note al margine del pd napoletano)
Io sono uno di quelli che la politica la intende come partecipazione, e come confronto, dibattito, critica (nella sua fattispecie costruttiva); un insieme di cose che si concretizzano nel “prendere posizione”.
E prendere posizione è di per sé una parte della passione, laddove anche etimologicamente è un “sentire insieme”… insieme a tutti coloro che stanno da una certa parte e assumono certe posizioni; e questo anche nella individualità di ciascuno, figlia della propria storia e di valori individuali che la vita costruisce nel tempo.
E partendo da questa premessa – che è di per sé alta a dispetto del tema e della questione – ma quasi a rimarcarne la distanza, tanto abissale quanto incolmabile, dirò la mia – come spesso ho fatto, entrando in maniera chiara e determinata ma sempre in punta di piedi – sull’ennesimo teatrino del pd napoletano; e lo faccio proprio partendo da ciò che non mi appassiona.
Non mi appassiona che un segretario provinciale non prenda una posizione chiara e di chiarezza sulle primarie. Non mi appassiona che questa mancanza di chiarezza, e la rispondenza ad interessi di alcuni e non di tutti porti il partito principale della mia città al commissariamento. Non mi appassiona che in due anni il commissario non abbia fatto un congresso, ed abbia solo “destituito” ogni cosa costruita prima. Non mi appassiona che quel commissario – che della mia città conosce poco più della locazione geografica e qualche nome di suo collega a Roma – abbia solo detto che tutto ciò che c’era era “sbagliato” e che, da “giovane del partito” si sia mischiato alla parte peggiore del “giovanilismo rampantista”. Non mi appassiona che si ricorra ad un tribunale – dopo due anni – per definire questa faccenda, tra commissario ed ex segretario. Non mi appassionano gli incarichi dirigenziali "nominati", non elettivi, non rispondenti a scelte della base. Non mi appassiona che chi sino a ieri, alla corte del commissario, prendeva tempo e parlava male dei compagni con cui sino all’altro ieri aveva pranzato assieme, oggi invochi un “congresso vero”: e io mi chiedo, perché non lo invocavi una settimana fa? Non mi appassiona che un regolamento non sia un insieme di regole che facilitino lo stare insieme, ma un cunicolo di cavilli tramite i quali fare fuori qualcuno. Non mi appassiona che non ci possa essere un serio confronto interno, e nondimeno se qualcosa esce si parla di “lavare i panni sporchi in pubblico”. Non mi appassiona il doppio, la linea mutevole, le decisioni improvvisate, le linee di coerenza salde come le banderuole, la partecipazione ai congressi solo se si ha la parola, e non anche solo per ascoltare. Non mi appassiona che non ci siano voci, che non vadano oltre il dichiarare. Non mi appassiona che non si comprende che bastava fare un congresso un anno fa per evitare questa ennesima farsa burlesca.
Se poi a qualcuno venisse ancora in mente di domandarsi come mai i cittadini siano distanti dalla partecipazione politica, e ci si candida ad intercettare la passione per la partecipazione, allora basterà considerare quanta poca passione c’è in tutto questo e quanto poco appassionanti siano questi metodi, per capire, una buona volta, da dove, semmai, ricominciare.