Viaggio in Italia - gli anni di piombo
[scarica l'eBook]
Quella che mi accingo a raccontare è una storia, che è mia, ma che appartiene un po’ a tutti, anche se spesso la dimentichiamo. E questa storia è anche un viaggio. ... Comincia così questo racconto scritto per il teatro che attraversa e racconta tutta l'Italia e ripercorre gli anni recenti della nostra storia. Ma perché alla fine questa storia, che e' la nostra storia, e questo già basterebbe, e' così importante e ci riguarda e tocca ancora oggi? Perché molti di questi nomi sono tutti ancora lì, e fanno la politica del nostro Paese.
Gli anni di piombo, a dispetto di quello che molti ritengono a giudicare dagli esiti, in realtà trasformano profondamente la società italiana, mettendo in discussione gli equilibri e i modelli generazionali, ma anche il rapporto di coloro che facevano militanza politica e i partiti. Lo scollamento tra società, realtà stessa, e partiti politici celebra il suo punto di non ritorno. Il rogo di prima valle, quello in cui morirono i fratelli Mattei, ribalta tutti i cliché validi sino al giorno prima nella coscienza della sinistra italiana. I violenti sino al giorno prima erano i fascisti. Le vittime sono poveri, sottoproletari di borgata, che operano in una piccola goccia nera assediata in un quartiere completamente rosso; mentre gli accusati sono benestanti, addirittura ricchi, appartenenti alla borghesia romana, con ottimi curricula di studio, belle case al centro di Roma, e il loro ritrovo è nella fastosa Campo de’Fiori.
Quando il PCI fu costretto dalla storia ad ammettere l'esistenza di un "terrorismo rosso" conierà un'espressione monumentale come "compagni che sbagliano". E una parte importante del Partito stesso e del Sindacato, spesso per ragioni di parentela, e soprattutto del mondo della cultura italiana, non esiteranno a dare aiuto alla latitanza e alla fuga a giovani rampolli "erranti". Mentre il segretario del Fronte della Gioventù – tale Gianfranco Fini – nel novembre 1979 scriveva “i Nar potrebbero essere una sigla inventata dal regime” Gli stessi Nar nella rivendicazione dei un attentato a Radio Città Futura scriveranno: “Abbiamo colpito un covo di predicatori d’odio, abbiamo colpito duramente ma avremmo potuto essere più pesanti. Abbiamo scelto un bersaglio particolare perché siamo stufi che siano dei giovani rossi o neri a pagare con la vita le colpe del sistema. Non ci piace colpire la gente che come noi è seriamente impegnata per migliorare questo sistema anche se sono degli imbecilli. Sono imbecilli ma dopo tutto dei colleghi. Speriamo che i compagni del movimento non si facciano prendere da nervosismi e rabbie varie, ma comincino a ragionare e speriamo che non si debba più passare fuori da una sezione con una moto e sparare all’impazzata né da una parte né dall’altra. Speriamo che non si facciano strumentalizzare dalla forza della reazione-bianchi, rossi o neri-che usa la nostra rabbia per farci distruggere a vicenda.”
Giuseppe Dimitri, il capo militare di Terza Posizione, affermava a proposito della sua scelta di banda armata "questo mondo, o mi uccide o lo cambio totalmente". Questi giovani si scontreranno con qualcosa forse di peggiore. Un mondo capace di fare forse di peggio: ti sconfigge. E senza che tu ti possa opporre ti obbliga a viverci senza che tu lo abbia cambiato. Semmai, additato invece come "il male".
Sul corriere della sera, in difesa di un assassino di sinistra, nel tempo in cui la si sia non poteva riconoscere nemmeno l'ipotesi di un terrorismo rosso, Natalia Ginzburg scriveva "appartengo al numero di quelli che non capiscono cosa vogliono dire le parole "concorso morale in omicidio" temendo che i giudici abbiano voluto condannare "una astratta idea di violenza". Difesa tardiva, o forse preventiva, di una generazione di intellettuali che, a differenza di Sciascia, non condannerà mai se stessa, e non perderà occasione di assolversi e de responsabilizzassi. Dimenticando i versi di una canzone di un gruppo di grande successo in quegli anni, in cui Augusto Daoglio con la sua possente voce e presenza tuonava "guarda che le parole sono semi". Carlo Panella fa anche di più, coniando una giustificazione che diventerà un cliché collettivo di tutta la sua generazione, oggi che e' uno dei capi delle news mediaset: "si, e' vero, i nostri toni e accenti erano violenti... ma era la poliva che era violenta..." Invertendo forse un po' troppo l'ordine dei fattori.
Ma perché alla fine questa storia, che e' la nostra storia, e questo già basterebbe, e' così importante e ci riguarda e tocca ancora oggi? Perché molti di questi nomi sono tutti ancora lì, e fanno la politica del nostro Paese. E ci dicono tutti i giorni cosa dovremmo e non dovremmo fare, mentre hanno deciso cosa dobbiamo e non dobbiamo sapere, con il pieno diritto di scegliere a cosa e di cosa rispondere e a cosa e di cosa no. Alcuni li abbiamo già incontrati incidentalmente, come ministri di vari governi, protagonisti con incarichi importanti in questa o quella strage, venendo meno al proprio compito di darci verità, quando non hanno fatto di peggio, mentendo consciamente e coprendo le vere responsabilità. Altri, i seminatori di parole, quelli che creavano la retorica che armava le menti e spesso le mani dei giovani, sono ancora li che fanno esattamente lo stesso mestiere, solo meglio pagati. E allora conosciamoli meglio, citando solo i partiti e i movimenti ormai disciolti, spesso per decreto legge, perché collegati alla banda armata...
Erano membri di lotta continua i deputati: Marco Boato, Mimmo Pinto, Luigi Menconi, Paolo Cento, Gianfranco Micciche', Marco Rizzo, Roberto Rosso, I giornalisti.... Adriano Sofri, Enrico Deaglio, Guido Viale, Gad Lerner, Paolo Liguori, Giampiero Mughini, Toni Capuozzo, Vincenzo Gallo (vincino), Gianni Gori (bobo), Fulvio Grimaldi, Paolo Hutter, Carlo Panella, Marco Revelli, Claudio Rinaldi, Marino Sinibaldi, Giuliano Ferrara.
Erano membri di potere operaio... Franco Piperno, Toni Negri, Lanfranco Pace, Massimo Cacciari, Francesco Pancho Pardi, Paolo Mieli, Ritanna Armeni, Andrea Colombo, Gaetano Pecorella, Alberto Magnaghi.
Erano membri di avanguardia operaia.... Luigi Cipriani, Massimo Gorla, Edo Ronchi, Claudio Bisio, Stefano Tassinari.
Erano membri di Prima Linea... Susanna Ronconi, il deputato Sergio D'Elia, Marco Donat Cattin (figlio del ministro democristiano)
Erano membri del movimento dei lavoratori per il socialismo... Gianni Barbacetto, Tito Boeri, Michele Cucuzza, Sergio Cusani, Nando dalla Chiesa, Ferruccio de Bortoli, Paolo Gentiloni, Alfonso Gianni, Claudio Pagliara, Ramon Mantovani, Gino Strada, Stefano Boeri.
Erano candidati di lotta continua nelle liste del partito di unita' proletaria... Lucia Annunziata, Mario Capanna, Massimo Caprara, Luciana Castellina, Mario Catalano, Femiano Crucianelli, Vittorio Foa, Rina Gagliardi, Pao Gentiloni, Ritanna Armeni, Alfonso Gianni, Franco Grillini, Lucio Magri, Corradino Mineo, Mauro Paissan, Valentino Parlato, Caro Petrini, Mimmo Pinto, Luigi Pintor, Rino Piscitello, Rossana Rossanda, Gianni Russo Spena, Giuliana Sgrena, Raffaele Tecce, Gianni Usai, Vincenzo Vita.
Appartenevano a ordine nuovo, fronte nazionale, fronte sociale nazionale, terza posizione, nar, spesso passando da un gruppo all'altro o facendone parte contemporaneamente... I deputati Pino Rauti, Giulio Maceratini, Cesare Ferri, Enzo Erra, Adriano Tilgher I giornalisti Stefano Tiraboschi, Walter Sordi, Mario Corsi, Pasquale Belsino, Mercella Perina...
E dopo essere stati latitanti, e rientrati a pena prescritta, senza un solo giorno di carcere, e con enormi patrimoni all'estero.... Pasquale Guagliamore, Marcello De Angelis (che invece si è fatto tre anni di carcere ex art 270bis) e Giuseppe Dimitri, attuali deputati prima in AN e ora nel Pdl, e Roberto Fiore, fondatore di Forza Nuova.
Ma come potevamo sperare di essere un paese normale, se i giornalisti, che dovrebbero controllare i politici, ne erano complici in banda armata e ognuno copriva qualcosa fatto dall'altro? Come potevamo avere la minima chance di un ricambio generazionale in un paese in cui ministri, parlamentari, e direttori di giornali erano impegnati a difendere se stessi, il proprio compagno o camerata, e un sistema ingessato a garantire un'impunita' bipartisan e generale e collettiva e generazionale? Nessuno di tutti questi nomi ha avuto un ruolo secondario negli scorsi trent'anni della Repubblica, protagonisti della prima, della seconda e della terza, in piena continuita'. Sono gli stessi trent'anni di silenzi sulle stragi, di nascita e crescita del nostro debito pubblico, della salvaguardia dei (loro) diritti acquisiti, sono gli anni della crescita zero e dei grandi scandali finanziari, delle privatizzazioni di Stato a favore degli amici... con la complicità del silenzio acritico dei quotidiani e telegiornali nazionali...
Ecco perché questa storia, e queste storie ci riguardano. E perché questo viaggio in Italia e' il viaggio di una intera generazione sospesa. Sul terreno di questa guerra non dichiarata durata dieci anni della nostra storia nazionale, restano tante piccole storie di oltre 2000 ragazzi che hanno perso la vita, "giovani rossi o neri che hanno pagato con la vita le colpe del sistema" per usare le parole dell'epoca... Spesso senza colpevoli, senza sentenze definitive, senza responsabili... In quegli anni muore assassinato sulle spiagge di Ostia uno dei massimi poeti contemporanei nonché uno degli intellettuali più puri e onesti di questo Paese. Ancora oggi il suo brutale assassinio ha aloni di mistero che nessuno ha mai voluto davvero chiarire.
A lui un altro poeta, genovese, ha dedicato alcuni tra i versi più alti e significativi della nostra letteratura. Se gli ci volle un' intera opera "storia di un impiegato" per descrivere il complesso dei sentimenti e la tragicità della scelta di un solo terrorista, nei pochi versi di una sola poesia Fabrizio De Andre' descrive tutta una intera generazione, con un'analisi che appare più chiara e limpida e centrata quanto più passano gli anni...
E' una storia da dimenticare e' una storia da non raccontare e' una storia un po' complicata e' una storia sbagliata. Comincio' con la luna sul posto e fini' con un fiume d'inchiostro e' una storia un poco scontata e' una storia sbagliata. E' una storia vestita di nero e' una storia da basso impero e' una storia mica male insabbiata e' una storia sbagliata. E' una storia da carabinieri e' una storia per parrucchieri e' una storia un po' sputtanata o e' una storia sbagliata. Storia diversa per gente normale storia comune per gente speciale cos'altro vi serve da queste vite ora che il cielo al centro le ha colpite ora che il cielo ai bordi le ha scolpite. Per il segno che c'e' rimasto non ripeterci quanto ti spiace non ci chiedere piu' come e' andata tanto lo sai che e' una storia sbagliata