La libertà di espressione nell'era digitale
La libertà di espressione non è difendere chi la pensa come te.
Crederci davvero, e considerarlo valore, è difendere il diritto di chi ti fa anche ribollire il sangue quando parla.
Non è però nemmeno arrogarsi il diritto di dire qualsiasi cosa nel momento in cui la si vuol dire ed in qualsiasi forma e modo.
La libertà di espressione è eterna mediazione tra il diritto di manifestare il proprio pensiero, ed il rispetto dell’interlocutore; rispetto concreto e non solo formale o dichiarato.
Troppo facile difendere il diritto di chi la pensa come te, ma difendere la libertà di espressione deve significare soprattutto difendere il diritto di esprimere la propria opinione di chi la pensa diversamente da te.
Se non fosse così, vivremo in un mondo dal “pensiero unico”.
La libertà di espressione e della rete non può essere solo quella "utile" a Grillo per dire le sue cose, e da cancellare quando invece, la stessa libertà, porta critiche e richieste di confronto e dibattito. È facile creare e raccogliere consenso con atteggiamenti e parole violente. Definire e denigrare l’avversario (politico o intellettuale), gridare al complotto o alla macchina del fango ogni qual volta “chi non la pensa come te” muove una critica, o pone un quesito. E si sa che da sempre la violenza, quella verbale, dei toni e delle parole scelte, non solo è un grande collante ed attrattore, ma veicola spesso un equivoco: “ecco uno che non ha peli sulla lingua e dice le cose come stanno”. Sbagliato! Dovremmo dire "ecco un demagogo che cerca facile consenso, facendo leva su istinti e su facili concetti del sentire comune, per fomentare animi e mettersi alla testa della improvvisata rivolta del momento". Senza sporcarsi le mani, senza “fare” davvero qualcosa.
La storia è piena di casi del genere. Mussolini che passò in meno di due anni dal pacifismo alla “neutralità attiva” all’interventismo. Che indisse la marcia su Roma, salvo restare a Milano per il timore della repressione armata ed arrivare poi in treno nella capitale mettendosi a capo della marcia. Hitler, che diede la colpa della drammatica situazione della Germania alla “repubblica” ed ai tanti partiti, e della sconfitta in guerra “agli ebrei”. Sembrano esempi lontani, ma casualmente tutti i dittatori cominciano da proclami demagogici che indicano alle folle un facile nemico da individuare per tutti i loro mali, e la prima cosa di cui poi si occupano è mettere mano alla stampa.
Sembrano casi lontani, ma i vari capipopolo che hanno costruito carriere politiche, giornalistiche, universitarie, erano quelli che gridavano parole agli studenti, ne armavano le mani, ma restavano al caldo di casa propria, mentre erano gli altri a farsi male. Molti di quei fomentatori gridavano allo scandalo quando venivano chiamati in causa con accuse di “concorso morale in omicidio”… in fondo, loro, avevano solo “manifestato il proprio pensiero”, erano altri ad aver agito, ed erano altri quindi i responsabili penalmente… loro sono solo gli intellettuali!
E invece no. Invece abbiamo il dovere morale e civile come paese di imparare dalla nostra storia. Abbiamo il dovere come persone di non ripercorrere gli stessi percorsi per non consegnare ai nostri figli lo stesso schema di mondo, di paese e di società. Da questa responsabilità – civile, politica, sociale e morale – non ci assolverà nessuna perifrasi intellettuale e nessuna attenuante semantica generica.
Io mi limito alla mia personale esperienza, ma so che è un’esperienza non solo mia, e solo per questo ne parlo. Perché è troppo triste che molti altri “se lo tengano per sé”, forse considerando certi episodi un fatto occasionale, o forse perché non vogliono “lamentarsi”. E invece credo sia il caso di mettere in comune le esperienze di ciascuno, il che potrebbe portare a capire che non è “un’esperienza soggettiva” ma un “segno del tempo”... su cui riflettere.
A fine maggio pubblico il primo articolo su Grillo, con un pdf in download gratuito di poche pagine. Dopo due giorni (casualmente) cadono tutti i siti di tutte le mie aziende. Dopo alcuni giorni qualche giornalista vorrebbe scriverci un pezzo, ma si affrettano le voci secondo cui “non c’è niente di vero, è solo uno che si vuole candidare”. Sarà, ma dato che le condivisioni arrivano a 5.000 e i download cominciano a salire, dopo quindici giorni “alcuni” rappresentanti del M5S (anche candidati ed eletti) si affrettano a dire che “dietro il movimento non c’è nessuno”... e Casaleggio esce sul corriere della sera. Peccato però che non ricevo una sola querela e nemmeno una lettera di richiesta di rettifica. Peccato che tutto quello che io sostenevo, a pezzi, esce, sino ad esplodere, nei vari casi Tavolazzi e Favia, sino ai nostri giorni... già, peccato che non avessi torto!
Durante l’estate colleziono circa 400 mail di insulti e minacce varie, non si contano i commenti di improperi sul blog e sui social network. Il lavoro cresce, ed a fine settembre esce un ebook di oltre 300 pagine. Nel frattempo i tre post su Grillo avevano sommato le 12.000 condivisioni. Una parlamentare del Pd aveva fatto girare il precedente pdf tra alcuni dirigenti del suo partito: due ore dopo mi chiama un cronista de “Il Fatto Quotidiano” che esordisce chiedendomi se ci fossimo messi d’accordo; ovviamente no. Mi intervista a lungo… dovrebbe uscire un pezzo… non credo che per le cose dette quel pezzo possa venire “manipolato”… sono molto attenti alle “virgole maiuscole” scritte su di loro… alla fine ovviamente il pezzo non uscirà. Se serviva, una conferma de facto di quanto ho sostenuto nello stesso ebook.
La tesi secondo cui mi vorrei candidare fa ridere chiunque conosca la mia storia personale, ed ovviamente è infondata. Vengono attaccate tutte le mie aziende, sino alla segnalazione ed al blocco di alcuni siti e delle mie attività per alcuni giorni. Il giorno della conferenza sul “lato oscuro della rete” alla Social Media Week, a Torino, tre persone pcmunite in platea, pronte a replicare se solo avessimo citato il M5S… peccato che non erano né così importanti, né quello fosse il tema! Andando così in fumo intere giornate di attacchi gratuiti a noi, all’organizzazione, sino a un’ora prima. È esperienza comune che chiunque parla del M5S in maniera anche solo critica, viene aggredito con insulti e commenti-fotocopia. Figuratevi cosa non si scatena ogni volta che qualcuno chiede a me qualcosa; e la rassegna non è esattamente corta – ma basta andare sui siti e leggere (o semplicemente prendere atto) dei commenti. Ma credo possa essere esperienza comune e condivisa, no?!
Alla fine per essermi espresso in maniera tecnica – per aver espresso la mia opinione senza un solo insulto e senza mai aver parlato male del movimento, ma anzi distinguendo sempre le molte persone che si impegnano – ho dovuto ricostruire 12 siti internet, cambiare 6 hosting, cambiare 24 mailserver, il tutto in 4 mesi (fate voi i conti).
Oggi è uscita la prima parte di un articolo del wallstreet italia (il secondo sito di informazione economica dopo il sole24ore) di cui non sono autore (si badi!) ma semplicemente un intervistato: erano le ore 9.30. Alle 11.30 il blog di comunicazione della mia azienda Cross Media veniva “buttato giù”!
Casaleggio “ha dato l’ordine”? naaaaaaaaaa Grillo? Men che meno, figuriamoci. Ma le parole sono importanti, e i metodi anche, e i toni di più. Se tu sali su un palco e mandi a fan… tutti, se tutti sono cadaveri e zombi che devono morire, se “stiamo arrivando” e "siete finiti" e "vi porteremo i fiori" e “siete nella blacklist” non solo non vengono censurate come espressioni, ma vengono incentivate ed alimentate, se “Siamo in guerra” è il tuo mein kampf… beh…
Secondo me è il tempo di fare chiarezza e dire che tu sei il responsabile in concorso morale di quello che fomenti, e che menti esaltate, esasperate e distorte fanno, pensando di “fare cosa gradita” al padre padrone. Credo sia venuto il tempo di non fare in questo paese più distinzione tra chi incita con le parole e chi adotta i relativi e consequenziali concreti comportamenti. Perché è bene cominciare a dire con chiarezza che le parole hanno un peso, e le persone non sono carne da macello utili e strumentali alla “conquista del potere”. Non esistevano ieri “compagni che sbagliano”, come i nar non erano una invenzione del sistema, e oggi, certi squadrismi non sono meno pericolosi solo perché (ancora) non hanno spranghe o perché sono “attacchi informatici che attengono alle regole del gioco”.
Ieri, si bruciavano le tipografie. Oggi, si spengono i server. E si pensa che non sia la stessa cosa. Ma festeggiare come una buona notizia la chiusura di settanta quotidiani è un messaggio chiaro e non equivocabile. Che da' una paternità morale chiara e sostanziale. E voi potete – come sempre – non rispondere. Ma stavolta il vostro silenzio è solo un’ammissione di colpa ed un chinare la testa. Quanto ai fatti in sé, se ne occuperà stavolta la polizia postale.
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Vi è una poesia tanto nota quanto troppo spesso dimenticata attribuita erroneamente a Breckt che recita:
Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista. Poi vennero per i socialdemocratici, io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico. Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista. Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
Il vero autore di questi versi è un teologo e pastore luterano tedesco, oppositore del nazismo, Emil Gustav Friedrich Martin Niemöller (Lippstadt, 14 gennaio 1892 – Wiesbaden, 6 marzo 1984). Venne arrestato nel 1937 dalla Gestapo su diretto ordine di Hitler.