le buone notizie delle primarie
Le riflessioni sulle primarie sono molte, e ovviamente non c’è posto in un singolo post per cercare anche solo lontanamente di essere esaustivi o approfondire tutti i punti e gli aspetti di questo che – diciamolo subito – non è un fenomeno politico, ma si connota piuttosto come momento sociale. Allora proviamo almeno a tracciare alcuni elementi come fossero una sorta di “indice di argomenti correlati”.
In un paese assolutamente ingessato, con una politica fatta di “nominati”, di sezioni di partito commissariate e con la più bassa vitalità di sempre, la mobilitazione di volontari, di persone che si sono impegnate a informare, informarsi, raccogliere le iscrizioni, fornire materiali ed indicazioni, è un segnale (se ancora ve ne fosse stato bisogno) dello scollamento fortissimo tra la vita, i tempi, i ritmi, dei partiti tradizionali e la volontà di partecipazione attiva delle persone. Una forza ed una passione – assolutamente presente e trasversale – costantemente frustrata dal vizio antico della “nomenclatura” di richiamare e ricorrere alla forza della passione in chiave di “manodopera politica gratuita” nel momento elettorale, per poi spesso considerarla un “cicalio fastidioso” il giorno dopo.
La straordinaria partecipazione “a sinistra” in termini di elettorato, è una ottima notizia, a prescindere dal colore politico, per il paese e per la società intera. Il segnale – forte – che le persone vogliono tornare a scegliere e impegnarsi, attivamente. E ciò che è un bene “in una parte” è un bene certamente per tutto il paese e per l’intera società. E credo che possa essere da stimolo positivo anche ad una forte partecipazione – che molti considerano improbabile – “a destra”. La considerano improbabile perché – apparentemente – “a destra” non c’è questo tipo di pasionarietà, non c’è questa forza propulsiva alla partecipazione, in un partito considerato monolitico e verticistico. Io non credo. Credo (e i dirigenti farebbero bene a “temerlo”) che dopo tanti anni in cui finanche il segretario è stato “nominato”, le persone vogliano tornare a sentirsi protagoniste di un dibattito. Persone (come in tutti i partiti) onestissime, che vogliano dare il proprio contributo a cambiare l’immagine e l’identità di un partito etichettato come “il male”. E credo invece che questo paese abbia bisogno tanto di una sinistra più snella e ricettiva e partecipativa, quanto di una destra moderna, giovane, e che davvero sappia rappresentare con dignità la propria “parte sociale”.
Questa voglia di partecipazione indica una strada precisa per chi volesse recuperare terreno sull’astensionismo e sul populismo: le persone, se possono scegliere e partecipare attivamente, ci sono, ed hanno voglia di politica, quella buona, e di dibattiti veri e confronti autentici, che possano portare a scelte condivise. E questa è la peggiore notizia per i parlamentari nominati, per gli establishment, per chi eleva le proprie percentuali grazie all’astensionismo altrui, per chi crede nel virtuale più che nel reale, per chi non sarebbe in grado di “fare altrettanto”, ovvero organizzare sezioni, raccolte di adesioni, sezioni elettorali, e mobilitare davvero “persone vere”.
Brutta notizia per i media tradizionali, che si ostinano in vecchi cliché e moduli di informazione che tengono conto dei “vertici ufficiali” e che non riescono a interpretare e comunicare il dibattito sociale. Perdono terreno rispetto alle “nuove televisioni” e soprattutto al web che si trasforma. Non più luogo che rilancia contenuti prodotti altrove, ma vera e propria macchina che produce materiali e contenuti “originali” che spesso i media sono costretti a inseguire e rilanciare. Ma a ben vedere anche questa è una buona notizia per il paese e per la società in genere, che si riappropria anche nella comunicazione di un suo spazio: non subisce, ma crea attivamente.
La politica in genere riscopre il potenziale dei social network, e forse questa è la prima tornata elettorale in cui da noi (con qualche anno di ritardo) possiamo misurare la loro efficacia. Intendiamoci, non esistono guru capaci di spostare le opinioni delle masse, e la rete non è che uno strumento (integrato) di comunicazione. Nondimeno la rete può essere lo strumento chiave, in una società frammentata e millesimata, quasi pixelata, per “aggregare” sui contenuti, per lanciare parole chiave e stimolare la costruzione condivisa di programmi. La rete, mette a disposizione di contenuti autentici e non solo del marketing, una capacità virale che le è indiscutibilmente propria e genetica, ed accanto a questa la velocità di diffusione del messaggio.
Queste primarie inoltre sono le prime che – davvero – possiamo seguire, commentare, declinare, non solo su piattaforme verticali (come facebook) semmai integrati da contenuti altrettanto verticali (ad esempio i blog o i siti dei quotidiani) ma anche in maniera orizzontale e trasversale attraverso per esempio istagram, twitter… Non solo quindi una cronaca più veloce e capillare di qualsiasi altro media, ma soprattutto un “racconto” commentato, di parte, che stimola il confronto in maniera assolutamente orizzontale e senza gerarchie. Ed anche qui, è la persona che, volendo, torna al centro, come soggetto attivo della “propria cronaca del proprio momento di partecipazione attiva”.
L’errore più comune? Considerare questo “flusso” come “gestibile” o peggio manipolabile, incanalabile in una direzione. Come fossero un qualsiasi giornale con una proprietà, o una televisione o una radio. Il movimento di partecipazione attiva sui social network va oltre questa logica, e, al contrario degli altri media, può solo essere ascoltato, essere cartina di tornasole di ciò che la politica “vorrebbe” fare, o della capacità di aggregazione sui contenuti. E perché no, anche di svelamento di qualche balla di troppo…
Detto tutto? Ovviamente no. Se ne potrebbe discutere per ore, e sviluppare tutto molte volte. Ma alla fine la sintesi di tutto è che questo lungo processo di riavvicinamento alla vita politica, che da noi è questo lungo mese di primarie, da tutte le parti, è una buona notizia, comunque declinata, per l’intera società italiana. A patto che poi, i partiti, sappiamo ascoltare concretamente questa voce collettiva.
Certo, i politici, giornalisti e politologi si sbizzarriranno a dire di tutto, e il contrario di tutto... ...da un punto di vista della comunicazione, però, resta il dato: è contro le primarie chi non le sa fare, chi fa la 'politica dei salotti e non ha memoria di come si faccia una vera campagna elettorale chiedendo le preferenze, e mettendoci la faccia. E forse questa è una politica che dobbiamo reimparare a riscoprire.