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Michele Di Salvo
05 Mar

Se brucia Città della Scienza

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  archeologia industriale, Attualità, Bagnoli, Città della Scienza, Idis, Napoli, Società

cs1 Quello che è accaduto a Città della Scienza è un fatto gravissimo, ed è e resterà una ferita profonda nella città, almeno in quella che ha visto vent'anni fa in quel luogo un simbolo tangibile di una diversa visione di una città possibile. Vent'anni fa questa città usciva dal sacco più lungo della sua storia: dalla speculazione edilizia pre e post terremoto, dalla chiusura di tutti i centri di produzione o era nella fase di smantellamento di tutte le sue eccellenza produttive: da Bagnoli, al polo ITC di Pozzuoli a quello aerospaziale di cui sono rimaste le macerie… Nel centro e nel cuore di quello che fu uno dei più grandi stabilimenti siderurgici d’Europa, mentre si svolgevano improbabili bonifiche e invece certe speculazioni – su cui si indagherà per anni – tra ciò che è stato fatto e ciò che ancora un anno fa non si è riuscito a fare – nasceva il sogno di “Città della Scienza”. Un museo didattico, interattivo, uno spazio in cui fare, oltre che vedere passivamente, un laboratorio della e per la città – che al di là di tutto è sempre stato aperto e disponibile per accogliere (più che “ospitare”) bambini, studenti, lavoratori, insegnanti, e incontri sociali e culturali di ogni tipo e colore. Io credo che un po’ tutti in questi anni siamo “passati di lì” – per i motivi e le occasioni più diverse. Io ci feci addirittura, assistito da giovani studenti universitari che lì facevano i tutor, la mia tesina sperimentale in fisica per l’esame di maturità. Di fisica mi è rimasto poco, devo ammetterlo, ma quegli occhi brillanti di quegli studenti che avevano cinque o sei anni più di me e che consideravano prezioso quel luogo e quell'occasione… io quegli occhi non li scoderò mai.

Sei punti di innesco, quattro a benzina, due di sostanze chimiche e in un rogo durato circa dieci ore Città della Scienza è ridotta a macerie. Un pezzo di archeologia industriale nello smantellamento totale: di una fabbrica di un quartiere di una società di una collettività di un mondo operaio che nessuno voleva più, e di un’intera città. Un luogo preservato, conservato, trasformato, e rigenerato a qualcosa di migliore e di utile e di partecipato.

Gli uomini muoiono quando vengono lasciati soli. Credo che questo riguardi anche i luoghi e le cose. Credo che nessuno mai si sarebbe sognato di rompere un vetro, di fare danni a quella città bella nel deserto post industriale – simbolo e monumento dell’inquinamento e della incapacità a progettare e realizzare. Un faro troppo bello che mostrava qualcosa di possibile, e contemporaneamente segnava quotidianamente l’incapacità di fare tutt’attorno a sé. Ecco la verità culturale per cui quel luogo doveva sparire. Per farlo, si è atteso il momento “migliore”, come elemento culminante della disattenzione e decadimento dell’intera città… ed anche in questo Città della Scienza era è ed è diventato simbolo.

E continuerà dalle macerie ad essere simbolo. Qui si misurerà il peso della retorica politica, e la capacità amministrativa e progettuale. Simbolo di immobilismo, lungaggini, speculazione, incapacità, se resterà così e nel come verrà forse ricostruita. Simbolo di una città che non ci sta e che da qui riparte, se così non resterà nemmeno un giorno, e nel come e se verrà ricostruita e soprattutto nei tempi, modi e trasparenza – e nel “se” sarà priorità…

cittascienza1

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