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Michele Di Salvo
28 Mar

Dalla real-politik alla reality-politik

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  Beppe Grillo, Camera, Casaleggio, m5s, reality, realpolitik, show, streaming

m5sriunione Realpolitik è un termine usato per descrivere politiche basate su di una concreta pragmaticità, rifuggendo da ogni premessa ideologica o morale. Traducibile anche come pragmatismo politico, nel contesto internazionale identifica, ad esempio, scelte basate più su questioni pratiche che su principi universali o etici. La realpolitik è di per sé in antitesi alla politica, anche quando pragmatica, dei partiti di massa del ‘900, che invece identificavano nello scopo e nel metodo le proprie differenze e cercavano il consenso. Chiaramente mentre la politica partitica, se vogliamo ideologica, pone seri problemi nella gestione pragmatica delle situazioni “immediate” ma offre una prospettiva di lungo periodo, la “realpolitik” ben si presta a creare ampie convergenze “sul problema” e sulla situazione immediata, difficilmente avendo un progetto di lungo periodo, perché su quello quelle ampie convergenze andranno necessariamente a scontrarsi.

In queste elezioni sembra essersi concentrato e compresso in pochi mesi l’ampio scenario di questa dicotomia che ha attraversato tutto il secolo scorso. Una realpolitik latente che è stata l’elemento di coesione del polo montiano, che per “affrontare alcune questioni” ha messo insieme energie consensi e persone, è stata l’elemento di coesione del M5S, incentrato su 20 punti generici e non argomentati né declinati nei modi e nelle forme, ed è stato parzialmente il modo con cui si sono coesi i due schieramenti di centrodestra e centrosinistra, che però hanno conservato una buona componente della propria originaria distinzione ideologica nei modi e nelle forme (anche comunicative) della visione complessiva e di lungo periodo. Di fatto questa componente è l’unica che oggi li distingue con chiarezza da qualcosa che sia poco più di una alleanza strategica elettorale, e che li rende “compatti” il giorno dopo il voto, laddove per gli altri due blocchi parlamentari, una volta superato l’obiettivo elettorale, sono fisiologiche le distinzioni interne in funzione della strategia di medio termine.

Tutto questo ragionamento, proprio del secolo scorso, valeva e “stava in piedi” sino al secolo scorso, quando i sistemi di comunicazione erano unidirezionali e quindi tendenzialmente passivi. Stavi lì a guardare un telegiornale, un talk-show, e il massimo della interazione era il commento e la discussione successiva tra amici o nelle sedi di partito – una interazione diretta, tra soggetti in carne ed ossa, che rientrava nella più articolata “partecipazione attiva” nella vita reale. Oggi il web offre ampie possibilità interattive, ma virtuali, in cui si ha l’illusione di parlare, di commentare, di interagire, di essere presenti e partecipi, e la comunicazione nel suo complesso è diventata bidirezionale. Questo passaggio, apparentemente secondario e da molti considerato un semplice dettaglio o una sfumatura, in realtà è essenziale per comprendere la mancanza di partecipazione vera e una parziale manipolazione della percezione del consenso.

La polemica sui commenti cancellati, sui profili fasulli, il numero di “seguaci” veri o finti, rientrano tutti nella più generale manipolazione della percezione del consenso. La possiamo chiamare reality-politik. L’esempio concreto lo vediamo nel caso-principe di questa politica è Beppe Grillo. Intanto sulla percezione del consenso: ufficialmente ha 1milione di follower su twitter e il 95% dei commenti sui suoi post sono a favore e di sostegno al contenuto. Sarebbe decisamente differente questa percezione se “togliessimo” da questi dati percepiti i dati “manipolati”. Per i commenti facciamo riferimento al lavoro del sito http://nocensura.eusoft.net/ mentre per i follower usiamo quest’altro http://fakers.statuspeople.com/ e otteniamo un netto di un 35% di commenti in dissenso, e un netto di seguito di 130mila follower. Non cambia di molto la sostanza dell’essere “molto seguiti e commentati”, ma quello che cambia è la percezione della realtà, della quantità e della qualità di questo consenso.

le regole della politica, anche nella sua dimensione digitale, non cambiano e, come tutti sanno, fare in modo che le persone si sentano partecipi è il miglior modo per sedare il dissenso, e far diminuire il dibattito sulle singole scelte. Nel secolo scorso questa strategia era affidata ai contenuti di intrattenimento ed a talk-show di approfondimento leggero: sentire persone che si confrontavano, più che “pensare” generava il “pensiero di pensare”, ovvero più che stimolare una riflessione autonoma il meccanismo era far propendere per una o per un’altra tra le opinioni preconfezionate offerte. Oggi, alla partecipazione reale alla vita politica, si offre qualcosa di sofisticatamente no tanto dissimile. Questo il senso ultimo di un messaggio come “Guarda cosa succede alla Camera. Segui la diretta: http://www.beppegrillo.it/lacosa/” esattamente come nei talk-show della tv commerciale, offrendo la possibilità di vedere e spacciandola per partecipare, con tanto di pubblicità, spot e possibilità “comodamente da casa propria” di esprimere un’apparente opinione.

Questa forma di show venduta al pubblico come “trasparenza” è esattamente come considerare un osservatorio antropologico scientifico ciò che avviene nella casa del Grande Fratello o nell’isola dei famosi. Con la sottile differenza che mentre quelli sono show dichiarati, questa viene spacciata per realtà, e lo sfondo non è una casa-scenografia creata apposta, ma i luoghi in cui si fanno le leggi e si amministra davvero il paese. Da un punto di vista della comunicazione politica, è “dare alle masse ciò che vogliono” guardare passivamente e senza sforzo e considerarlo partecipazione attiva, con il risultato ultimo di uccidere il dibattito politico autentico sui contenuti e sui metodi. Una versione 2.0 dell’oppio dei popoli, che li sopisce dalla realtà, che in sé comporta scelte (anche difficili) e responsabilità della decisione ed il peso di prendere una posizione.

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C
Ottimo articolo Michele. Anche io come te un pò di tempo fa scorsi quest'analisi sulla forma comunicativa del M5S e l'ho scritto nel mio blog, qui su wordpress (quando non sei oberato dal lavoro, se ti va passa e dimmi che ne pensi, mi farebbe piacere). Però volevo portare alla tua attenzione un semplice appunto che nasce da una mia analisi del fenomeno penta stellato.<br /> Allora, è vero, se si fa un'accurata e profonda indagine sulla struttura su cui si poggia la propaganda comunicativa del M5S si noterà sicuramente che tutta l'impalcatura è volutamente gonfiata, proprio perchè il consenso genera altro consenso, un pò come i sondaggi che effettivamente possono anche, attraverso la loro diffusione, influenzare la scelta umana però non si può non notare che il risultato elettorale ha portato all'attenzione un fenomeno abbastanza endemico nel territorio italiano, cioè al pari del PD e del PDL , il M5S ha ottenuto il 25% dei voti quindi milioni di cittadini ma è anche vero che il consenso\adesione ad un partito è un aspetto ed il voto nelle urne ne è un altro, a maggior ragione in un periodo di crisi come questo, però c'è da dire che da questo punto di vista il voto è anche indicativo. Secondo mie riflessioni si sta già un pò sgonfiando questa bolla, perchè ha mostrato tutti i suoi limiti ed i suoi troppi difetti democratici.<br /> Alla prossima, buona giornata.
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C
Si infatti, al di là del mio appunto sul voto, effettivamente è facile creare coesione in risposta ad una crisi ed in un periodo di incertezza, il problema di Grillo era che sapeva benissimo che per mantenere salda a sè una folla inferocita bisognava dare l'impressione di essere in un regime cioè avendo regole interne ferree e non mostrare debolezze (basta vedere le espulsioni al minimo accenno di dissenso) perchè se ci pensi basta volgere il pensiero al passato e vedere come in ogni periodo di crisi gli unici "movimenti" capaci di tenere insieme come colla le genti inferocite di rivalsa democratica e non, sono stati i regimi totalitari, perchè la storia insegna che se dai la capacità critica alla folla questa ti si ritorce contro...no?
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M
Il punto è: è facile creare una massa critica in vista di un voto. poi la devi "tenere insieme" quando declini quel consenso e quel risultato in una dimensione reale di responsabilità politica....
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T
Purtroppo è così come hai scritto ; l' hanno dimostrato i due responsabili del M5S nell'incontro con Bersani. Sembravano dei robot telecomandati a distanza che ,pur in evidente difficoltà ,non riuscivano ad allargare la discussione e ripetevano le stesse frasi confezionate in modo pedissequo, cioè senza personalità. La politica, quella vera, rimane quella dei dibattiti pubblici , dove hai la possibilità di notare dalle parole ,anche dai gesti , la personalità e la preparazione dei partecipanti. Non a caso Grillo evita i dibattiti, come ha evitato di lasciarsi intervistare dai giornalisti italiani.
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