Sui rifiuti nessuno può dirsi a 5 stelle
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È di questi giorni la polemica sollevata da Claudio Velardi sui “professionisti della difesa dell’ambiente”. Quello che molti hanno visto come un attacco diretto verso qualcuno. Secondo me, secondo il suo stile provocatorio e forse anche radicale, un modo di richiamare l’attenzione sul fatto che esistono battaglie importanti e sacrosante per la collettività, cui tutti indistintamente dovremmo aderire e partecipare, e che invece spesso diventano vetrina per qualcuno, e anche più spesso diventano temi “monopolizzati” – anche mediaticamente – da qualcuno.
Altro tema che veniva ripreso, è la richiesta di dati certi e informazioni attendibili, sia sul fenomeno sia sui “fenomeni collaterali” legati al ciclo di rifiuti, in particolare quelli del ciclo illegale e tossico.
Perché se è vero che la situazione è di per sé drammatica, è anche vero che – come cittadini – sarebbe il caso che finalmente dopo vent’anni che la terra dei fuochi è tale, ci fosse un intervento pubblico che almeno chiarisca la portata del fenomeno e i tassi di inquinamento, mortalità, infettività, dimensione in termini di superficie e di popolazione, perché è impensabile che – ancora – non esista un dato e uno studio certo.
Su tutto questo, qualsiasi sia il colore politico, nessuno può dirsi estraneo a responsabilità, nessuno può dirsi monopolista del tema, e nessuno può dirsi fuori da compromessi.
Il Movimento 5 Stelle da sempre ha raccolto molti consensi, e soprattutto molte risorse umane, in quei movimenti spontanei di cittadini che, soprattutto al sud, hanno avviato una onorevole battaglia senza quartiere contro tutto ciò che di distorto e di illegale c’è nel ciclo dei rifiuti e per la tutela dell’ambiente. Battaglie complesse, soprattutto in alcuni territori che, se hanno una linea di continuità reale da un punto di vista topografico, la hanno meno da un punto di vista amministrativo. Ed è qui che spesso si gioca la battaglia per la legalità, che non ha colore politico, e che vede un sindaco vietare ciò che quello accanto (anche di poche decine di metri territoriali) invece approva e concede, o su cui troppi, spesso solo perché senza mezzi, non riescono a fare i giusti controlli.
Occuparsi di rifiuti in alcune zone della Campania ad esempio, è entrare non solo nella mala amministrazione locale, ma soprattutto nei grandi appalti della criminalità organizzata, impegnata nello smaltimento illegale di rifiuti prevalentemente del nord Italia, a costi bassissimi. La terra dei fuochi, di cui oggi tanto si parla, è una costellazione di una cinquantina di comuni piccoli e piccolissimi, con 2/300 microincendi quotidiani, che durano alle volte meno di un’ora, in cui spariscono le tracce di tutto, origine e tipologia del rifiuto, ma anche mandanti committenti ed esecutori.
Gran parte dei prodotti agricoli di quelle aree vengono poi acquistati a prezzi molto bassi da aziende conserviere nazionali; i prezzi sono dettati proprio dalla consapevolezza del rischio di inquinamento di quei prodotti. E quelle conserve altrettanto spesso, vengono rivendute nuovamente anche nei mercati del nord, cui ritorna per unno strano contrappasso di un mercato marcio e poco controllato, anche parte di quella diossina.
Dire queste cose è importante. Prima di tutto per far capire che il problema non è locale, ma nazionale, che ci riguarda tutti, dai clienti delle aziende che illegalmente smaltiscono, alle popolazioni locali che si avvelenano, ed alla filiera agroalimentare successiva.
Questa è una battaglia che riguarda tutti e non ha colore politico.
Non comprenderlo e farsene bandiera “per qualche voto in più” è assurdo, oltre che senza senso, sia ambientale che politico. Soprattutto quando accanto a questo tema lo slogan ripetuto è sempre che “gli altri sono collusi” e i pentastellati invece sono il nuovo immacolato e gli unici impegnati.
La rete può molto, è vero, ma il collegamento col territorio a volte aiuta a non fare certi errori, proprio su temi così sensibili, e su cui è davvero difficile decidere da Genova o da Milano.
E l’invito, serio, è che Grillo &Co. evitino con la loro arroganza e demagogia di “sporcare e inquinare” una battaglia difficile e complessa e decisamente molto più seria di qualche voto in più o qualche spot gratis.
Le persone meritano rispetto, e la salute delle persone non è un gioco, e sul tema delle ecomafie nessuno può arrogantemente definirsi a 5 stelle o superiore agli altri.
Faccio due esempi, freschi di questi giorni.
Giuseppe Di Bello è impegnato da qualche anno nel Movimento 5 Stelle della Basilicata. Da anni Maurizio Bolognetti, segretario dei radicali lucani, conduce a suon di denunce una battaglia contro l’inquinamento che, a suo dire, dilaga anche in Basilicata. Ma, alla fine, a ritrovarsi sotto inchiesta dopo l’ennesima denuncia è stato lui stesso. La Procura della Repubblica di Potenza gli contesta la violazione del segreto d’ufficio. E oggi insieme al tenente della Polizia provinciale Giuseppe Di Bello, che deve rispondere della stessa accusa. Secondo l’accusa di Di Bello, nel mese di gennaio del 2010, gli avrebbe riferito il contenuto di un’informativa di reato della Polizia provinciale (redatta dallo stesso di Bello) che doveva rimanere segreta.
Votato da gran parte del Movimento, stava per diventare il candidato 5 Stelle alla presidenza della Basilicata. Ma l’hanno bloccato all’ultimo momento. Hanno scoperto questa condanna di primo grado (su cui pende per altro appello, e ovviamente con sospensione pena e non menzione del reato). Con tempismo miracoloso, la direzione strategica del M5s (Grillo e Casaleggio) ha comunicato all’interessato che aver conquistato il favore della base non gli sarebbe stato sufficiente per partecipare alla competizione. Di Bello si è meritato la condanna per aver rivelato, illecitamente ma coraggiosamente, i dati sull’inquinamento del lago Pertusillo, oggetto di una sua battaglia ambientalista. Casaleggio gli ha telefonato per scusarsi ma nulla cambia né cambierà. Se Di Bello non denunciava niente era meglio: o no?
Bolognetti e Di Bello devono sentirsi onorati per come hanno agito e per la sentenza che hanno ricevuto su un tema così delicato e che riguarda la salute dei cittadini”. Così don Marcello Cozzi dell’ufficio di presidenza di Libera.
Come sono ligi, direbbe qualcuno. Ma vediamo cosa succede altrove. Per esempio in Campania.
Qui il tema drammatico dei rifiuti è sotto i riflettori da tempo.
E tra le varie questioni, gestioni, amministratori e inchieste, ci sono alcuni nomi intramontabili.
Tra le iniziative a 5 Stelle sul tema ci sono i famosi “tour” – che dovrebbero segnalare e sensibilizzare sul tema. Andando a fondo, proprio sull’ultima iniziativa troviamo, forse confuso tra i tanti attivisti in perfetta buona fede e qualcuno dall’impegno di lungo corso un nome.
Bruno Orrico. Qualcuno potrebbe dire che il il suo ruolo è marginale. E invece no perché è il solo estensore del documento titolato “Tavolo tecnico per il disinquinamento e la riqualificazione del bacino del Sarno - M5S Campania” – beh non troppa fatica visto che tutto il documento consta di una sola paginetta. E questo nonostante la lunga attività del suo estensore.
Ma non ne parlerò io. Lascio a Tommaso Sodano, nome noto per l’impegno politico sui rifiuti, e ad una paginetta del suo libro “La Peste” dirci chi è costui.
“Curriculum di tutto rispetto per Orrico, con un passato al commissariato di governo e poi, responsabile regionale della protezione civile . Incarico al quale ha rinunciato per le dichiarazioni congiunte di due protagonisti dello scandalo rifiuti, vicine ai Casalesi. Orrico finisce nell’ordinanza di custodia cautelare emessa, nel novembre 2009, a carico del sottosegretario Nicola Cosentino. Sergio Orsi, imprenditore dei rifiuti contiguo ai clan (condannato in primo grado nel processo su Eco4), in un interrogatorio del 25 giugno 2007 ricordava: “Voglio riferire in ordine alla persona di ORRICO Bruno; questi era un vecchio funzionario della cassa del mezzogiorno che fu nominato tecnico dal Commissariato di Governo o dalla Regione o dal Prefetto e che risultava fondamentale in relazione alle sue competenze. Questi mi fu presentato da VALENTE Giuseppe prima che fosse indetta la gara dal Consorzio CE4 e il VALENTE mi indicò l’utilità di rivolgermi a questi per costituire una Ati che fosse attrezzata formalmente per disporre dei requisiti indicati sul bando di gara…Dal contenuto dei colloqui tra me, VALENTE e ORRICO era chiaro che quest’ultimo sapesse degli accordi presi con VALENTE per aggiudicarmi la gara. Il legame con ORRICO Bruno si è sviluppato maggiormente nel tempo a seguire; posso dire che ho avuto modo di prestare gratuitamente della manodopera privata per la realizzazione di un manufatto (un muro) a una signora sua amica in Valle di Maddaloni e dei lavori d’imbiancatura della sua abitazione”. Orrico, indicato da Valente, quest’ultimo figlioccio politico di Nicola Cosentino. Una bella frittura di nomine rigorosamente bipartisan. Anche Gaetano Vassallo, il pentito dei rifiuti, parla di Orrico ed è ancora più diretto. Nell’ordinanza si legge: ” Nell’interrogatorio del 24 giugno 2008 Vassallo rievocava due relazioni corruttive allacciate dagli Orsi con l’indagato Bruno Orrico e con l’ispettore del lavoro Salvatore Andreozzi. Si tratta di relazioni importanti perché garantiscono agli imprenditori camorristi: il rilascio del certificato antimafia richiesto da alcuni dei comuni ai quali la ECO4 si proponeva per la gestione della raccolta; l’autorizzazione a sversamenti non consentibili, per ragioni tecniche accuratamente descritte dal collaboratore, presso la discarica di Parco Saurino; attestazioni di esaurimento della capacità recettiva di discariche gestite da consorzi concorrenti, con il conseguente incremento degli sversamenti effettuati nella discarica gestita dalla ECO 4; comportamenti omissivi che garantivano agli Orsi l’indisturbata perpetrazione delle loro frodi. Anche l’esistenza di queste relazioni risulta da evidenze granitiche, acquisite prima che Vassallo cominciasse a parlare”. Nel gennaio 2010 Orrico viene anche indagato per corruzione, finisce citato nell’ordinanza cautelare a carico di Cipriano Chianese, uno dei veri padrini dei rifiuti e dello smaltimento illecito di pattume in Campania. Il Gip respinge le esigenze cautelari a carico di Orrico ma sottolinea l’impegno per l’apertura, folle, della discarica di Lo Uttaro: ” Il contributo progettuale di Orrico e DE BIASIO il loro costante interessamento per l’esito della procedura autorizzatoria macroscopicamente illegale”.
Queste cose Sodano le scriveva e anticipava il 10 luglio 2010.
Ma su tutto credo che siano altre parole di Sodano utili ad un po’ di chiarezza.
“Le inchieste faranno il loro corso, ma Orsi e Vassallo e un’indagine dovrebbero bastare per chiedere ai partiti scelte di rigore, in una terra sempre più affamata di lavoro e giustizia.”
Qualcosa di serio? Terra dei fuochi
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