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Michele Di Salvo
20 Jan

La grande bellezza e la grande bruttezza

Pubblicato da micheledisalvo  - Tags:  foto, la grande bellezza, sorrentino, oscar, film, intellettuali, Roma

Italiani, popolo di commentatori, opinionisti, economisti della domenica, internazionalisti del venerdì, ct del lunedì al bar, e critici cinematografici all'occorrenza. Tra un pò dovremmo allungare la settimana per trovare qualche ruolo quotidiano per gli sport nazionali.
Il bersaglio del giorno è "La grande bellezza", visto intero, a pezzi, al cinema, in tv, di sfuggita, centrando l'attenzione – ovviamente, e in pieno stile italiota – alla ricerca della scena peggiore, del dialogo non perfetto, e così via. Già, perché da quando noi si hai i telefonini con le webcam siamo tutti piccoli Newton della fotografia e registi da youtube.

Ovviamente nel nostro paese se vinci un Oscar la gara è a chi è più sottile nel dire che hai fatto una cagata, ed articolare questa opinione sublime e tecnica con il miglior volo pindarico che la tastiera ti consenta.
Al netto però dei tanti "mi piace, mi è piaciuto, non mi è piaciuto, era orrendo" e via discorrendo che, lasciatemelo dire, lasciano un po' il tempo che trovano, sarebbe interessante che questo dibattito un po' facilonesco esca dai social, e abbia il coraggio di uscire per strada, nelle nostre strade, guardando le nostre città... forse tanti commenti si autosmentirebbero da soli (poi ci arriviamo).
Andando però più in profondità, tra i commenti e commentatori più autorevoli (almeno da noi italiani considerati tali) La grande bellezza non è piaciuto a tre categorie di "intellettuali".
Quelli cui per definizione non piace nulla, e il cui mestiere è stare lì criticamente a decretare ciò che non va, sono gli stessi che criticarono ad esempio la vita è bella di benigni perché "banalizzava l'olocausto", e credo che detto questo sia chiaro a tutti a chi mi riferisco.
Poi ci sono quelli che "avrebbero voluto farlo loro" ma dato che hanno sempre vinto ben poco, sono ormai abituati a definirsi "sempre contro, e quindi le lobby hanno ordito un complotto per emarginarli..." ed anche di costoro, e della loro mediocrità, il paese è sovrabbondantemente pieno.
Da ultimi ci sono gli intellettuali che il film lo hanno visto, e capito, e ci si sono rivisti, e per loro questo film è inaccettabile. Inaccettabile che ti venga sbattuta in faccia la vuota autoreferenzialità, l'eccesso, la pochezza e spesso la vuotezza, una vita che "arrivi alla fine e ti rendi conto che l'hai buttata". Si perché un film che ti racconta che alla fine tanta mondanità che consideriamo centrale è un po' meno della periferia del mondo, una mondanità che molti hanno come obiettivo esistenziale e che si rivela semplice vuotezza morale è inammissibile.
E allora il film è brutto, sopravvalutato, e privo di significato.
E se per "il popolo" è film difficile, l'intellettuale invece di fare il suo lavoro-dovere-sociale che fa? Dice banalmente che è vero, che è brutto, coperchio chiuso e pratica archiviata.

Io vi dico la mia, e poi fatene quello che volete.
La grande bellezza dice semplicemente la verità, racconta ciò che c'è dietro le pagine patinate delle riviste da parrucchiera di provincia, dietro Amici e C'è posta per te, dietro i grandi fratelli, dietro le isole dei famosi (per chi?), dietro i presenzialisti, gli scrittori inventati, le classifiche drogate per vendere di più, dietro le feste mondane, dietro le trasmissioni televisive che si scambiano sempre gli stessi ospiti a rotazione... lo fa con lentezza, certo, ma è la nostra lentezza, quella della Salerno-Reggio, quella dei tempi per una legge, quella con cui ognuno passa il badge nel tornello e poi lentamente si prende il caffè, la sigaretta, fa due chiacchiere e lentamente procede a fare il suo lavoro di cui non gliene importa niente, sognando le feste, le riviste patinate, e volendone far parte, come nel film "reality"...

La verità è che quel film non è piaciuto a chi in quel film ha riconosciuto se stesso, la propria vita, il proprio vuoto, il proprio ruolo nella società, e non lo può ammettere: non può accettare una vita vuota, valori effimeri, e di trovarsi alla fine semplicemente e banalmente solo, e vuoto.

Confesso che il film, a me, non era piaciuto, perché lo consideravo un'operazione "facile", quasi commerciale... mi ero evidentemente sbagliato.
Un film che fa discutere e riflettere, che fa schierare, che fa commentare, è un'operazione intellettuale degna e forse anche necessaria ogni tanto. E se non ci sta bene che all'estero sia così tanto piaciuto, e sia stato così tanto premiato, e qualche benpensante ritiene anche "dia una brutta immagine dell'Italia", beh rimediasse o stesse zitto, perché le sue critiche confermano semplicemente le tesi del film.

Un film non deve risolvere i problemi, assolvere una società, essere risolutivo delle nostre esistenze. Deve raccontare una storia, deve regalare emozioni, far riflettere e pensare, lo dovrebbe fare tecnicamente bene, e deve lasciare un segno. Bene tutto questo – piaccia o meno La grande bellezza lo fa.

E poi c'è un aspetto, per il quale comprendo che a molta politica e a molti cittadini "impegnati" questo film proprio no è andato giù. Quella frase "le radici sono importanti".
Quei giri notturni di Roma, una bellezza eterna, alta, vera, quelle lezioni continue di estetica, filosofia, cultura, architettura, letteratura, storia, che stridono con la bruttezza dei cocaineparty, della musica ad alto volume, del sessismo per sentirci vivi, del sesso come strumento di carriera.
Ecco la vera Grande Bellezza è Roma, come ogni nostro centro storico, in contrapposizione alla nostra individuale e collettiva "grande bruttezza" nel non averne cura, nel non capirla, nel non studiarla.
La grande bellezza delle nostre radici perse nelle baby squillo tanto care e che fanno tanto status symbol nella attuale Roma bene...

In effetti, a leggerla così, il film di Sorrentino, per molti, è davvero un pessimo film.

La grande bellezza e la grande bruttezza

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