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Michele Di Salvo
20 Feb

Il match in streaming Grillo-Renzi

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Beppe Grillo, Matteo Renzi, m5s, streaming, trasparenza, comunicazione politica, comunicazione tossica

Il match in streaming Grillo-Renzi

Chi si occupa di comunicazione, come i coach delle squadre sportive, finite le dichiarazioni a caldo – spesso da ultras – del dopo partita, riavvolge il nastro, e cerca di rivederla con distacco e professionalità.
Perché mentre chi va allo stadio vuole giustamente vedere uno spettacolo agonistico, ai coach e ai giocatori è richiesto un lavoro ed una professionalità differenti.
E allora riavvolgiamo il nastro, e cerchiamo di capire cosa è successo nelle consultazioni di ieri in streaming. C'è chi si ostina a chiamarla trasparenza, ma la realtà è che questi streaming trasformano vere consultazioni (che si fanno ormai altrove e in altri momenti) in “chiacchierate” rivolte al proprio elettorato, e a quello altrui. Che sia un bene o meno per la politica non lo possiamo dire, di certo alimentano il voyeurismo del pubblico e un'idea distorta e decisamente poltronistica della partecipazione politica.
Beppe Grillo qualche "sorpresina" da Matteo Renzi se l'aspettava, e per questo stavolta si è presentato di persona, senza mandare al macello comunicativo i vari Crimi, Lombardi e surrogati.
Matteo Renzi aveva due obiettivi. Da un lato parlare ai suoi, e rimarcare la distanza e la differenza sostanziale e non solo formale rispetto a Bersani: non chiedo la fiducia, non vi chiedo cose “da vecchie logiche della vecchia politica”. Dall'altro, consapevolmente, parlare al popolo online pentastellato, cercare di incrinare qualcosa del monoteismo a cinque stelle.
Beppe Grillo non ha mai sottovalutato l'efficacia del neosegretario, e aveva anche lui due o tre compiti per casa: stroncare la comunicazione di Renzi, dare ai suoi “un esempio” di come da oggi in poi parlare al nuovo linguaggio del leader del Pd, rilanciare alcune semplici frasi chiare (quasi banali) da ripetere come un tormentone sino alle europee.
La straordinaria capacità comunicativa di Grillo è evidente, sintetizzabile nell'abilità con cui è riuscito a cambiare percorso e strategia ben tre volte in dodici minuti. Intanto con quel “e allora che siamo venuti a fare” che ha spezzato il filo logico del discorso di Renzi, e poi incalzando demolendo prima la figura del suo interlocutore (dal suo punto di vista) e rimarcando una distanza incolmabile.
Matteo Renzi ha provato a replicare, con alcune battute tese più a spezzare la tensione crescente, e ironizzando per riportare tutto alla dimensione di un dibattito a due.
E qui Grillo è stato un leone: non solo ha rimarcato che lui - e i suoi - i dibattiti e i confronti non li accettano (non solo nella sostanza ma nemmeno nella forma), ma anche che con lui quella retorica “alla mano” non funziona. Il passaggio centrale è quel “Beppe capisco che sei venuto a provocare...” e la replica “se ti volessi provocare... ricordati che ho quarantanni di mestiere...”.
Fine dei giochi, qui comanda Grillo “ho cambiato idea e quel minuto non te lo do... finisco e me ne vado...”
Se fossimo nel pugilato sembrava di vedere Tyson, che era consapevole di non avere fiato, e di non reggere su più round, e quindi attaccava subito le braccia dello sfidante, per rendere pesante anche il solo alzare le braccia, ed essere libero di chiudere il mach in pochi secondi.
Riavvolgere il nastro e rivedere l'incontro serve a questo: capire senza l'appannamento visivo del tifoso, i punti di forza e di debolezza dell'avversario. E Grillo li ha mostrati tutti.
Ha un'esperienza di “animale da palcoscenico” unica, e volerlo sfidare su quel terreno è impensabile, ma se gli togli il pubblico, e non gli concedi il monologo, nella sostanza non sa che dire.
Per farlo però si deve accettare un compromesso: rinunciare al palcoscenico anche da parte dei suoi avversari, e obbligarlo al rispetto delle regole “o accetti un confronto paritario o non c'è incontro”.
Se i deputati a cinque stelle vogliono andare ai talk sarà un piacere, ma alle regole valide per tutti, nell'arena, e non in collegamento, con un dibattito e non per monologhi: se no puoi anche stare fuori, ma per tua scelta. E non si comprende perché – forse in nome di un paio di punti di share – loro debbano avere delle regole ad personam.
Qualcuno potrebbe domandarsi – badando alla sostanza delle cose dette – se in un paese in attesa di un governo, in cui abbiamo una disoccupazione giovanile alle stelle (più di cinque!) e con una crisi economica pesantissima, sia rilevante sapere se Grillo ha problemi con le prevendite, se manderà o meno gli omaggi a Renzi, e se quest'ultimo ha o meno sempre pagato i biglietti per lo spettacolo del comico genovese.
Di certo sono battute simpatiche che allietano l'audience del pubblico a casa. Ma se l'efficacia della comunicazione politica è ridotta a “chi è più bravo a replicare” in streaming, credo che gli avversari finiranno solo con l'essere funzionali l'uno alla sopravvivenza dell'altro, ed ai rispettivi ultras. Dimenticandoci tutti che la politica tuttavia non è (solo) spettacolo, ed ha a che fare con qualcosa di meno delegabile al tifo degli ultras.

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D
L'analisi è ok ma ho una domanda a monte di tutto: perché ci è andato? Ossia: il "popolo del web" ha votato perché Beppe andasse e lui si è presentato ma ha fatto caciara. In pratica non è servito a nulla l'esser lì: è questo che gli hanno chiesto di fare votandolo? Perché a me sembra tanto uno costretto dalla base ad andare ma comunque ha fatto quello che voleva lui, non confrontarsi, come a non voler smentire il voto formalmente.
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