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Michele Di Salvo
12 Mar

Il doppio fronte della guerra di Grillo

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Beppe Grillo, m5s, Casaleggio, siamo in guerra, espulsioni, Democrazia, demagogia, Pizzarotti, MeetUp

Il doppio fronte della guerra di Grillo

Quello che sta accadendo in questi giorni nel Movimento 5 Stelle è qualcosa di più complesso profondo e articolato del consueto processo di espulsione – mediatico prima e materiale subito dopo – cui siamo stati abituati da tempo. Beppe Grillo ha scelto la via della chiusura totale del suo movimento al mondo esterno, alla collaborazione politica – che poi è il senso della democrazia e ancor più dei sistemi parlamentari – all'iniziativa concreta "con gli altri". Ha scelto le grida di piazza del "siamo in guerra", uno scontro totale, che ha un solo effetto concreto: far emergere lui come leader incontrastato e ridurre ogni singolo eletto, dal consigliere comunale al parlamentare, a mero esecutore replicante il verbo del blog. Non c'è spazio per altro.
Questa guerra ha un momento decisivo – non lo hanno scelto gli altri, ma lo ha detto Grillo da solo e di sua iniziativa – le elezioni europee: se il Movimento perderà lui farà i bagagli, in barba a tutti i consensi che tanti cittadini in buona fede hanno riposto nell'urna appena un anno fa. Al Senato il gruppo iniziale era di ben 54 senatori, che avrebbero potuto, concretamente, dettare l'agenda di governo. Niente di fatto. Il 30 aprile è stato espulso il senatore Mastrangeli. Il 19 giugno la senatrice Gambaro e nei giorni successivi per solidarietà e in polemica con la gestione verticistica del Movimento passano al Gruppo Misto anche le senatrici De Pin e Anitori. Il 26 febbraio sono stati espulsi i senatori Orellana, Campanella, Bocchino e Battista, e il 27 febbraio hanno inviato la propria lettera di dimissioni anche i senatori Mussini, Casaletto, Romani, Bencini e Bignami. La tesi di Grillo è che si tratta di questioni dell'animo umano, di persone indegne che si sono lasciate corrompere dalla vita di palazzo, e che mostrano chiaramente una incompatibilità con la vita del Movimento.
E tuttavia se spostiamo il punto di osservazione e non guardiamo solo al Senato, ma a tutto il macromondo pentastellato nel suo complesso, lo scenario cambia, e profondamente. Beppe Grillo ha consentito nel suo movimento di fare quello che contestava a tutti gli altri partiti: familiarismo, assunzioni per conoscenza, fidanzate, sorelle, figli e mogli eletti coi rispettivi partner e parenti, ha imposto i suoi uomini nei posti chiave della comunicazione e nella gestione del gruppo, non ha mosso un dito quando sono emersi casi di persone elette con curriculum falsificati... tutto questo non ha contato sino ad oggi, come nulla hanno contato davvero i meetup nell'indirizzo dell'azione politica degli eletti. Contava solo lui, il blog, e una linea di trincea tra chi era disposto ad un cieco "credere, obbedire e combattere" e chi invece "si poneva delle semplici domande" e mostrava dissenso, anche semplicemente sui modi e sulle forme.
E tuttavia quello che forse Grillo non ha notato, e Casaleggio pur avendolo compreso non è riuscito a gestire, è che ogni diktat su un nome (ad esempio Tavolazzi a Parma), ogni espulsione umorale (per esempio Federica Salsi a Bologna) diventavano, nel tempo, mattoni utili alla costruzione di un'alternativa. La goccia che ha fatto traboccare il vaso tuttavia non è in parlamento, con buona pace dei commentatori romanocentrici, ma proprio in quella Parma che ha dato a Grillo ed al suo Movimento la ribalta nazionale, rendendo ai potenziali elettori credibile e plausibile un risultato nazionale. Senza Parma, è bene che Grillo ne prenda atto, il risultato anche politico sarebbe stato molto inferiore. Grillo punta tutto sulle europee, lui è in guerra e si gioca "tutto in una mano". Ma gli eletti che ci hanno messo nome, faccia e credibilità personale, forse, non sono così convinti che sia il tempo degli all-in in texasholden, perché Grillo sta giocando con le fiches altrui, forse con troppa leggerezza. La quasi implicita scomunica di Pizzarotti di fatto sta creando un polo su sui i transfughi degli ultimi due anni possono convergere, invece di disperdersi in mille sigle da pochi voti locali. La vera guerra di Grillo è questa, in casa sua, e qualsiasi generale con un minimo di esperienza direbbe che la storia dimostra che non esistono guerre vinte combattendo su due fronti.

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G
siamo proprio sicuri che in caso di insuccesso elettorale la premiata ditta grillo - casaleggio faccia le valigie ? e da cosa si misurerebbe l' insuccesso elettorale ? non essere il primo partito ? stare sotto il 20 % ? concordo con l' ottima analisi, la crepa di parma e' piu' simbolica e dannosa di quello che si potrebbe far credere ...
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