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Michele Di Salvo
07 Mar

Quattro riflessioni a braccio

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Beppe Grillo, m5s, Casaleggio, blog, web, complottismo, Renzi, scuola, giovani, economia

Quattro riflessioni a braccio

Le canzoncine, gli insegnanti, i sindaci e mia figlia

Mi ha colpito la polemica sulla canzoncina (inopportuna) che gli insegnanti hanno scritto per dare "il benvenuto" a Matteo Renzi. La polemica è strumentale, ovviamente, perché chiunque abbia un figlio under 10 anni sa bene che gingle vari vengono improvvisati per qualsiasi autorità, e di certo non sono "trame propagandistiche ordite" da queste ultime.
La riflessione tuttavia è triplice. La prima riguarda un modello di piaggeria verso le istituzioni in generale, che sarebbe il caso a scuola non insegnare mai, semmai sarebbe più opportuno il contrario: essere critici e chiedere cose concrete, semmai anche personali, che facciano vivere al bambino un'esperienza di confronto umano con il rappresentante della politica, e meno di "sudditanza". Sarebbe bello ad esempio un bambino che chiedesse al politico "quanto tempo trascorri coi tuoi figli", e forse sarebbe anche più utile al politico, invece di un ritornello che fa sorridere e al bambino insegna poco. La seconda riguarda ciò che ni genitori richiediamo alla scuola in generale, quanto ce ne interessiamo sia delle attività che dei programmi, spesso lamentandoci "alla fine" mentre "nel durante" ci dichiariamo unilateralmente "incompetenti" nel partecipare al processo didattico-pedagogico-edicativo. E in questo riguarda anche un aspetto essenziale che oggi più di ieri deve trovare casa nelle scuole, e cioè la consapevolezza della comunicazione: quella cosa su cui abbiamo sorriso noi adulti ma che è fondamentale che venga spiegata ai bambini, come ha fatto Renzi: va bene twitter e whatsapp ma "un abbraccio vero è un'altra cosa". Impossibile che si parli di questo quando on ci si rende conto che un simpatico gingle degli anni ottanta oggi diventa "arma della comunicazione politica" in cui nel tritacarne – da tutte le parti – finiscono con l'essere usati i bambini, inconsapevoli e innocenti protagonisti di cui tutti finiamo con il parlare senza occuparci di loro centralmente. La terza invece è del tutto personale, e riguarda mia figlia, che oggi ha otto anni, e già a sei criticava per strada il sindaco del comune dove vive con la mamma, esattamente come a sette "pretende" quando vede qualcosa che non va (dalla fontana che spreca l'acqua, alle auto parcheggiate male) che il papà la porti "a parlare con il sindaco". Scusate la digressione, ma di questa "apparente scocciatura" io ne vado fiero.

I cittadini nel palazzo e la finta indignazione

Il secondo pensiero "a braccio" riguarda i cinque stelle, la loro indignazione urlata sulla casta, sugli altri partiti, sui soldi altrui, sulla politica. Io ho sentito Alessandro Di Battista dire alla Bignardi con orgoglio che loro "hanno portato i cittadini nel palazzo della politica" e io di questa cosa rabbrividisco. Si perché funziona come uno spot in tv, ma pochi si sono fermati a riflettere su cosa significhi davvero. Intanto perché credo che chiunque sia un parlamentare sia di per sé un cittadino, e già questo basterebbe a svelare la banalità detta da Di Battista. A fare politica noi dobbiamo volere politici, come a curarci i medici, a fare palazzi e ponti ingegneri e così via, ed anche così le cose non sempre riescono bene. Io abito in un condominio: quattro scale di sette piani, con quattro appartamenti per piano. Sovrabbondiamo di "cittadini", e tutti questi cittadini non riescono a mettersi d'accordo per riparare un citofono, fare i lavori di manutenzione, decidere su un appalto... ce le avete presente non le vostre assemblee di condominio? E io dovrei delegare alla mia assemblea di condominio una manovra economica, una riforma della sanità, la riforma delle pensioni? No, io vorrei dei politici, e li vorrei del più alto livello possibile. E mi rendo conto che la cosa potrebbe escludere Di Battista, che invece preferisce "i cittadini" così da poter spiccare per telegenicità!
Se l'indignazione fosse autentica, non ci sarebbero declinazioni e attenuanti. Berlusconi è colpevole di frode fiscale. Ci racconta che sarebbero solo 7 milioni, non ricordiamo che ce ne sarebbero altri 250 prescritti. E tutti – ovviamente – lo condanniamo per questo. Ma quando ai cittadini a cinque stelle ricordi che Beppe Grillo ha fatto tre condoni fiscali, due immobiliari, e che non voleva pagare 500mila euro di irap, gli inflessibili cinque stelle invece di indignarsi che fanno? Macchina del fango, la magistratura rossa, oppure tutti a dire che "infondo è una goccia rispetto a B."
Già, Grillo che strilla contro le leggi ad personam e che poi è il primo che dal suo blog chiede l'abolizione dell'Irap, imposta rapina, ovvero quell'imposta che lui ha evaso.
Un pò troppo comodo, o troppo vecchio, come metodo, non credete? Stesso discorso se gli fai notare come una parlamentare romana spenda a Roma per magiare 1.500 euro. Loro, gli indignati, ti rispondo che "lei rendiconta", che vuoi che siano 100euro al giorno per 16giorni, eccetera eccetera... tutto questo lascia quell'idea davvero vecchia e stantia per cui "dalla tua parte sono sempre belli bravi e buoni" e il marcio stia tutto da quell'altra. A ragionar così altro che nuova politica, cittadini e non politici, il nuovo che avanza e tsunami vari.

Le fonti ci sono, basta inventarle.

È divertente questa mania – tutta della rete – per cui se scrivi qualcosa anche di sentito al telegiornale, o risaputo, qualcuno dei cinque stelle ti rintuzza sempre con "la fonte? Dov'è il link?" eggià perché un twitt senza link non vale. Forse dimentichi del fatto che "il link" non è tanto una fonte in sé quanto un modo per generare accessi. La strategia è quella in qualche modo imposta dalla Casaleggio, dal marketing virale per cui quasi ogni twitt di Messora, di Grillo o dei parlamentari pentastellati porta accesi al blog e ai siti di Grillo – o alla pagina facebook dei singoli parlamentari.
Tutto funziona a meno che non ti accorgi che dele affermazioni a cinque stelle esiste solo una fonte, il blog di Grillo: o ci credi o ti fidi o sei un pennivendolo anche solo se dubiti.
Ma dato che nel tempo si è evidenziato come quel blog tutto sia meno che documentato e affidabile – e men che meno super partes – allora è stata avviata una sorta di "fase due della viralità".
Non ci sono fonti? Che ci vuole, basta inventarle.
Niente di più facile in giro per il web. Si va dai post di Messora, che traggono le loro mirabolanti informazioni da blog sorti pochi giorni prima per postare attacchi non firmati, con ricostruzioni fantasiose e palesemente infondate, a post complottisti sperduti alla periferia della galassia del web, a veri e propri "aggregatori evoluti" creati con filtri ad hoc che raccolgono notizie selezionate.
Si va da TzeTze a lafucina.it, tutti della Casaleggio, sino a cadoinpiedi che per la sua gestione distorta e partigiana ha portato alla rottura del contratto tra Messaggerie e Casaleggio, a tante altre fonti come mega gruppi anticasta dove profili fake pubblicano su facebook le cose più assurde.
La regola in rete è "più una notizia è condivisa più vuol dire che è vera", senza che nessuno vada davvero ad approfondirla... se poi la dice Beppe allora, vale oro, mentre tutti gli altri sono "della casta pagata dai poteri forti. Dalle massonerie e dagli stati plutocratici contro l'unica vera forza di oposizione e cambiamento"... parole nuove che riecheggiano da sempre.

Nuova economia per casalinghe

Tra le fonti della grillology del web troviamo sempre più spesso una certa vicinanza tra le tesi di Forza Nuova e quelle sbandierate dal comico genovese. Il suo guru economista (dopo che Stiglitz ha chiarito che non sa manco cosa sia il M5S nè conosce Grillo) è tale Eugenio Benetazzo, economista di chiara fama, che partecipa al "congresso nazionale di Forza Nuova", evvabbè sarà un caso.
Ci chiediamo chi è costui e l'unica fonte autorevole (per tornare alle fonti!) è la sua auto presentazione sul suo sito internet, che recita testualmente "Eugenio Benetazzo è economista indipendente e saggista economico fuori dal coro, conosciuto alla stampa di settore come il Nouriel Roubini italiano o lo Steve Jobs dei mercati finanziari per il suo modo irriverente e dissacratore con cui analizza e racconta lo scenario macroeconomico contemporaneo. Laureato in Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, trader professionista e gestore di patrimoni indipendente, vive e lavora tra l’Italia e Malta, è considerato un vero e proprio guru finanziario soprattutto grazie alla sua ineguagliabile capacità di lettura e sintesi del panorama finanziario e socioeconomico della nostra epoca. " in effetti la sua ricetta economica è semplice e occorreva un clone tra Jobs e Roubini per coniarla e salvarci dalla crisi: nazionalizzare le banche!
Che dire, un genio. Peccato si sia perso la puntata dei Simpson in cui si spiegava la globalizzazione.

Cos'hanno in comune queste quattro "riflessioni a braccio"?

L'Italia, e noi italiani. Noi tutti con la faciloneria con cui seguiamo i pifferai magici che ci offrono rimedi sicuri, molto più indolori rispetto ad una drastica assunzione di responsabilità.
Noi siamo ciò che esce dalla scuola, e dovremmo esigere una scuola più alta e un livello maggiore, più critica e analisi, per non finire a ingrossare l'esercito degli utili sciocchi, indignati di parte, urlatori di piazza (virtuale e non) e squadristi dell'era 2.0.
Noi siamo quello che non chiedono conto delle fonti delle notizie, e cediamo alle più svariate e comode teorie dei più improbabili complottismi, utili a farci sentire vittime irresponsabili dei nostri mali. Al punto che non vediamo nemmeno da che pulpito vengono certe prediche.
Noi siamo quelli che negano una pericolosa deriva verso l'estrema destra, e ci sta bene che qualcuno dica idiozie come "nazionalizzare le banche" in piena globalizzazione, perché lui ha di certo ragione: meglio che abbia ragione lui invece di ammettere la nostra collettiva ignoranza.
Tanto, se qualcuno avrà un dubbio, basterà creare un post su un blog sperduto, non firmato, per dirgli che è tutto macchina del fango, e che loro... sempre loro... invece hanno ragione.

La grande tristezza

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