Questione di quote
Riflettevo oggi su questa cosa delle "quote rosa" e sul fatto che nel nostro Paese perseveri questa mania che tutto debba essere disciplinato per legge: oltre 600mila leggi che nessuno conosce e pochi rispettano tutte e fino in fondo, “ma questa è un'altra storia”.
Pretendiamo che debba essere una legge a stabilire anche "quante persone di che genere" debbano essere votate ed elette. E sorrido.
Si lo so che questo ormai è un tema che, nella struttura patologica che ormai ha assunto la nostra comunicazione sociale e politica, è quasi un tabù per un uomo, e che in genere i maschietti certe cose possono anche pensarle ma conviene molto più dire il contrario; e per la verità anche molte donne le pensano queste cose, e sono pochissime quelle che le dicono. Vabbé come spesso accade vorrà dire che sarò impopolare.
Riflettevo – dicevo – su questa cosa delle quote, e mi fa molta specie che si pensi a questioni percentuali, a quote riservate o peggio ancora "minime garantite" e che il solo criterio sia "una proporzione di genere" e non di merito.
Premetto: per me non c'è alcun problema anche all'80% di donne; non vedo perché non dovrei votare una donna valida e preparata (e ne conosco a bizzeffe più degli uomini) o perché, in assenza (teorica) non sia un bene – anche per le donne – che ve ne siano meno. Credo che in questo consista la "vera parità di genere".
Però vorrei estendere una considerazione, che non è solo una provocazione.
Visto che andiamo per quote proporzionali, la Costituzione, negli stessi articoli che ricordano coloro che sostengono le quote, chiede e impone una eliminazione complessiva e totale delle barriere di genere, di religione, razza, colore...
E premesso che io appartengo alla categoria peggiore, ovvero maschio e pure etero, mi piacerebbe estendere la questione quote ad un nuovo proporzionalismo, non più su base del pensiero politico (che non ha razza, colore e religione e sesso) ma su quello socio-demografico.
Se l'idea delle quote rosa è "obbligare ad una quota rappresentativa di una parte enorme della società", perché non rispettare le quote delle minoranze? Vorrei quote gay, quote lesbo, quote trans... certo, sia chiaro, in maniera direttamente proporzionale alla percentuale di popolazione rappresentata.
Però poi vorrei anche – come si fa con le minoranze linguistiche e transfrontaliere – quote di cattolici, ma anche di ebrei, neri, gialli, rossi, musulmani, ortodossi, copti, valdesi (e mi scuso per le involontarie omissioni)...
Cioè, perché "le donne si" e i gay no?
E perché i limiti sono solo cromosomatici e non anche di rappresentanza religiosa, che implica anche valori e modi di vedere il mondo?
E poi perché non fare quote percentuali rispetto alle fasce d'età della popolazione?
Anche questo è un criterio di rappresentatività sociodemografica della popolazione, da integrare con qualche complesso algoritmo con tutte le altre quote.
Ecco, se da un lato le "quote" mi danno l'idea di aree protette da riservare a razze in via di estinzione, dall'altro il principio della quota – a mio modo di vedere – crea in sé una ontologica diseguaglianza verso le altre categorie di "quote non contemplate".
Con questo non voglio minimamente entrare nel merito della questione che qualcuno ha posto della "costituzionalità" di riservare a qualcuno una quota, che quindi sarebbe in sé una iniqua disparità verso gli altri. La mia è una semplice riflessione atecnica agiuridica ma se possibile di buon senso, o almeno di senso etimologico e sociale.
Perché se una rappresentanza passa per quote garantite, non solo credo si perda il senso vero della "parità di condizioni di accesso per tutti i cittadini senza distinzioni..." ma soprattutto si perdano valori altrettanto importanti come merito, ricambio generazionale, preparazione, formazione.
Anche perché poi, di quota in quota, e ragionando per quote, non vedo perché una donna semmai lesbica e musulmana dovrebbe votare per un uomo etero e cattolico, ma non nel senso di "cosa sceglierebbe", ma nel senso che proprio avrebbe titolo a votare solo rappresentanti del suo sottinsieme...
E questo è anche un altro tema. La costituzione dice che tutti gli eletti rappresentano tutti, senza vincoli di mandato. E allora mi chiedo le quote in sè, non sono "un mandato parziale" di appartenenza e rappresentanza di genere?
Emendamenti a parte, legge elettorale a parte, credo che questo sia il piano e il tema su cui sarebbe utile – ripeto al di là della contingenza – che senza preconcetti, schemi, demagogie e opportunismi, ci interrogassimo tutti, serenamente.
P.s.
In tema di strumentalizzazione della donna, a me resta lo strano retrogusto che questa battaglia - politicamente anche legittima, ma culturalmente meno - sia un'ennesima strumentalizzazione ed "uso" del tema femminile in chiave politica parlamentare, nel senso di antigoverno, antirenzi, anti... ed anche questo temo non sia un bel gesto verso le donne...