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Michele Di Salvo
07 Jan

La Camorra al Nord

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  camorra, Campania, Nord, mafia

La Camorra al Nord

Le dichiarazioni di Cermine Schiavone del settembre 2013 hanno riportato l'attenzione sull'emergenza ambientale in Campania, e soprattutto in quelle aree dove i casalesi hanno da sempre avuto forti interessi economici nel circuito dei rifiuti. Un'attività che si fonda su alcuni pilastri fondamentali: il regime emergenziale, che amministrativamente garantisce deroghe continue alle norme in materia e spesso elide le gare d'appalto, l'interesse collusivo di parte dell'imprenditoria, allettata da facili, alti e immediati guadagni, e il controllo capillare del territorio, con inflitrazioni ovunque soprattutto nei livelli più bassi dell'amministrazione e della politica locale, consentendo coperture difficilmente percepibili dall'opinione pubblica. È bene poi ricordare che il regime emergenziale riguarda anche una seconda, successiva, area di interesse economico, quella relativa alle bonifiche. Al disastro ambientale che conosciamo hanno contribuito soprattutto le gravi omissioni di controlli che hanno reso possibile sversare in discariche gestite da società riconducibili alla criminalità organizzata, ogni genere di rifiuto tossico.
La camorra, dopo aver smaltito per vent'anni in regime di semi-monopolio al sud i rifiuti prodotti al nord, rimodulando le dinamiche ha iniziato a smaltire rifiuti campani altrove, ad esempio in Toscana o in altri Paesi, come emerso da indagini che hanno messo in luce sinergie criminali italo-cinesi.
Estorsioni, usura, appalti pubblici, contraffazione e narcotraffico continuano a rappresentare le maggiori fonti di guadagno dei clan. Un fenomeno parzialmente nuovo che sta suscitando interesse nelle organizzazioni criminali è l'attività dei "Compro Oro", utilizzata per finalità di investimento, riciclaggio, e soprattutto di copertura di altre attività come usura e proventi illeciti del gioco d'azzardo e delle scommesse, in cui i clan, in particolare quelli del casertano, guardano con interesse e che spesso gestiscono anche attraverso sofisticate tecnologie informatiche.
In questo caso la sinergia – anche stavolta internazionale – è con le mafie cinesi e soprattutto bulgare e rumene, già note per i sofisticati sistemi di clonazione di carte di credito e bancomat.
Il condizionamento di interi settori dell'economia – spesso legata a forniture e appalti pubblici - è favorito dalla crisi economica: le piccole imprese in difficoltà si rivolgono alla criminalità organizzata per acquisire liquidità. Gli interessi usurari che gli imprenditori sono costretti a pagare diventano costi insostenibili, determinando spesso l'acquisizione delle imprese, in via diretta o indiretta, da parte dei clan. L'inserimento nel settore degli appalti si accompagna, secondo precise sinergie di sistema, al condizionamento degli enti locali, un dato evidente dalle crescenti gestioni commissariali, e dai decreti di scioglimento dei comuni.

In Lombardia i clan sono interessati alla penetrazione e all'inserimento in settori imprenditoriali e al reinvestimento di proventi illeciti, mantenendo generalmente un basso profilo. Dalle più recenti indagini sono risultati attivi nella regione diversi gruppi: la famiglia Di Lauro, il gruppo Nuvoletta, la famiglia Laezza, legata al clan Moccia di Afragola, un gruppo che fa riferimento al clan Di Biase-Savio. È emerso, inoltre, l’interesse del clan dei casalesi e del gruppo Belforte di Marcianise nel settore del gioco, e la presenza del clan Fabbrocino e del clan Gionta.

In Liguria la presenza della Camorra è rilevante nella città di Genova, dove è attiva nello spaccio di sostanze stupefacenti, nel levante ligure nell’ambito dell’edilizia, degli autotrasporti, dell’agricoltura in serra mentre a Sanremo è dedita prevalentemente al riciclaggio e al traffico di merce contraffatta. Non sono secondari interessi precisi non solo nell'attività portuale di genova e La Spezia, ma anche la vicinanza con la zona di confine di Ventimiglia verso la Francia ma anche verso il Principato di Monaco.

In Emilia Romagna le principali organizzazioni criminali operano pacificamente sul medesimo territorio, talvolta stringendo patti per la conclusione di affari nei settori maggiormente remunerativi. La ‘ndrangheta si dimostra, insieme al clan dei casalesi, la realtà criminale più incisiva. Seguono altri clan camorristici presenti nella provincia di Modena e in Romagna, mentre in Romagna il riciclaggio è favorito dalla vicinanza con la Repubblica di San Marino.
La camorra risulta particolarmente attiva in provincia di Modena, benché recenti indagini rivelino un apprezzabile spostamento verso la sponda romagnola. La presenza dei casalesi sul territorio è in aumento e, negli ultimi anni, la magistratura ne ha più volte sottolineato la pericolosità. Si tratta di compagini criminali poco strutturate, sotto-gruppi vincolati da un legame stringente con i clan campani di provenienza. Senza alcuna ambizione di egemonia, spesso stringono affari con esponenti di altre organizzazioni criminali (calabresi o siciliane) con le quali operano soprattutto nell’ambito del gioco d’azzardo e delle estorsioni. Con l’operazione Vulcano del febbraio 2011 i carabinieri del ROS di Bologna hanno tratto in arresto soggetti appartenenti a tre clan camorristici diversi: i casalesi afferenti a Nicola Schiavone, i Vallefuoco di Brusciano e i Mariniello di Acerra. La peculiarità del sodalizio criminale che ne è emerso sta nel fatto che questi clan sono tra loro in conflitto in Campania, ma in Emilia Romagna risultano compartecipi in affari illegali. Numerose indagini hanno accertato il crescente coinvolgimento di professionisti compiacenti e la diffusa tendenza a creare schermi societari per dissimulare la reale titolarità delle aziende. Tali attività vengono "sostenute" da metodi mafiosi per imprimere una maggiore forza penetrativa nel tessuto economico. Nella regione si registra anche la presenza del clan Sarno, nel bolognese ed in provincia di Parma, del clan Moccia, nella provincia di Bologna, e del sodalizio criminale Nuvoletta-Poverino operante tra Forlì e Cesena.

Il tessuto economico del Veneto risulta essere particolarmente attrattivo per i gruppi criminali perché caratterizzato da piccole e medie imprese, un alto tasso di industrializzazione e da una fitta rete di sportelli bancari. Il Veneto, inoltre, costituisce un potenziale snodo strategico per i traffici illeciti, interni e internazionali, dal narcotraffico al traffico illecito di rifiuti.
Tra gli anni ’70 e ’90, molti boss di Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta vi sono stati inviati al confino. Si pensi a Salvatore “Totuccio” Contorno, al boss ‘ndranghetista Giuseppe Piromalli oppure ad Anna Mazza, appartenente al clan Moccia di Afragola e conosciuta come la “vedova della camorra”. Oggi diverse operazioni di polizia hanno dimostrato una presenza vivace della criminalità organizzata e, in particolare, della camorra, presente soprattutto nelle provincie di Venezia e di Padova. La prevalenza di sodalizi campani rispetto ad altre forme di associazionismo mafioso, si riflette anche sulla natura e sulle modalità di infiltrazione, configurato come delocalizzazione di specifiche attività. Come riscontrato in altre regioni del Nord Italia, nel Veneto elementi riconducibili alla criminalità organizzata campana, in prevalenza soggetti legati al clan dei casalesi, sono attivi nell'infiltrazione nell'economia legale, rilevando o avviando ditte operanti nei settori del recupero crediti, alimentare e tessile.

In Friuli Venezia Giulia nel corso degli anni è stata riscontrata la presenza di soggetti riconducibili alla mafia siciliana, alla camorra, alla ‘ndrangheta calabrese e a sodalizi pugliesi.
La collocazione geografica della regione, il peculiare tessuto socio-economico e la piccola imprenditoria che caratterizzano l’economia locale costituiscono un’attrattiva per gruppi criminali. Il Friuli ha così assunto un ruolo strategico “di secondo grado”, diventando una sorta di area di transito in prossimità del confine con la Croazia e la Slovenia, ma anche uno snodo importante per i traffici illeciti, soprattutto via mare, che ha visto particolarmente coinvolte la città di Trieste e il comune di Monfalcone. L’arresto di diversi latitanti, affiliati a gruppi criminali di diversa provenienza: cosche campane, clan calabresi o gruppi di origine pugliese, induce a ritenere che la criminalità organizzata consideri il Friuli Venezia Giulia un luogo sicuro dove cercare rifugio, una regione in cui è agevole, anche per la disabitudine locale a confrontarsi con il tema, allestire proprie “reti di assistenza”. La predominanza storica è della camorra, particolarmente interessata ad operare nella zona di Trieste, nel comune di Monfalcone e sul litorale udinese.

In Trentino Alto Adige le diverse forme di criminalità organizzata, hanno adottato una strategia di infiltrazione “leggera”, mantenendo il classico basso profilo, che non si esprime solo nell’assenza di locali. La posizione geografica della regione gioca un ruolo strategico e di attrazione in quanto collocata in prossimità del confine con la Svizzera e proiettata verso il centro dell’Europa.

In Toscana sono da tempo presenti propaggini di organizzazioni criminali di origine campana con interessi diversificati in vari ambiti, quali estorsioni, usura, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, gestione di scommesse e bische clandestine. Le indagini hanno evidenziato la propensione al riciclaggio nel settore immobiliare, nella costituzione e/o acquisizione di attività imprenditoriali riconducibili all'edilizia e al turismo. Inoltre, la regione figura tra quelle dalle quali sono stati inviati rifiuti tossici in Campania. Nella regione sono, da tempo, presenti affiliati a due clan originari di Ercolano, i Birra-Iacomino e Acione-Suarino, il cui percorso criminale è iniziato con la vendita degli "stracci" nel mercato "Resina" di Ercolano: sono proprio gli interessi illeciti legati a questo settore che fanno da sfondo a diverse operazioni condotte a loro carico per attività gestite in Toscana, anche in associazione con società legate alla mafie cinesi, operanti sia nel settore tessile, che nel settore della contraffazione.

Nel Lazio si conferma una radicata presenza storica delle organizzazioni criminali campane nelle province del basso Lazio e nella capitale, terreno fertile sia per gli investimenti e il riciclaggio, sia quale rifugio ideale per i latitanti, data la contiguità con la regione d'origine. Oltre al traffico di stupefacenti, usura, estorsioni, le indagini hanno dimostrato l'esistenza di infiltrazioni in svariati settori economici, quali edilizia, appalti, grande e media distribuzione di prodotti ortofrutticoli, ristorazione, settore turistico-alberghiero, agenzie portuali, gestione di esercizi commerciali, concessionari di auto, poste in essere sia attraverso la costituzione di imprese ad hoc, sia attraverso lo schermo di società già esistenti sul mercato, acquisite con la complicità di professionisti di settore. Di recente i clan hanno dimostrato anche interesse ad acquisire attività di compro oro e sale giochi. Nel settore del traffico di stupefacenti destinate alla Capitale si è ulteriormente rafforzato il clan Senese, collegato con il clan Moccia di Afragola, presente in varie zone di Roma con interessi che spaziano dagli stupefacenti agli investimenti commerciali. In provincia di Latina si registra la presenza di gruppi criminali eterogenei non solo campani ma anche calabresi, che mediante "patti" collaborativi, mirano al controllo di molteplici attività economiche e al condizionamento delle amministrazioni locali. A Frosinone è confermata la presenza dei clan casertani Esposito, Belforte e Setola e napoletani Licciardi, Di Lauro, Gionta, Gallo, dediti a traffici di stupefacenti, estorsioni, riciclaggio, illecito smaltimento e trattamento dei rifiuti tossici e speciali. Nella provincia di Viterbo sono state rilevate presenze di soggetti legati ai clan Mazzarella di Napoli e Veneruso-Castaldo di Sant'Anastasia.

Il quadro che emerge, complessivamente, è di un'evoluzione sia della strategia che delle atività dei clan camorristici. Se in un primo tempo – anni ottanta e novanta – i clan si rivolgevano al nord per impiegare i propri proventi illeciti, riciclare denaro, ed espandere le proprie attività di traffico di stupefacenti, attualmente lo scenario appare mutato.
L'intensificarsi dell'attività investigativa e di repressione nelle aree di origine ha portato ad uno spostamento delle aree di azione criminale fuori dal territorio regionale: non più un "pendolarismo criminale" quindi, quanto un'attività di collocazione e azione in pianta stabile.
Piccoli comuni, economie attive e mediamente ricche rispetto alle province campane, mancanza di conoscenza e affinità con il fenomeno del crimine organizzato, scarsa attenzione sociale e mediale, facile organizzazione del micro-consenso politico, sono stati l'humus che ha consentito un'infiltrazione criminale capillare.
Gli affiliati dei clan camorristici stanziatisi nelle regioni settentrionali hanno stretto negli ultimi vent'anni alleanze criminali fondate sulla "specializzazione" delle reciproche attività: se al nord il controllo del territorio con le attività di tipica matrice mafiosa legata al controllo del territorio sono tipiche della 'ndrangheta, ampi spazi sono lasciati ai clan camorristici e mafiosi – con cui vengono divisi i proventi – nelle attività di spaccio degli stupefacenti, dell'usura, della commercializzazione di merci contraffate e soprattutto del traffico dei rifiuti.
Alleanze strategiche sono state strette con organizzazioni criminali sovrannazionali, e in particolare con quelle cinesi, rumene, bulgare, russe, e ultimamente asiatiche, come quella indonesiana e thailandese. I clan camorristici hanno sostanzialmente il controllo delle attività portuali con infiltrazioni preponderanti a Genova, Civitavecchia, La Spezia ma anche Venezia, Gorizia, Trieste. Una strategigicità che li pone in una posizione di primo piano non solo per i traffici di strupefacenti e di merce contraffatta, illegale o di contrabando, ma anche per lo smaltimento di rifiuti tossici, traffico d'armi e clandestini, in particolar modo quelli di origine asiatica destinati ad alimentare le attività del settore tesile e della contraffazione.

Il Roma - 28 e 29 dicembre 2014Il Roma - 28 e 29 dicembre 2014

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