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Michele Di Salvo
16 Feb

Il rischio infiltrazione nei partiti politici - il caso Campania

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Campania, camorra, PD, partito democratico, primarie, partiti, Democrazia

Il rischio infiltrazione nei partiti politici - il caso Campania

L'interesse di infiltrazione nella politica da parte di pezzi di criminalità è un fenomeno che va compreso. Qual è l'interesse effettivo ad una infiltrazione? Se non comprendiamo questo, si perde di vista tutto il resto. La criminalità organizzata agisce ed ambisce ad essere e funzionare come una vera e propria istituzione. Chiariva in modo estremamente efficace Paolo Borsellino "Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d'accordo".
Alla criminalità organizzata interessa entrare nella gestione politica e amministrativa per svariate ragioni quasi tutte rientranti nel "controllo del territorio" in senso lato.
Intanto per "dimostrare" che condizionando la vita politica e amministrativa di fatto "è più potente" dello Stato, che invece di certo non può fare la stessa cosa nello stesso modo con la stessa incidenza.
Da un punto di vista economico la criminalità organizzata ha un interesse preciso nelle amministrazioni locali per svariate ragioni: condizionare appalti, aggiudicarsi gare, ma anche gestire direttamente e indirettamente parte del mercato del lavoro, condizionando assunzioni in municipalizzate, partecipate o aziende vincitrici di appalti nei servizi.
Per restare in ambito economico, avere un piede nelle amministrazioni consente minori controlli ad esempio nelle proprie attività, o maggiori facilitazioni nell'ottenere permessi (ad esempio edilizi) o successivamente nella loro regolarizzazione. Un interesse peculiare è rivolto ai subappalti – spesso gestiti anche in ambito di grandi opere in concertazione con gli enti locali territoriali – di cui Francesco Barbagallo ha spiegato essere un “mercato protetto: protetto da prezzi remunerativi fissati al di fuori di qualsiasi meccanismo concorrenziale e protetto dalla possibilità di avvalersi impunemente di un tessuto di piccole imprese irregolari e di lavoro nero, con ribassi sui prezzi prefissati che arrivano fino al 40-50%. I subappalti, affidati a prezzi stracciati, finivano per lo più nelle mani di imprese camorristiche, con ampio giro d’affari e necessità di riciclare e investire capitali. La qualità dei lavori era bassa come la quota che restava alle aziende che eseguivano effettivamente le opere”.

Un giro d'affari particolarmente redditizio che – attraverso il controllo delle amministrazioni locali – pone le aziende sotto il controllo o colluse con i clan in una posizione anche economico-finanziaria di enorme vantaggio rispetto alle aziende che operano nella legalità.
Queste ultime per altro vengono spesso soffocate da un sistema di accesso al credito particolarmente strozzante e oneroso, specie al sud, laddove le aziende legate ai clan hanno difficilmente problemi di risorse economiche, potendo contare sulle risorse provenienti dai traffici illeciti. Anche laddove poi vi sia una possibilità di concorrenza, è facile che il monopolio territoriale delle attività di movimento terra o di fornitura di materiale cementizio di fatto renda le aziende sane clienti di quelle "meno sane".
Tutto questo riguarda l'edilizia, ma anche le attività economiche-commerciali. Si pensi ai "compro-oro" piuttosto che pub, ristoranti, lidi balneari, attività commerciali, e il mondo della distribuzione e logistica locale. E queste considerazioni aprono ad un tema relativamente nuovo e più sofisticato anche per quanto concerne ad esempio il pagamento del famoso pizzo: attraverso le fatture "gonfiate" delle forniture, di fatto, è possibile autoriciclare e paradossalmente "fatturare" e rendere poco dimostrabile anche questa forma di entrata illecita.
[Solo per fare un esempio, già nel 1998 ad esempio Claudio Pappaianni rilevò che "stranamente" nella zona orientale di Napoli non si trovava "una certa marca di cornetti" perché tutti i bar avevano "un altro e un solo fornitore" che trattava altri prodotti perché (ad esempio) la "distribuzione" della "concorrenza" sul territorio era nelle mani dell'azienda del cognato del boss della zona e quindi non c'era alcuno spazio per la concorrenza. - Racconta Claudio "il titolare di un bar, oggi defunto, mi disse: "Sono andato personalmente a comprare gelati alla ditta ma quando andai a fatturare si rifiutarono di darmeli".]
Del resto che dalla fine degli anni novanta nascesse la stagione dei centri commerciali spesso costruiti da importanti aziende settentrionali lo aveva scritto anche Raffaele Cantone, e lo stesso Barbagallo ricorda che il CIS (Centro Ingrosso Sviluppo Campania) al principio degli anni ’80 godeva “del solerte impegno e della rassicurante protezione di Carmine Alfieri”.
Se poi a tutto questo aggiungiamo i casi di collusione di alcuni funzionari di banca, che mentre rifiutano un fido "suggeriscono" alcune finanziarie dove "scontare assegni" o avere maggiore facilità di accesso al credito (a tassi decisamente fuori mercato) il quadro del controllo territoriale è abbastanza chiaro.

Partire dal comprendere questi interessi, che possono anche essere più o meno noti, aiuta però a comprendere come e sino a che punto ci sia un interesse strategico, e spesso sopravvivenziale per i clan alla partecipazione attiva – più o meno diretta – alla vita politica e amministrativa.
Del resto, l'interesse ad avere "voti facili" o una sorta di "garanzia di elezione" da parte di alcuni candidati è facile intuirla. E spesso anche chi non viene eletto, grazie al suo "pacchetto di voti" resta comunque influente o può ottenere incarichi. E i casi non mancano.
In questo entra una strana psicologia che spesso aiuta alcuni candidati a "lavarsi la coscienza con se stessi" nella presuntuosa idea che "intanto li uso" per arrivare, tanto poi "li gestisco". Infondo, cosa vuoi che sia, e cosa vuoi che mi chiedano. E infondo, visto in questi termini, il massimo effetto descritto – che pure è più devastante di quanto non si immagini – è la penetrazione con qualche consigliere e qualche assessore in qualche comune.
E tuttavia uno dei requisiti dell'infiltrazione criminale è quella della "misurabilità" dell'intervento, che ai tempi delle preferenze consentiva strumenti raffinatissimi di controllo e misurazione dei pacchetti di voti in tutte le tornate elettorali, e che oggi invece ha affinato il sistema anche stavolta rendendolo "meno diretto" e quindi meno controllabile e dimostrabile.

Nell'era dei partiti "piramidali" o scalabili, infatti, le cariche elettive superiori alle amministrazioni dei comuni vengono scelte in base al peso delle singole componenti interne ai partiti.
In questa "selezione" della classe dirigente quindi essere "espressione" di un tot di consiglieri comunali, assessori e sindaci è requisito necessario ad esempio per essere inserito in una lista della Camera, alla Regione etc... ma questa conta è anche elemento di controllo e di incidenza nella vita stessa dei partiti, su base locale, provinciale e regionale, anche in quegli organi che, se non hanno nulla o contano poco sul piano amministrativo, hanno un ruolo essenziale sia nel controllo della vita interna dei partiti sia, ad esempio, nell'ultima parola in termini di liste, candidati, sindaci...

Il tema torna di straordinaria attualità con le inchieste su MafiaCapitale, a proposito della quale scrissi: "Ancora una volta una strategia di doppio livello. imporre il controllo del territorio e gestire i traffici illeciti, da un lato, e usare la politica per gestire le attività della città, quelle danno posti di lavoro, rafforzando quindi la propria presenza. è questo il senso dei legami con le cooperative, e la scelta di condizionare "un certo tipo" di appalti, non solo remunerativi, ma soprattutto propedeutici ad un controllo diretto del territorio. Una scelta anche questa mutuata da altre esperienze criminali, come quando i Giuliano di Forcella misero le mani sulle cooperative di ex-detenuti, finendo con il gestire di fato le anagrafi di un esercito enorme e potendo contare sull'appoggio delle loro famiglie. O sul modello con cui la NCO di Cutolo gestiva i territori. Un accesso privilegiato certamente dalla giunta Alemanno, attraverso i molti che ebbero incarichi amministrativi provenienti da militanze nell'estrema destra eversiva. Ma un accesso ancor più sottile se si considera il basso profilo dell'infiltrazione criminale, che non punta più a determinare l'elezione di parlamentari o consiglieri regionali, ma consapevole della rilevanza delle "cariche amministrative minori", come consiglieri comunali e municipali. Laddove da un lato bastano meno preferenze per determinare un'elezione, e dall'altro è più diretta la capacità amministrativa locale e minore l'attenzione degli inquirenti e dei media, essendo posizioni ancora considerate marginali. Eppure sono proprio le somme di consiglieri comunali e municipali che determinano le elezioni alle cariche maggiori, garantendo un accesso più alto alle organizzazioni criminali - semmai attraverso l'attività di prestanome incensurati - e dall'altro di fatto spezzando quel filo diretto che ne può determinare la riconducibilità diretta tra politico e criminale."
Di esempi "empirici" possiamo farne tanti, ma uno sguardo singolo ad alcune vicende, ad esempio della Campania, possono chiarire quanto questa nuova forma di "scalabilità" può essere incisiva ed incidente del percorso democratico. Soprattutto se – e fino a che – momenti selettivi, decisivi per tutti, resteranno nella gestione "associativa" e come momento interno (sino ad un certo punto) di un singolo partito politico.

Novembre 2013, primarie per il segretario nazionale del PD. Il Corriere del Mezzogiorno titola:
"Pd, iscrizioni false e voto bulgaro:l'Antimafia di Salerno apre un'inchiesta. Scoperti pacchetti di tessere senza nome." e l'articolo ben sintetizza l'intera vicenda ripresa da quasi tutti i media, non solo locali, e come afferma il giornale "Il copione è simile a quello scritto quasi due anni fa per il Pdl" - "Il tesseramento del Pd, per la Direzione distrettuale antimafia di Salerno, sembra avere molti punti in comune con quello di fine 2011 dell'ex partito di Silvio Berlusconi. Il pm che indaga sulle tessere sottoscritte dai democratici in vista delle primarie è ancora una volta Vincenzo Montemurro. Il sospetto ancora una volta è il boom di tesseramento in provincia di Salerno, che domenica scorsa ha consegnato una vittoria bulgara a Matteo Renzi, sostenuto dal sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca. Anche il modo in cui è nata l'inchiesta - in cui non compare ancora nessun indagato - sembra calcare le orme delle indagini avviate sul Pdl. Allora si sospettava di legami tra politici e personaggi legati alla criminalità organizzata e l'uomo incriminato, vicino a Edmondo Cirielli, era un imprenditore di Nocera Superiore (entrambi indagati). Oggi, l'Antimafia salernitana punta su un costruttore di Nocera Inferiore, ritenuto vicino a un clan dell'Agro-nocerino-sarnese, perchè durante perquisizioni disposte in passato sono spuntate fuori alcune tessere del Partito Democratico. C'è infatti un altro filone che riguarda decine di tessere originali riferite al 2012 e firmate dall'allora segretario nazionale Pierluigi Bersani. E proprio dall'ex segretario del Pd andranno, nei prossimi giorni, i magistrati salernitani. Per un incontro a Roma sia con lui che con alti esponenti dell'organizzazione del partito. - La denuncia politica, inoltrata alla direzione nazionale del partito di Guglielmo Epifani, su presunti brogli elettorali nei seggi di Salerno città, Pagani, Eboli, Atena Lucana e Nocera Inferiore, ha portato gli inquirenti ad accelerare i tempi. E così, come nel caso Pdl sfilarono negli uffici dell'Antimafia di Salerno, esponenti politici di rilievo come Mara Carfagna e Francesco Nitto Palma, ieri mattina, il sostituto antimafia ha sentito (come persona informata sui fatti) il coordinatore della campagna elettorale di Cuperlo, Patrizio Mecacci. «Ho spiegato come funzionava il tesseramento e ho approfondito le segnalazioni che sono arrivate al partito su tutte le questioni sospette che abbiamo già denunciato ai giornali e alla direzione nazionale». Al centro dell'inchiesta, per il momento, restano i numeri dei risultati delle pre-primarie di domenica scorsa e le tessere bianche trovate nella disponibilità di persone diverse dagli intestatari. Nei centri controllati dai deluchiani ci sono state votazioni militarizzate: un ko tecnico per Cuperlo nei tre collegi del capoluogo: 941-23 (Salerno 1), 1401-26 (Salerno 2) e 224-1 (Salerno 3). In totale 2.566 voti - il 97,12% - rispetto ai 50 di Cuperlo, ai 10 di Civati e ai 16 di Pittella. Sul territorio provinciale la vittoria di Renzi è stata la più alta d'Italia con il 71,36% e 9.225 voti, mentre Cuperlo si è fermato a 2.611 per una percentuale del 20,20%, Pittella al 6,69% e Civati all'1,76%. A Pagani, altro seggio sub judice, il congresso si è concluso con 149 voti per Renzi e nessuno per Cuperlo. I 12.929 votanti registrati hanno fatto della provincia di Salerno la più attiva in Italia, seconda soltanto a quella di Napoli con 18.144 elettori. Ma Salerno conserva anche il primato sui tesseramenti: ha più tesserati di Roma città (10.377) o della sua provincia (11.177). Questa larga partecipazione ha insospettito gli inquirenti che, in realtà, già erano sulle tracce del tesseramento Pd."

Allarga lo spettro di quella vicenda Libero che riporta il 23 novembre "Non c'è stato congresso Pd che non sia stato preceduto dalle polemiche sulle tessere fantasma. E anche questo che si sta per aprire non è da meno. Tanto che la commissione nazionale dei democratici ha inviato ispettori da Torino a Catania per verificare "il rispetto della regole", mentre fioccano i ricorsi che denunciano brogli nel voto dei circoli in vista dell'elezione dei segretari provinciali. Insomma, niente di nuovo. Il problema è che questa volta, rivela Repubblica, c'è stato un boom di tessere che ha toccato punte del 400% in più rispetto all'anno scorso. A Lecce, ad esempio, racconta Antonio Fraschilla, i numero di iscritti è arrivato a quota 15mila, il doppio cioè degli anni scorsi. A Torino , dove il massimo che si era raggiunto era 10mila iscritti, sono state fatte già 25mila tessere. Lo stesso vale per Caserta, Piacenza e Palermo. A Ragusa sono stati addirittura chiusi due circoli nati nel 2013 (gli unici che facevano riferimento al segretario uscente e ricandidato Giuseppe Calabrese. A Catania, invece, il voto è stato annullato in tre circoli dove in testa era il candidato renziano Mauro Mangano. Il motivo, spiega la commissione provinciale, è che "molte persone si sono presentate accompagnate al voto da soggetti terzi che hanno perfino pagato le tessere". Nel mirino, scrive Repubblica, è finito anche l'ex deputato Gianni Villari, che ha ammesso di aver comprato delle tessere ma solo perché le persone interessate avevano affidato a lui 15 euro per l'iscrizione. Dal canto loro i renziani hanno presentato ricorso segnalando come "alcune tessere siano state distribuite dalla Cgil". L'unica provincia in cui è filato tutto liscio è stata Enna dove ha vinto l'ex senatore Vladimiro Crisafulli, che ha ottenuto 2.150 voti contro i 140 del suo avversario."

Dalle primarie nazionali a quelle per la selezione della classe dirigente locale il passo è breve ed è elemento chiave per discutere i percorsi decisionali che determinano poi ad esempio le candidature nei consigli comunali, i sindaci, gli assessori, e i consiglieri regionali... In più, va ricordato, sono proprio gli organi locali quelli che per statuto sono anche quelli preposti alle verifiche, a sciogliere i ricorsi, a valutare le irregolarità.
Per restare in Campania il 16 febbraio 2014 è il candidato alla segreteria regionale Guglielmo Vaccaro a sollevare la questione. Per sintetizzare questa volta cito un articolo di Repubblica dal titolo "Primarie Pd, Vaccaro: "Pericolo di brogli" - "Il deputato del Pd, Guglielmo Vaccaro, che sta occupando la sede del partito a Salerno, denuncia "gravissime irregolarità" nel voto per le primarie per il nuovo segretario regionale della Campania. Ed elenca una serie di episodi: "non è possibile che voti una persona ogni 25 secondi come accaduto finora a Capaccio, in provincia di Salerno, dove già 1000 persone si sono recate alle urne".
Il Corriere del Mezzogiorno aggiunge "È durato un'ora il colloquio tra il deputato del Pd, Guglielmo Vaccaro, ed il pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno, Vincenzo Montemurro, che la scorsa settimana aveva consegnato al parlamentare un invito a comparire dopo le voci di presunti brogli e minacce registratisi nei seggi elettorali di alcune località del Salernitano, in occasione delle primarie regionali di partito per l'elezione del segretario campano. Vaccaro, che, in segno di protesta per sette giorni aveva occupato la sede provinciale del Pd di Salerno, avrebbe riferito di essere stato informato dai suoi rappresentati di lista dell'allontanamento di questi ultimi da alcuni seggi in malo modo, con urla e minacce. E di aver raccontato al pm anche altri episodi ritenuti sconcertanti. Uscendo dal Palazzo di giustizia il deputato del Pd ha detto:«Ci sono sintomi di intolleranza alla democrazia che sono devastanti»."

Il fenomeno interessante in queste vicende è che, seppure denunciate da persone autorevoli almeno all'interno dei partiti, e nonostante abbiano avuto un'ampia eco sui media, e nonostante vi siano stati interventi della magistratura e di "enti specializzati" nelle indagini su alcuni fenomeni (ad esempio la Dia di Salerno), poco o nulla è stato chiarito dagli organi di partito.
A leggere anzi i verbali dei vari ricorsi si ha quasi l'impressione di "voler lasciar correre", di non approfondire, di "non volerci entrare". Come nel caso ultimo della lunga sequela di ricorsi presentati in Liguria, sui quali commentai:
"Leggevo il verbale della commissione di garanzia in Liguria. Quanti lo hanno fatto? Quanto è triste leggere “il voto del seggio viene annullato” - annullando così anche il voto di tanti cittadini per bene che lì avevano espresso una preferenza. Ma è anche più triste leggere dei tantissimi casi in cui è scritto “il Collegio dichiara il non luogo a provvedere” o perché “non essendo sufficienti gli elementi forniti per deliberare su eventuali violazioni” - e io dico, e tu che ci stai a fare? Cercali e verificali! - o perché “ Nulla risulta dal verbale” - e che ti aspetti? Che uno nel seggio fa un'irregolarità e semmai la mette o consente che venga scritta a verbale? - o anche come ad Albenga “Non risultano allo stato elementi sufficienti per procedere ad annullamento. Sono in ogni caso in corso accertamenti da parte dell’Autorità Giudiziaria. Ciò premesso, il Collegio decide il non luogo a provvedere.” cioè, interviene l'autorità giudiziaria, e tu comunque consideri valido quel voto e non lo congeli (al limite, se proprio non vuoi annullarlo)?"

Vanno qui chiariti almeno due punti.
Il primo riguarda la peculiare vulnerabilità ed esposizione a questi fenomeni del Partito Democratico, per almeno tre ragioni: la prima, che è l'unico partito territorialmente e storicamente strutturato, e attraverso le sue varie trasformazioni ha ereditato interi pezzi di altre storie politiche e amministrative spesso incamerandole; la seconda, che è il partito quantomeno percepito come “vincente” e di maggioranza, il che inevitabilmente genera una maggiore attrattiva, che ha poco o nulla di politico, e che abbraccia un trasversalismo opportunista a seconda delle occasioni, dei territori e delle circostanze; la terza, che è il partito che attualmente conta il maggior numero di amministratori locali, e quindi concentra maggiormente alcuni interessi strategici.
Il secondo riguarda la peculiare forma di selezione della classe dirigente e di accesso alle candidature. L'aver scelto la via di primarie più o meno o occasionalmente aperte è un ottimo segno di democrazia, che paga però tutti i limiti di fenomeni importanti (pensiamo a milioni di persone per le primarie nazionali, decine e centinaia di migliaia di persone per le primarie regionali, e così via...) gestiti da una comunità associativa, priva di strumenti terzi, efficaci e efficienti, capaci di un effettivo controllo sia sui flussi di votanti sia sulla loro natura e provenienza.
Ma va anche da sé che proprio perché di massa, questi momenti mettono in luce spesso pubblicamente i casi di “inquinamento” del voto primario, laddove nella vita di altri partiti che scelgono forme di selezione “chiuse” tutto avviene spesso in silenzio, lontani dai riflettori, e anche dal controllo della stampa così come dell'opinione pubblica.

Sempre per restare in Campania, è cronaca di questi giorni quella che ha pubblicato per primo il quotidiano Il Roma il 28 gennaio. “L’ombra delle cosche sulle tessere del Pd” è il titolo dell'articolo a firma di Carla Cataldo che anticipa di due giorni i quotidiani regionali. “L’ombra della camorra sulle prossime elezioni amministrative nel comune degli Scavi. È quanto ipotizzano i vertici del Partito democratico locale che, inaspettatamente, si sono visti recapitare 600 richieste di tesseramento alla sezione del Pd, tutte a vario titolo ricollegabili con il nome di Immacolata Amato, la “lady camorra” che negli scorsi mesi è assorta agli onori della cronaca per il furto di energia elettrica e moglie del boss Raffaele Ascione recentemente deceduto ad Avellino. Su quelle schede tanto contestate è impresso anche un nome eccellente: Carmelo Adamo, il nipote di Immacolata Adamo. Ma richieste di tesseramento sarebbero giunte anche da clan rivale, quello dei Birra che non intendono restare alla finestra in questa tornata elettorale. La camorra si sposta quindi sul terreno della politica. È quanto cercano di accertare i vertici provinciali del Pd che, su segnalazione del segretario locale Antonio Liberti, stanno vagliando i precedenti penali e le parentele dei tanti richiedenti di tesseramento nel maggiore partito cittadino. I clan, è bene dirlo, risultano oramai decapitati dopo le numerose operazioni portate a segno dalla Direzione Distrettuale Antimafia anche con il supporto proprio della politica locale che ha, negli anni, ben dichiarato con atti e progetti da che parte stare. Ma forse è proprio questo il motivo che ha spinto i restanti liberi componenti dei due clan di alzare il tiro contro il potere costituito, lo Stato e le forze dell’ordine. Provare a controllare le attività amministrative dall’interno è evidentemente apparso ai nuovi detentori dei clan l’unico modo per evitare che ulteriori operazioni possano estirpare definitivamente il cancro ercolanese, quel giro di affari che impedisce alla città di essere ciò che avrebbe tutte le potenzialità per essere: una capitale del turismo dove eccellenze enogastronomiche ed artigianali trovino il proprio spazio per affermarsi ed essere apprezzati dai turisti che non verrebbero più in città per visite mordi e fuggi e magari scortati o messi in guardia da eventuali scippi, rapine o di inoltrarsi tra i vicoli della città vecchia: quella Pugliano che in qualsiasi parte del mondo costituirebbe una delle maggiori attrattive locali e che invece continua a rappresentare la maggiore piazza di spaccio del città degli Scavi."

Repubblica 31 gennaio riprende la notizia “Nella città dello straordinario patrimonio archeologico, è in corso un’indagine «conoscitiva» sul rischio infiltrazione delle cosche nelle consultazioni. Accertamenti dei carabinieri, d’intesa con la Procura. In quelle liste spiccano cognomi che fanno tremare, legati a cosche pericolose, ancorché decapitate, del cartello criminale. I Papale, i Birra, gli Zirpoli, i Durantini. Trentasei cognomi sotto la lente. Distribuiti, per qualcuno nascosti, lungo 132 fogli zeppi di nomi e indirizzi. Sono liste che scottano per due motivi, entrambi da approfondire. Il primo: la velocità con cui quella platea di richieste di adesioni ai democrat sono schizzate a dicembre, proprio sullo scadere della chiusura dei termini, dai quasi 300 a 1213 iscritti: circostanza che si spiegherebbe con il fatto che, a termini chiusi per le primarie, in segreteria regionale si è deciso di alzare il quorum e cambiare il regolamento: in pratica, per partecipare alle primarie non occorreva più che si presentassero il 30 per cento degli iscritti al termine del 2013, ma ci voleva il 30 per cento degli iscritti del 2014. Quindi, chi aveva presentato appena 35 firme e s’era visto candidato, come Buonajuto, aveva dovuto rincorrere altre firme. Altro elemento: la presenza di cognomi che pesano, che apparterrebbero a parenti di boss, e killer. Nelle liste compaiono i nomi e soprattutto gli indirizzi di 4 elementi della famiglia Durantini, 2 dei Birra, 7 degli Adamo, uno dei quali, Carmelo Adamo, è il nipote diretto della moglie del boss al 41 bis, Raffaele Ascione, poi detenuto e morto nel penitenziario irpino. Non solo: vi compaiono 3 soggetti dei Papale, il cui indirizzo è inequivocabile. Accanto ad alcuni iscritti è segnato «vico Moscardino»: è da quel vicolo che partirono alcuni commandi di killer. Altri nomi sospetti: gli Zirpoli, killer e capicosca, protagonisti di una stagione di terrore inflitto e subìto: uno dei loro figli, appena 16enne, fu ucciso per vendetta. Vicenda «delicatissima », si limitano a confermare fonti investigative. Il caso Ercolano arriva dopo il caso di Castellammare nel 2009: tra gli iscritti c’era uno dei presunti killer del delitto Tommasino."

È il 12 febbraio e Antonio Elia anticipa sul sito del quotidiano La Città di Salerno: "La denuncia ad Eboli, «tessere fasulle nel Pd. Ora bloccate le primarie»" e aggiunge "Acque sempre più agitate nel Pd a 24 ore dalla presentazione ufficiale delle candidature alle primarie del prossimo 8 marzo. La bordata all'impianto democrat arriva direttamente da Damiano Capaccio che chiede la sospensione delle consultazioni interne per sospetti brogli. «Le candidature per le primarie del Pd devono essere sottoscritte da 50 tesserati dell'anno 2013 - sottolinea sul suo profilo Fb il noto medico ebolitano - così finalmente si è scoperto che nel 2013 il Partito democratico commissariato e senza sezione in un solo giorno a tavolino ha tesserato 1773 cittadini di cui 82 di cittadinanza bulgara e rumena». Continua Capaccio «Esiste un problema di legalità che deve essere affrontato sul piano politico e per i malfattori con una risposta giudiziaria». «Sarebbe interessante - aggiunge - rendere pubblico l'elenco per vedere la faccia di molti che a loro insaputa si trovano iscritti al partito e non sanno chi è stato il loro benefattore, un rebus che non li farebbe dormire». «A noi poveri militanti derisi e dimenticati - conclude - non ci rimane che chiedere al segretario provinciale chi ha pagato quel tesseramento e per quale lodevole ragione. Ma non dobbiamo aspettare molto, la vicenda del tesseramento della città di Ercolano non è un episodio isolato, ma un malcostume che frequentemente sfocia nella illegalità».

Scrive Palladino “Pur non avendo seguito il modello mafioso di espansione, la camorra (o comunque le forme criminali presenti a Napoli) dura da quasi due secoli ininterrottamente, con alti e bassi ma lungo un’asse di continuità, di insediamento sociale, di attività, di spazi fisici (...) e nelle attuali condizioni economico-sociali e culturali della città, non sembra destinato a ridimensionarsi: questo è il dato su cui riflettere. La camorra impone di interrogarci sulla città, sulla sua storia moderna, sulle sue condizioni economiche e sociali, sullo spirito pubblico, sulle condizioni civili, sul modo di vivere e di comportarsi di migliaia di persone, delle loro relazioni con il pubblico, con lo Stato. Parla di noi stessi, e del rapporto nostro con lo Stato nazionale, con il mercato e con il concetto di legalità, più di ogni altro fenomeno sociale”.

Il punto è che lo Stato passa dai partiti politici, che sono il filtro originario di accesso alle cariche elettive, e da quelle minori condizionano anche la vita regionale e le liste nazionali, e finiscono con il pesare sulle dirigenze dei partiti.
È impensabile che il fenomeno criminale, esattamente nella stessa misura di quello clientelare, venga delegato allo Stato nella sua funzione ultima repressiva, o in quella intermedia inquirente.
E del resto lo strumento dell'infiltrazione è una duplice arma anche in tal senso. Da un lato di indebolimento della forza e degli strumenti di contrasto attraverso il condizionamento di quei politici che dovrebbero accompagnare e favorire invece la repressione dei fenomeni criminali, dall'altro in termini comunicativi troppo spesso l'idea di "lotta politica praticata per via giudiziaria" diventa alibi e giustificazione cui fa sponda una troppo superficiale e semplicistica forma di garantismo generalizzato e generalista.

Secondo Berni “La grande anomalia della Campania (...) è la presenza di una criminalità organizzata che controlla in maniera capillare il territorio e a differenza, forse, del gargarismo urbano presente in altre regioni europee, ha intorno a sé un certo consenso di massa. Dimensione economica, radicamento sul territorio, capacità di supplenza dell’amministrazione pubblica, reti di complicità, distribuzione del reddito come agenzie del lavoro illegale nelle terre dove il lavoro legale non c’è, fanno delle ecomafie molto più di un’emergenza criminale”.

Ma proprio questa "anomalia" dovrebbe indurre i partiti politici ad un maggiore rigore non tanto e non solo nella selezione della classe dirigente, ma soprattutto nella definizione di regole e codici interni chiari che rendano "sconveniente" non solo il favorire in maniera attiva, ma anche il restare passivi rispetto a certi episodi.

Sino a che un partito politico "attenderà" decisioni di organi di garanzia interni eletti in rappresentanza delle varie "componenti" (spesso anche territoriali) prima di intraprendere un processo sanzionatorio interno (che nulla ha a che vedere con le vicende e le garanzie giudiziarie) sarà sempre più conveniente – anche politicamente – lasciar correre certi fenomeni.

Definire in modo chiaro che se un segretario di sezione "accetta" anche solo la domanda di iscrizione di un noto criminale viene automaticamente sospeso, esattamente come in caso di irregolarità durante una consultazione primaria i soggetti preposti al seggio, o quelli legati al candidato protagonista della vicenda... ecco questi, per esempio, possono essere dei validi deterrenti interni, utili anche a raggiungere un secondo obiettivo.

Al momento infatti "sino a che la commissione non chiude i verbali" non viene comminata alcuna sansione o sospensione, in che in sé è un deterrente anche solo a che venga fatta chiarezza (e sono la stragrande maggiornanza i verbali di contestazione di cui si ignora l'esito definitivo). Se il reintegro dei sospesi fosse condizonato alla chiarezza della vicenda, sarebbero gli stessi protagonisti a richiederla.

Altri strumenti senz'altro utili sono la pubblicità delle liste, di iscritti ed elettori, con la possibilità per tutti i cittadini di un territorio di segnalare anomalie e circostanze legate anche a singoli individui che "sconsiglino" la loro partecipazione alla vita democratica di un partito.

A chiedere quantomeno "un albo pubblico degli elettori, non necessariamente tesserati al partito" era stato anche Guglielmo Vaccaro, uno dei protagonisti dei fatti di febbraio 2014, ma questo che era diventato un "impegno di mediazione" con la segreteria regionale e nazionale è restato una promessa non mantenuta, ma che di fatto avrebbe forse arginato enormemente la cronaca successiva.

Ma queste, e ogni altra decisione concreta non può che passare da una precisa volontà politica di mettere al centro esigenze ormai irrinunciabili di trasparenza e di legalità nella vita dei partiti politici non solo a livello locale ma anche nazionale, comprendendo in maniera chiara la piramidalità della forza di infiltrazione criminale.

Dire con chiarezza che non ci può essere garantismo teorico rispetto al rischio concreto di inquinamento elettorale e della vita democratica interna è fare una scelta di campo, non certo violare pincipi generali del diritto, che in questo caso – come la privacy – perdono la loro natura di garanzia personale per diventare schermo utile alle infiltrazioni ed al condizionamento della selezione della classe dirigente da parte di gruppi d'affari.

Ed è proprio questa anomalia ed eccezionalità che richiede interventi di trasparenza e garanzia atltrettanto eccezionali, e se vogliamo anche anomali.

Nel film di Francesco Rosi - recentemente scomparso - questa era la "gerenza" riferita ai fatti de "Le mani sulla città"

Nel film di Francesco Rosi - recentemente scomparso - questa era la "gerenza" riferita ai fatti de "Le mani sulla città"

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