Facebook e la guerra per le news e la profilazione
Facebook lancia "Instant Articles", una app che permetterà di caricare le notizie (con foto, video, mappe e altri contenuti interattivi) 10 volte più velocemente rispetto allo standard degli articoli cui si accede online da dispositivi mobili.
Le testate che per ora hanno stretto l'accordo - New York Times, National Geographic, BuzzFeed, NBC, The Atlantic, The Guardian, BBC News, Spiegel e Bild - "manterranno il pieno controllo dei contenuti pubblicati e dei loro modelli di business", precisa Chris Cox, chief product del social network. "Stiamo iniziando con solo pochi editori mentre scopriamo di più su come le persone interagiscono con questi articoli. Abbiamo in programma di lavorare a stretto contatto con i nostri partner editoriali per raccogliere feedback e apportare miglioramenti con l'obiettivo di utilizzarli con ulteriori editori di tutto il mondo nei prossimi mesi"
Gli editori potranno sia vendere direttamente pubblicità e incorporarla nei loro articoli, mantenendo così interamente i ricavi derivanti, sia potranno delegare a Facebook la vendita di inserzioni. In questo caso il social network manterrà una fetta degli introiti. Le compagnie media potranno inoltre tracciare dati e traffico sui loro contenuti attraverso strumenti di analisi.
Il social network pubblicherà i loro articoli direttamente sulla sua piattaforma e gli utenti potranno accedervi senza lasciare la bacheca. In cambio per gli editori c'è visibilità ma soprattutto una bella fetta di ricavi pubblicitari.
Sin qui la notizia sugli editori e sui contenuti. Degne di approfondimento sono le dichiarazioni apparentemente marginali. La prima "... scopriamo di più su come le persone interagiscono con questi articoli..." e la seconda "... le compagnie media potranno inoltre tracciare dati e traffico sui loro contenuti attraverso strumenti di analisi." Sia chiaro, non sono novità né prassi che prima non si facevano. Il dato nuovo è che diventa ancora più sofisticato il modo di "conoscere" e tracciare i profili degli utenti nei loro gusti, nelle loro tendenze sociali e politiche, nella scelta di cosa leggere. E questi dati adesso vengono condivisi con i grandi gruppi editoriali, che a loro volta hanno la possibilità di offrire un "prodotto pubblicitario privilegiato" ai propri inserzionisti. non più solo in base ai dati di lettura del proprio sito o del proprio giornale, ma anche in base alla profilazione dei dati di navigazione. Già da due anni Facebook stava lavorando ad un proprio newsreader, che però si sarebbe scontrato con i concorrenti già posizionai sul mercato, senza che fosse chiaro in che cosa questo nuovo aggregatore e lettore di notizie e contenuti sarebbe anche stato unico, appetibile, originale e avrebbe avuto appeal presso gli editori. In qualche modo rimodulando il concetto e integrandolo nel social network, ancora una volta, sono le profilazioni e i dati personali ed i comportamenti digitali di tutti noi il plusvalore che Facebook "vende" e cede per primeggiare nella rete globale. E tutto questo avviene senza che possa essere nemmeno immaginata una normativa - che non solo non può essere nazionale, ma che dovrebbe essere mondiale e globale - a tutela non più solo della privacy, ma anche della identità digitale delle persone in rete.
Già oggi, attraverso strumenti complessi, costosi, sofisticati, è possibile profilare e aggregare persone con la stessa idea politica o tendenza sociale... adesso questo strumento diventa "utility di base" resa semplicissima e offerta sul mercato della pubblicità, ma anche della politica, con nomi, cognomi, legami e amicizie sociali, foto e gusti musicali e alimentari.
Il grande avversario in questa battaglia è Google - anche lui con i propri aggregatori di notizie e con una profilazione da cedere: quella dei dati di ricerca degli utenti, oltre ad una via d'accesso privilegiata al maching tra contenuto offerto in risposta alla ricerca effettuata. Una battaglia entrata nel vivo qualche mese fa quando - caso rarissimo nella storia di BigG - il motore di ricerca aveva dato un mese di tempo per adeguarsi al mobile-friendly, rilasciando anche un tool per "testare" il proprio sito, comprendere dove andasse cambiato, per soddisfare i requisiti dei nuovi algoritmi di ricerca: pena la penalizzazione nelle ricerche. In terza - ben lontana - posizione il gruppo Microsoft, anche lui con un proprio aggregatore, il motore di ricerca Bing, una propria idea di mobile per stare al passo con Apple acquisendo Sony-Ericson, e il proprio aggregatore di news integrato
In sintesi i due giganti americani - Google e Facebook - si contendono il web, intero e totale. Perché chi trionferà nella battaglia sulla codifica della fruizione dei contenuti sarà anche quello che imporrà gli standard al mondo, almeno quello occidentale. E tutto questo in attesa della inevitabile apertura di quei due terzi di mondo - non solo digitale - con i propri giganti fatto di Russia, Cina, India... che sommano un mercato di poco meno di 3 miliardi di persone e un mare di tecnologia che dovrà necessariamente interfacciarsi.