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Michele Di Salvo
23 Feb

Verso le primarie per il sindaco di Napoli

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Napoli, primarie, PD, de magistris

Di seguito i miei tre editoriali sulle primarie del centro-sinistra a Napoli.

4 febbraio - Domenica Lucia Annunziata ha introdotto "in mezz'ora" (tempo e titolo del suo programma) i quattro partecipanti alle primarie di Milano. La cosa che mi ha colpito era la concretezza, il radicamento col territorio, la programmaticità delle proposte e il metterci la faccia comunque all'interno di una casa comune. Poi ho immaginato la stessa cosa fatta sui candidati a Napoli, che ancora non è chiaro chi siano in uno scenario che si sta delineando dopo svariate ipotesi e scenari unitari. E allora capisci che quel divario tra Napoli e Milano non riguarda il verde pubblico, la manutenzione, e nemmeno l'economia locale. Cinque anni fa il pd ha perso, a Milano come a Napoli. Lì hanno avuto Pisapia che ha dedicato cinque anni della sua vita a Milano, ad un progetto, ed ha coinvolto in un dialogo fermo ma concreto tutte le forse di centro sinistra. Con cui ha governato e costruito un percorso e un dialogo comuni. Cinque anni fa a Napoili ha vinto De Magistris, che si è chiuso nelle sue liste civiche che hanno eletto consiglieri con trecento preferenze e ha governato da solo, mantenendo come filo conduttore "il vecchio e il pd sono brutti e cattivi e io faccio la rivoluzione". Figli di quella scelta sono stati l'isolamento di Napoli e la centralità di Milano. In casa Pd lì è stata l'occasione per una discussione interna ed una crescita nel dialogo anche fuori dal partito. Qui questi cinque anni non sono serviti a creare un'alternativa, una classe dirigente, una candidatura credibile, una proposta politica alternativa o inclusiva, ma nemmeno una seria e vera riflessione su quella enorme sconfitta. E mentre lì si discute di chi possa essere un candidato davvero unitario che unisca, allarghi, renda la città partecipe e le scelte davvero partecipate, qui da noi si propongono candidature "alla conta interna delle componenti".
Le primarie – per il sindaco di Napoli – sono la conta interna di chi sta con chi e non per fare che, e sono il trampolino – in base alla logica delle proporzioni che usciranno – delle candidature sicure, blindate o incerte quando mai si voterà per le politiche. E tutto ciò avviene in una città in cui il pd – è bene chiarirlo – non è favorito come a Milano. Anzi. A Napoli si arriva al ballottaggio solo con l'appoggio (imbarazzante per certi nomi almeno quanto lo fu per la Regione) del già pronto mega listone di "centristi" dall'udc al ncd ad ala e amici vari e certamente eventuali.
Abbiamo Antonio Bassolino, padre fondatore del Pd e all'epoca uno di quelli che fece di Napoli il laboratorio di alleanze nazionali, contro cui il Pd ha cercato chiunque: Valeria Valente in quota "giovani turchi" o "neo-renziani" che dir si voglia (ex-assessore e compagna di Gennaro Mola, ex assessore di Bassolino che appoggia quest'ultimo). Aveva promesso di scendere in campo "in caso di candidature politiche Gianluca Daniele (che in caso di pessimo risultato perderebbe ogni velleità di leadership), che però preferisce schierare Marco Sarracino (segretario dei GD, ex civatiano e come tale in direzione nazionale) che non ha nulla da perdere, visibilità da guadagnare e francamente tutta la forza i un volto pulito da spendersi, il che lo rende virtualmente vincitore con qualsiasi risultato interno. Infine abbiamo un sempiterno candidato Umberto Ranieri, che da mesi si accredita di ampi sostegni della società civile e si presenta come uomo di rigore, che comincia surrealisticamente annunciando che presenterà "firme di iscritti al Pd e elettori di centrosinistra non iscritti. Presentando le firme diremo esplicitamente che noi contestiamo l’articolo tre del regolamento". Non male per chi ancora sostiene che nel 2011 ha perso per brogli e che ha sempre detto di essere "uomo del rispetto delle regole".Sono le parole di Enrico Pennella che forse sintetizzano al meglio una situazione interna al limite del surreale: "Si finisce per leggere ed ascoltare di tutto, qualche volta sfiorando perfino il ridicolo. Anche spericolate acrobazie verbali per nobilitare stupefacenti cambi di campo. Non un bellissimo spettacolo. Eppure per recuperare un minimo di equilibrio e buon senso forse basterebbe un semplice sforzo di memoria ricordandosi del proprio recente passato." Sarà l'ennesima sfida e conta interna. Esattamente quello di cui Napoli (e il Pd) non hanno bisogno. Eppure basterebbe guardare a Milano, e a quella ricerca salvifica di un candidato forte, che unisce, che coinvolga davvero i cittadini e che spinga ad una vera ed autentica partecipazione dal basso. Cosa che un partito ridotto a livello locale ad una forbice tra il 16% (comunali 2011) e il 20% (regionali 2015) ha scordato da tempo come fare, e alle volte finanche di dover avere come vocazione.

11 febbraio - Guardiamo alla Clinton e Trump, ci schieriamo come se quelle primarie fossero minimamente paragonabili alle nostre. È un po' come "sognando California" e ritrovarsi nel peggior periodo di Fregene (con rispetto parlando).
La sfida interna al Pd ancora una volta sembra dimenticare che "fuori c'è altro". E questo altro è un sindaco uscente che si attesta comunque intorno al 20% dei consensi. Quota simile a quel M5S indebolito dalla vicenda (ormai telenovela) Quarto, e che sembra aver stretto un patto di desistenza con De Magistris: non tanto per l'uomo in sé, quanto perchè ha compreso che amministrare logora, è difficile, e fa perdere consensi. Da qui la scelta di non candidare chi potrebbe anche vincere (Di Battista a Roma come Di Maio a Napoli).
Ci si dimentica poi di un CentroDestra dato ovunque per defunto, ma che a Napoli ha un solido 30-35% che potrebbe portare Gianni Lettieri quantomeno al ballottaggio. Ma in questo caso ci si affida alla trottola Sommese (assessore e consigiere regionale con chiunque) pronto a mettere insieme una lista centrista (udc, ala, ncd) al fianco del Pd. Perché sia chiaro, senza questo apporto ingombrante, opportunista e imbarazzante, il Pd ha una forbice tra il 16 e il 21% assolutamente inadeguata a qualsiasi velleità di ballottaggi.
In questo clima, con questi numeri e scenari, impazza la pantomima di una battaglia per le primarie che vede protagonisti "la somma di componenti" che appoggia Valeria Valente (ex consigliere, ex assessore e attuale parlamentare), capace di mettere assieme somme di voti per una strana conta interna; Marco Sarracino, unica vera novità, immolato alla causa di Gianluca Daniele, per contare quanto poco conta la sua ormai personale componente. Su tutti Antonio Bassolino, padre nobile del Partito Democratico, colui che ha se non creato almeno tenuto a battesimo la gran parte degli attuali dirigenti che oggi gli fanno in qualche modo la guerra. Lasciato nel dimenticatoio, e ritenuto "finito" politicamente e scaricato da molti, torna ad occuparsi di Napoli con la forza di chi anche giudiziariamente ha risolto tutte le situazioni scaturite da vent'anni di amministrazione incontrastata (anche coraggiosa) in periodi difficili, per la città e la regione.
Io sono tra quelli che ha sempre sostenuto che la candidatura di Bassolino fosse una provocazione "al rialzo", uno stimolo a trovare una candidatura forte, più forte della sua, su cui convergere e cui contribuire. Il PD della conta delle correnti e dei piccoli giochi non c'è riuscito. Ed oggi tocca a lui essere l'avversario da battere, anche se l'unico che sta dimostrando di riuscire ad allargare interlocutori ed elettorato del "suo" pd.
La sua unica, vera e grande, responsabilità politica, tuttavia, risiede proprio in questo: nei vent'anni di governo di città e regione, ed in cui era leader nazionale autorevole e riconosciuto, non è riuscito a creare una nuova classe dirigente capace di riceverne l'eredità. Anzi a dirla tutta quegli anni possono essere ricordati forse come quelli del maggior fratricidio interno.
Come a Milano, e come probabilmente a Roma, anche a Napoli lo sconfitto è "il partito dei renziani", con Renzi segretario indiscusso che non conquista i territori (a Milano Sala vince con 8 punti sulla Balzani, ma a mala pena raggiunge il 42%) che addirittura a Napoli si frammentano in percentuali differenti tra tutti e tre i candidati, senza un candidato proprio,.
Meglio sognare l'Ohio, Clinton e Trump. Da noi resta la realtà di strade da rifare, di mezzi pubblici che non funzionano, di periferie da recuperare, Bagnoli da bonificare, e soprattutto un tessuto sociale da riconnettere. E la ricerca di qualcuno che concretamente sappia entusiasmare un popolo che sembra arreso a dover scegliere tra Masaniello e Borbone.

17 febbraio - Che le primarie siano un momento di confronto, anche acceso, fa parte regole del gioco. Ma che si finisca nel ridicolo pur di dire qualcosa appare francamente ecessivo. Lo dico con affetto, soprattutto all'interno del pd, mio partito, e nei confronti di tanti amici che vedo schierarsi in queste settimane con acceso fervore.
Io personalmente in queste primarie non mi sono schierato. La mia personale vicinanza a Marco Sarracino è nota, e mi considero un bassoliniano prima di Bassolino, da quando come studenti medi occupammo il consiglio comunale per impedire lo scellerato voto del dissesto finanziario proposto dalla giunta Polese, alla campagna difficilissima in quel comitato "Napolicon" a piazza San Domenico. E ho tanti amici che sostengono Valeria (sarebbe difficile non averne visto che quasi ttta la classe dirigente la sostiene).
Come credo molti napoletani pensano, avevamo bisogno di qualcuno capace di far respirare e sognare, che andasse oltre e fosse capace di mettere assieme. Mentre, come purtroppo troppo spesso accade, le primarie si sono trasformate in una sorta di conta interna nei rapporti di forza tra componenti. Tutto questo ci sta pure, a patto che poi non si cada nel ridicolo.
Valeria Valente afferma che nei confronti di Antonio Bassolino c'è stato un giudizio negativo dei napoletani. Tuttavia Bassolino si è candidato quattro volte e per quattro volte ha vinto. Al secondo mandato prendendo sempre più voti del primo. In un partito in cui "tutti hanno una storia e un passato" poi, non parlerei di rinnovamento, e soprattutto non darei colpe "solo" Bassolino se cinque anni fa si è perso con il minimo storico. Perchè qualcuno potrebbe anche dire che perdemmo il comune perchè c'era un giudizio negativo sulla amministrazione Iervolino, di cui Valeria è stata per 4 anni autorevole assessore. Ricordando – in termini di giudizio negativo – i tanti consiglieri pd di quela amministrazione che non vennero rieletti. Che poi tutto questo venga detto da un teatro in cui si afferma essere state presenti 2.000 (duemila!) persone, quando la capienza massima è di 1400 e se aperta solo la platea 850 (e nei teatri i vigili del fuoco è noto che non fanno entrare una persona in più!), francamente...
Il mio non è un "attacco" né personale né politico a Valeria Valente, e certamente le responsabilità politiche di Bassolino non le ho negate, in primis che nei vent'anni di governo di città e regione, ed in cui era leader nazionale autorevole e riconosciuto, non è riuscito a creare una nuova classe dirigente capace di riceverne l'eredità, e che quegli anni possono essere ricordati forse come quelli del maggior fratricidio.
E tuttavia, nella città in cui si butta la spazzatura dai balconi, in cui nessuno si sogna di fare due sacchetti per la differenziata, e in cui molti commercianti pensano davvero di lasciare sacchetti e imballi sul marciapiede in un'improbabile raccolta a domicilio, pensare di attaccarlo sulla vicenda rifiuti (da cui è stato assolto) esplosa dopo vent'anni di incuria e che quindici anni di altri sindaci non hanno risolto del tutto, francamente è quantomeno banale.
Io rifletterei sul perchè il pd che a livello nazionale sta tra il 35 e il 40% da noi è tra il 16 e il 20%. Farei piuttosto questa riflessione, seria e critica, partendo da una forte autocritica di quella classe dirigente che resta sempre in prima fila in questi eventi, che sono sempre più solo una prova di forza e una conta di amici e sostenitori, piuttosto che un momento di dialogo e confronto con la città. E al futuro candidato sindaco mi sento di augurare un risultato diverso in termini elettorali per poter contare sull'apporto di un consiglio forte, che esprima nomi autorevoli, non solo per votare le delibere di giunta, ma anche per "consigliare" l'amministrazione nelle sue scelte.
Perchè il primo punto all'ordine del giorno, chiunque sarà il nuovo sindaco di Napoli, sarà quello di riprendere un dialogo che riconnetta il tessuto sociale con l'amministrazione cittadina, e che finisca uno scontro para-rivoluzionario che serve solo a nascondere i problemi sotto il tappeto. Napoli è una città forte e vitale, ma che può affrotare e vincere le sfide che ha davanti solo tutta assieme e con la collaborazione di tutti.

 

 

i tre interventi sul Roma
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