Bassolino dalla Cina con furore
Antonio Bassolino non si candiderà a sindaco di Napoli. Dopo tre ricorsi tutti respinti l'ex sindaco resta a Hong Kong "per ora in silenzio buddista".
Nessuno che conosca Bassolino davvero, come uomo e come politico (e in lui le due cose si fondono traordinariamente) poteva mai pensare che avrebbe rotto definitivamente con il suo Pd presentando una propria lista per le amministrative, nè come ulteriore candidato, nè con una lista in antitesi. E il Pd avrebbe mal digerito una lista "in appoggio" che di fatto sarebbe stata in competizione, riproponendo una conta interna che non conviene evidentemente in primis al partito democratico.
A differenza di chi "tramite" Sinistra Italiana o come (pare) Ranieri, con liste autonome, insegue un paio di consiglieri in supporto al favorito De Magistris (a proposito, se facesse questa scelta Umberto Ranieri sarebbe sempre nel Pd o qualche commissione di garanzia ne "prenderà atto"?), lui, Antonio Bassolino, fa una seconda scelta poltica forte.
L'uomo del "passo dopo passo" e di una storia costellata di "un passo indietro per farne poi due in avanti" (come insegna la montagna), non offre se stesso come alibi alla quasi certa sconfitta (matematicamente e politicamente) del Pd, dove un traguardo enorme sarebbe, di zerovirgola, arrivare al ballottaggio e non finire adirittura quarti.
E così il vero tema del giorno non è quello che era chiaro, e cioè che Bassolino – che nulla aveva da perdere e nulla ha ancora da perdere – non si sarebbe candidato contro, ma "cosa farà il giorno dopo". Quella "meditazione buddista" che lo porterà a scegliere come tornare da protagonista, rivendicando una sconfitta annunciata come la sconfitta di tutti i suoi oppositori, persone cresciute sotto di lui, con lui, grazie a lui, e che senza di lui non hanno saputo costruire una vera classe dirigente alternativa, facendo perdere oltre un terzo dei consensi al pd di "quando c'era lui".
A lui toccherà, e lo sa, ricostruire un partito che si compatta quando vince, ed apre faide sanguinose quando perde. Un partito che sarà schiacciato da tanti "posti vacanti" di non eletti, non assessori, ex che ambiscono, e tanti meno posti da deputato liberi, quando si voterà. E lui che non ha nulla da chiedere nè rivendicare, potrà essere "il saggio" che ricomporrà.
Non senza togliersi svariati sassolini dalle scarpe di ex, traditori, avversari, scorrettezze subite, e non senza puntare su tanti (e molti nuovi e giovani) che attorno alla sua proposta si sono stretti, e su cui farà bene a contare e investire.
Ed è proprio questo "ritorno" da Hong Kong che il pd campano teme. Ben sapendo che chi ha un passo lungo, il tempo a suo favore, risultati che parleranno per lui, dal silenzio ha solo da beneficiare. L'unica cosa che potrebbe fermarlo sarebbe una vittoria di Valeria Valente. E il meglio che può accadere a Bassolino è che vinca nuovamente De Magistris, per poter definitivamente tracciare un confine tra i due modelli di amministrazione della città. E a guardare le due ipotesi, tutte a suo favore, c'è da aspettarsi un "dalla Cina con furore".