lo scacchiere italiano
Lo scacchiere della politica italiana, che appariva così complicato dopo il risultato elettorale, si va delineando, forse con una addirittura disarmante semplicità.
In due giorni sono stati eletti i presidenti delle due camere. E già questa è una notizia. Sono Roberto Fico, l'unico vero possibile antagonista di Di Maio dopo Di Battista nel Movimento 5 Stelle, ed Elisabetta Casellati, fedelissima di Silvio Berlusconi. Il primo noto come presidente della commissione di vigilanza Rai che ha prodotto il minor risultato della storia della commissione, per il famoso master inesistente messo a curriculum, e per essere il primo ad essere corso a negare l'esistenza della Casaleggio quando uscì la notizia. La seconda, avvocato milanese, nota per la scarsissima attività parlamentare ma la altrettanto ben nota fedeltà a Silvio Berlusconi, che da sottosegretario alla Sanità fece assumere la figlia proveniente da Publitalia direttamente alla segreteria del Ministero.
Da questa notizia ne deriva almeno un'altra degna di nota. Il M5S ha votato al senato una fedelissima di Berlusconi. Cosa che se avessero anche solo paventato in campagna elettorale avrebbe dimezzato il consenso del Movimento che ha sempre dichiarato che votare Forza Italia era votare la mafia (secondo Di Battista ndr): figuriamoci votare un'esponente di quel partito alla seconda carica dello Stato. Va ricordato che loro sono gli stessi che non votarono Grasso, ex giudice proprio del pool antimafia,
Assegnare il Senato a Forza Italia di fatto sancisce che il leader della maggioranza è Salvini, e infatti alla Lega non è stata nemmeno ipotizzata una presidenza. Assegnare la Camera a Fico ha altri due effetti. Riduce enormemente le possibilità di un incarico a Di Maio (possibile comunque, per quanto complicato per i rapporti istituzionali). Elimina di fatto un antagonista interno e pesante alla leadership di "Luigi da Pomigliano", non potendo Fico ambire a nessun ministero o ruolo di governo e contemporaneamente ridimensionandolo dal ruolo istituzionale di garanzia.
Strada apparentemente spianata ad un alleanza Salvini-Di Maio, che se ha i numeri algebrici in parlamento non li ha di certo da un punto di vista politico. Salvini perderebbe, rompendo l'alleanza, la leadership faticosamente conquistata nel centrodestra. Di Maio che ha sempre chiesto appoggi ma non "compromessi", se facesse il vice-premier perderebbe di fatto l'occasione della vita, e forse l'unica chance per il suo Movimento di governare.
E il nodo sta tutto qui, sulle due personalità di Salvini e Di Maio, nessuna autosufficiente, e nessuna che può permettersi un ruolo secondario rispetto all'altro. Anche perché significherebbe consegnarsi l'elettorato di riferimento, essendo tecnicamente speculari.
Nessuno esclude che entrambi possano avere alternativamente un mandato, ma in entrambe le ipotesi sarebbe difficile una sintesi. Ma la spinta a che entrambi percorrano questa via sono molto forti, anche da parte di un Pd che non vede l'ora di vederli entrambi schiantare, al di là delle parole di campagna elettorale, con la dura legge dei numeri e la concretezza del formare un governo e governare un paese come l'Italia.
Dopo di che paradossalmente confluirebbero alcuni interessi convergenti su una ipotesi di "governo tecnico-istituzionale". Berlusconi, che non vede l'ora di tornare determinante e mostrare al centrodestra il fallimento di Salvini alla prova dei fatti (di governo e di leadership), il Pd che potrebbe rinnovare l'idea di "una cosa è fare campagna elettorale un'altra è la ragion di stato e la responsabilità di governo", e la visione dello stesso Presidente Mattarella, che vuole un premier di garanzia e responsabilità, verso l'Europa e il mondo, e che di certo ha anche scarsa affinità personale e visione politica con un Salvini o un Di Maio.
Questo lo "scacchiere italiano". Questi i giocatori, o le pedine, a seconda dei punti di vista.
Il tempo scioglierà questi nodi. O uscirà una "mossa del cavallo".