Cari forconi levate le mani dalla nostra bandiera
Ripensavo ai forconi, alle marce, ai blocchi.
Ripensavo a questo tal Calvani che andava via su una Jaguar salutando da eroi persone inferocite che spesso hanno perso tutto e non sanno come dare da mangiare ai propri figli.
A studiare la storia – quella di quel pezzo di programma che si arriva all’ultimo anno di liceo e non si fa quasi mai in tempo a farla stare nel programma, almeno ai miei tempi – mi è tornata alla mente l’immagine di un “timido” Benito Mussolini che faceva le prove generali della marcia su Roma per le strade di Napoli, certo del fatto che l’esercito sarebbe intervenuto, e invece no.
Talmente certo che l’esercito sarebbe intervenuto, che quando si decise per la marcia su Roma lui stava a Milano, e si affrettò a raggiungere la capitale in treno solo quando fu certo che il Re gli avrebbe dato l’incarico di Capo del Governo.
Certo la storia era diversa. Le ragioni di quel malessere sprofondavano in anni di guerra e raccontavano un paese agricolo, poco alfabetizzato, decisamente non informato.
Oggi come allora però c’è qualcuno che si alza sulle folle e grida proponendosi come vendicatore di ogni male, indicando nella casta il luogo con nomi e cognomi di ogni malefatta, senza distinzioni e declinazioni.
Io invece proverei a chiamare per nome coloro che campano sulla paralisi sociali, i fomentatori di piazza, coloro che vivono e crescono del malumore popolare: loro sono quelli che non hanno alcun interesse a risolvere davvero i problemi, che per loro sono la linfa per il proprio protagonismo, il proprio narcisismo, e soprattutto l’unica chance per raggiungere il potere.
Negare una situazione esplosiva ed al limite è stupido, e nondimeno credo che sia becero e indegno sfruttare questi malesseri per costruire una carriera, raccogliere voti e consenso, semmai da riportare in quelle fila di para-partiti che la storia ha relegato nelle nicchie ai margini della società, e aggiungo io della vita democratica: quelle nicchie che negando la democrazia e la libertà non meritano rappresentanza politica nelle istituzioni (e non per motivi ideologici, ma perché loro, al governo, eliminerebbero queste libertà sacrosante che oggi manipolano a proprio piacimento e che fanno si che possano esistere e dire la loro comunque).
Se questo paese è arrivato al punto da avere qualcuno che fa liste di “giornalisti cattivi”, in cui è normale segnalare indirizzo e targa di un avversario politico, certamente il male è profondo, ma non lo può essere, almeno per rispetto alla nostra storia recente, al punto da non considerare tutto questo un abominio, prima morale e civile che giuridico, da censurare comunque ed a prescindere, senza attenuanti, senza declinazioni, senza mediazioni.
E questo compito non spetta ai politici, alla magistratura, alle forze dell’ordine. Se solo loro fossero deputati a censurare queste cose non saremmo un paese civile. Compete a tutti i cittadini, compete ai docenti, ai genitori, ai pensionati, ai giornalisti, a chiunque giri per strada ed ha a cuore davvero il bene comune.
In questa polveriera, per il momento fortunatamente più di parole che di azioni, a me ha fatto molta impressione che proprio il 12 dicembre a Milano si siano usate “bombe carta”; un’ennesima ferita in una data che sono troppo pochi coloro che la ricordano, eppure era solo il 1969.
Dietro e tra le maglie di rivendicazioni legittime e di tensioni autentiche, come sempre nella storia, si infiltrano frange violente e radicali che spingono e aspirano a “governi forti”, e che lo fanno mischiando ai vari slogan quelli nazionalistici, frasi antisemite, riecheggiando lotte contro “governi plutocratici” e tra cui manca solo qualcuno che torni a parlarci di “posti al sole” cui avremmo diritto. Rivedere mimetiche, camicie nere, striscioni con determinati slogan, è l’ennesima conferma che quando la rappresentanza è in crisi, è lì che si infiltrano gli estremismi liberticidi e violenti.
Eppure i segnali li abbiamo da tempo. Qualcuno dimentica che la sera dopo il voto, quando si parlava dell’arrivo messianico di Grillo a Roma – per una manifestazione improvvisata e immediatamente vietata dalla questura per ragioni di ordine pubblico – Forza Nuova e Casa Pound si affrettarono a rendersi disponibili come “supporto”…
Da contorno ogni genere di antieuropeismo come collante di una amalgama che va da Alba Dorata a tutti i micro movimenti di estrema destra d’Europa, sino a quelli che hanno un consenso parlamentare – dal Fonte nazionale della Le Pen al movimento 5 Stelle al partito euroscettico inglese. Un filo comune che politicamente li lega è l’uso della pressione di piazza per spingere verso elezioni in rapida successione al solo scopo di guadagnare consensi.
Su questo – ancora una volta – è il ruolo della comunicazione ad essere il vero assente delle vicende politiche. Una pubblicistica poco attenta alla sostanza ed all’analisi, che nella cronaca non dedica spazio adeguato al quadro complessivo ed alle analogie storiche.
Persi nello scoopismo sulle cose che non vanno, che pure sono molte, ci si dimentica troppo spesso (e questa è una colpa intellettuale) che l’unico quadro di riferimento per la soluzione vera dei problemi reali è la politica. Quella cosa cui ormai per opportunismo o quieto vivere un po’ tutti trattano come una cosa sporca, ma che in realtà è il solo modo civile immaginato dall’uomo per risolvere i problemi comuni e per darci regole che ci consentano una pacifica convivenza democratica.
Ma di colpe ne ha essenzialmente l’attuale forma che la politica ha assunto, da noi e in molti paesi. Se è vero che bipolarismo è strumento di governabilità – che pure è necessaria – la parlamentarizzazione è anche l’unica via della rappresentanza delle istanze sociali.
Se è vero che avevamo maggioranze deboli nella prima repubblica, va dato atto che quello era un sistema che garantiva al 95% della popolazione di trovare rappresentanza parlamentare, e per questa via il nostro Paese ha affrontato e superato anni bui del terrorismo e arginato in maniera non violenta tentativi di colpi di stato.
Oggi abbiamo un parlamento che rappresenta poco più del 75% dei voti espressi, attraverso leggi elettorali che oggi sappiamo essere incostituzionali, attraverso premi di maggioranza, soglie di sbarramento, premi per le coalizioni… e quel 25% che resta fuori, che vede il suo voto umiliato e offeso, che non ha rappresentanza né voce non ha altro luogo che “la piazza”, in cui è facile che diventi massa a disposizione dei peggiori estremismi.
Non sono fuori dai processi politici solo partiti estremisti, ma intere aree si società civile capaci di esprimere milioni di preferenze, e questo non è un bene per chi sta fuori dal parlamento, ma non lo è nemmeno per chi in parlamento c’è, e legifera senza il contributo di quelle forze, che è bene ricordare prima di essere politiche sono essenzialmente sociali.
Ed è da queste considerazioni che la Politica, nel senso più alto del termine, deve ripartire per ripensare se stessa, e non offrire il fianco a questi estremismi che vivono di tensione sociale.
In questo tempo non è pensabile che la soluzione dei problemi veda come ultimo baluardo le forze dell’ordine, che sono parte dello Stato, e spesso sono le uniche che lo rappresentano, ma che non sono la rappresentanza democratica della società.
Un’ultima considerazione a margine, dedicata a tutti i capipopolo che vediamo in giro a fomentare le persone, quasi come vampiri che ne succhiano il sangue: levate le mani dalla nostra bandiera!
È tanto pessimo che la bandiera italiana sia vista come “simbolo di destra” almeno quanto coloro che la usano come vessillo non avendo la faccia e il coraggio di mostrare i propri simboli, e il sangue che nella storia quei simboli rappresentano.
Levate le mani dalla mia bandiera, perché per difenderla, e toglierci aquilotti e corone monarchiche, altri sono morti, di ogni fascia sociale – spesso e in gran parte operai, garzoni, contadini, studenti – e quel simbolo è unificante e per tutti… almeno per tutti coloro che nell’idea di democrazia e libertà si riconoscono.
Levate le mani – citando le parole di una stupenda canzone di Modugno – dal rosso dei tramonti, dal bianco delle nevi e dal verde dei prati. Levate le mani da quell’idea di Paese per difendere il quale da ogni tentativo di sovversione sono stati in prima linea operai e sindacalisti, tanto contro le BR quanto contro l’eversione di destra.
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