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Michele Di Salvo
28 Sep

Cosa si muove dietro questa crisi di governo

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  PD, pdl, m5s, governo, Letta, Berlusconi, partiti, informazione, politica, populismo

Cosa si muove dietro questa crisi di governo

Sono molte le forze in campo in questo difficile momento di transizione della politica italiana.
Alcune sono immediatamente riconoscibili, e spesso vediamo solo quelle, altre sono meno emergenti, ma anche quelle contribuiscono – e spesso sono determinanti – nelle decisioni che vengono prese, e nel come una situazione complessiva viene gestita.
Lungi dall’essere esaustivo, cercherò di fare una sintesi neutra di quello che si sta muovendo in queste settimane, che sono settimane anomale, perché a ridosso di un’agenda che renderà “ingessata” la vita politica e istituzionale nel prossimo anno. Ed ecco perché tutte le forze, in ogni direzione, si stanno concentrando in questi giorni rendendo tutto più difficile.
Come dico sempre, è difficile tenere separate le proprie opinioni, e credo prenda in giro chi legge chiunque dica “io ci riesco, sono obiettivo”: i fatti possono esserlo, e si può anche eliminare la propria idea politica, ma non il proprio sentire sociale e umano e la propria tensione morale.
Per me è un male un voto anticipato; in un parlamento che non mi piace, con molte persone che vorrei vedere altrove, con maggioranze innaturali, ritengo però che ci siano poche urgenti cose che vadano fatte al meglio comunque, e per farle al meglio serve il contributo non opportunistico di tutti. E questo per evitare che ciò che verrà dopo sia anche peggio del quadro che abbiamo adesso.
credo sia un male per le persone e per l’economia non avere un governo che con chiarezza chiuda un bilancio, assumendosene la responsabilità, perché così tutti potranno dire che è sempre colpa di qualcun altro. e questo non fa bene se non ai “politici di mestiere” o a tecnici irresponsabili.
Fatte queste premesse…

Perché non si può andare a votare in primavera?
Perché ci sono le elezioni europee e un ciclo elettorale amministrativo che tocca circa 1/3 del paese.
E occorrono almeno cento giorni dallo scioglimento delle Camere per andare a votare. Immediatamente dopo giugno nemmeno, perché si entra nel semestre di presidenza italiano della UE ed sono chiarissime le ragioni di opportunità politica.
Per questi motivi o si vota prestissimo o se ne riparla nel 2015.
È questa la prima forza in gioco su tutto e tutti: spingono verso le elezioni i partiti che ritengono di poter migliorare la propria performance o essere determinanti nella formazione di un nuovo governo, quelli che non vogliono una riforma della legge elettorale.
Sono invece contrari al voto tutti coloro che non sono certi di essere ricandidati, men che meno con una legge a collegi o peggio con le preferenze, gli oltre 400 parlamentari di prima nomina, che puntano a una legislatura per assicurarsi il vitalizio (irrinunciabile).

In casa “centro destra”
Veniamo al caso Berlusconi: spinge al voto anticipato per potersi ricandidare, allungando di oltre un anno la sua immunità parlamentare in attesa di una soluzione differente, perché sarebbe un nuovo senato con nuove maggioranze a determinarne, quando sarà, la decadenza. Va precisato che Berlusconi non teme il restare fuori dal parlamento, ma il fatto che correrebbe il rischio di essere arrestato per qualsiasi ulteriore condanna nei numerosi processi a suo carico, senza l’ombrello dello status parlamentare.
Sono a favore del voto anticipato i parlamentari pdl che pensano di ottenere una maggioranza sull’onda emotiva della “persecuzione del leader” e del ritorno a Forza Italia, il che garantirebbe un notevole premio di maggioranza con questa legge elettorale. Sono contrari i pontieri, coloro che non lo pensano, e coloro che in quel partito rischiano il seggio.
Per evitare spaccature interne tali da rendere evidenti anche chi sta da una parte e chi da un’altra, il che renderebbe sterile l’immagine granitica del centrodestra stretto attorno al capo, si è evitata la “verifica” parlamentare di martedì – in cui qualcuno avrebbe potuto votare diversamente dalle indicazioni del partito – preferendo la strada della crisi di governo.

In casa “Movimento 5 stelle”
Sono a favore del ritorno al voto Grillo e Casaleggio.
Dopo questa prima tornata di elezioni parlamentari hanno avuto alcuni mesi per riconoscere fedelissimi, pontieri, dialoganti, duri-e-puri e liberi pensatori, comprendendo chi ricandidare e chi no, con scelte mirate per il posizionamento in lista, anche prevedendo un calo elettorale.
Sono favorevoli al ritorno al voto i fedelissimi alla linea, quelli che oltre ad avere la candidatura garantita potranno semmai accrescere la propria posizione personale, togliendosi semmai qualche sassolino pregresso, e favorendo anche qualcuno di gradito rimasto precedentemente fuori.
Sono sfavorevoli tutti quelli dal destino incerto, quelli sicuri di non essere ricandidati e quelli incerti di un positivo risultato elettorale, che ritengono che con altri numeri non avranno alcuna voce in capitolo.
Sono favorevoli al voto quelli “rimasti fuori” e qualche opportunista che spinto dal risultato politico precedente si è dato molto da fare per mettersi in mostra in questi mesi e spera in un risultato a breve termine.
Sono contrari quei parlamentari che pensano e sperano di contribuire a una maggioranza differente, semmai con Sel, anche con una fiducia tecnica o un appoggio esterno.

In casa PD
Qui le cose si complicano e si intrecciano con il momento congressuale e la vita di partito.
Ufficialmente tutto il partito è contrario alle elezioni anticipate. E questo non solo per ragioni di opportunità (essendo il gruppo di maggioranza relativa in senato e assoluta alla camera, con tantissimi giovani e neon parlamentari) ma soprattutto per ragioni “politiche”.
A sostegno la mai tramontata ipotesi di un governo con maggioranze diverse e quindi scelte politiche più coerenti.
Nella logica congressuale viene vista come scontata la vittoria di Matteo Renzi a dicembre, con le relative spinte a diventare premier. Le elezioni legittimerebbero una leadership diversa rinviando di fatto di un anno il congresso in attesa di rafforzare qualche altro candidato o trovarne un altro.
Sono contrari tutti i parlamentari che vorrebbero una nuova legge elettorale, semmai anche come strumento indiretto di riforma intermedia del partito. Sono ovviamente contrari gli altri, che non vedono di buon occhi lo strapotere di una segreteria, semmai di fresca nomina congressuale.
Ovviamente contrari i lettiani, i famosi “101”, i civatiani che spingono per una nuova legge elettorale e per una diversa maggioranza per l’esecutivo.

A questa già folta e intricata schiera di spinte contrapposte si sommano altre forze apparentemente minori, ma non meno “influenti”.
Ci sono i tanti pezzi di burocrazia scontenti delle nomine, delle mancate promozioni, del ruolo cui ambivano e di eventuali piccole o grandi frustrazioni.
Ci sono i tanti aspiranti al ruolo di ministro, viceministro, sottosegretario, direttore generale o amministratore di qualche grande impresa, che in questi momenti vedono di buon occhio anche un semplice rimpasto di governo.

Cosa avverrà
È probabile che sarà un rapidissimo semplice mix che porterà un equilibrio differente tra tutte queste forze. Ci sarà una verifica di governo, da cui potranno uscire due soluzioni.
La meno auspicabile è un governo di minoranza, un governo debole privo di maggioranza almeno al Senato, con un appoggio formale che ne garantisca al massimo l’insediamento.
Un governo che potrà fare poco, lo stretto indispensabile, per evitare di cadere sulla prima “scelta coraggiosa” ma che poi su di sé avrà la responsabilità politica di tutto. E con questa dovrà affrontare la competizione elettorale.
Probabilmente tutto rientrerà in un nuovo equilibrio, sempre si larghe intese, basato sulla spendibilità politica del risultato: un pdl responsabile che “accetta suo malgrado” ma che porta a casa qualche risultato di immagine significativo, e un pd altrettanto disponibile per il bene del paese e che ha lavorato in questa direzione quale “salvatore della patria”.
Ci sarebbe la terza, quella di una diversa maggioranza politica, ma non praticabile nel breve periodo perché dovrebbero formalizzarsi spaccature chiare e nette nei gruppi pdl e m5s al senato capaci di garantire una stabile fiducia per almeno 16 mesi.

Se questo scenario non aiuta nelle previsioni, almeno chiarisce che la semplificazione estrema di una crisi non aiuta la chiarezza. Non esistono buoni e cattivi separati come il bianco e il nero, ma in ciascuna forza politica, con intensità differenti, esistono forze contrapposte che vanno bilanciate.
nel bene e nel male è il nostro sistema politico, che indipendentemente dalle leggi elettorali (cui non possiamo delegare la soluzione a tutti i nostri mali) rappresentano l’approccio italiano alla politica. E perché no sono anche la fotografia della nostra società.
Ciascuno darà il suo peso soggettivo a ciascuna di queste forze in campo, ciascuno vedrà la trave nell’occhio altrui o la pagliuzza. Questo, anche questo, è confronto politico.
Senza però dimenticarci che non parliamo di una semplice partita a scacchi, ma delle nostre istituzioni, da cui discendono quelle decisioni che determinano il nostro futuro, ed oggi anche più quello dei nostri figli.
In questo senso, chiedere chiarezza, responsabilità e rigore agli altri, passa prima dal chiederlo a noi stessi ed alla nostra parte politica.

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