Essere twitt-star al tempo di twitter
Resto sempre abbastanza perplesso quando escono articoli, per altro particolarmente accesi, su qualcosa che sarebbe accaduto nella blogosfera.
È di queste settimane la reazione della neopresidente della Camera Boldrini, infastidita da un gioco comune in rete, ovvero semplici fotomontaggi, per altro perfettamente riconoscibili, di cui la rete abbonda e spesso sovrabbonda, in una satira che può anche non piacere, che certamente non raggiungerà alcuna antologia dell’arte contemporanea, né che qualche critico definirebbe anche solo pop.
La Presidente ha dato alla cosa, con tutto il peso della sua carica istituzionale, come se la carica in sé fosse stata colpita, una rilevanza ed uno spessore decisamente sproporzionato, che è finito nel ridicolo (con rispetto parlando) con i due atti successivi; il primo, l’impiego dell’intera struttura della polizia postale di Roma, impegnata su fronti ben più rilevanti direi, nello scoprire e cancellare l’oltraggio; il secondo, il rocambolesco decreto d’urgenza da parte di un solerte magistrato di cancellazione di “tutte le pagine che contenessero le immagini… e i riferimenti alle stesse…” coinvolgendo pertanto anche le pagine di quei blogger che semplicemente avevano criticato, segnalato, evidenziato come fotomontaggio …
Alla Presidente Boldrini, per altro giovane e avvezza ai social, non sarebbe bastato glissare sull’argomento e semmai calcare la mano sul gusto discutibile della presunta satira? Anche questo è stile, e forse in una battuta avrebbe marcato una differenza che fa sostanza.
Anche se a ripensarci, essendo un falso, non basta semplicemente non parlarne?
Ancor più merita attenzione la reazione di Enrico Mentana, giornalista non solo qualificato e brillante (senza alcuna piaggeria probabilmente tra i migliori direttori italiani) per altro molto attivo, almeno formalmente, sui network sociali e in rete.
Offeso per alcuni commenti, che ha considerato eccessivi e sproporzionati, ha deciso di “cancellare” il suo profilo da Twitter. Verrebbe da parafrasare “se non mi osanni ti cancello”.
Il vero problema non è twitter, come scriveva l’11 maggio Francesca Barra, ma è una questione di buonsenso.
Io aggiungerei che il problema è anche come twitter e la rete in generale sono stati raccontati, che corrisponde più o meno a come vorremmo che la rete fosse, e concretamente molto distante da ciò che la rete è (ed in questo è molto più simile alla vita vera).
Ad esempio riteniamo che la rete iraniana o cinese sia stracolma di oppositori ai regimi ed a caccia di democrazia; non solo non è vero, ma se ci prendessimo la briga di “navigarla” scopriremo una rete in cui prolificano gli estremismi e le teorie peggiori, che on trovano spazio altrove.
la rete, come tutte le cose, è uno strumento, che va conosciuto, studiato, e si deve imparare ad usare, soprattutto da parte di chi opera nel settore dell’informazione o comunque è un personaggio pubblico. Certo, a differenza di altri strumenti, è decisamente intuitivo, ma non serve una maggiore regolamentazione, semmai una maggiore consapevolezza, senza dare per scontato che sia come noi lo percepiamo, o peggio come noi vorremmo che fosse.
I social network oggi sono quelli che con maggiore velocità diffondono bufale e notizie false, ma sono anche uno straordinario strumento di organizzazione e incontro, twitter non è l’artefice delle proteste di piazza di Teheran, ma è quello che ne ha fatto parlare, twitter ha avviato la caccia all’arabo nelle ore dopo il tragico attentato di Boston, ma è stato anche grazie agli smartphone che si è avuta una gran quantità di prove per prendere i veri responsabili, che con Al Qaeda non avevano nulla a che fare… nessuno di questi strumenti è in sé più forte o credibile di come noi non lo consideriamo e dell’importanza che gli diamo, ed anche più della consapevolezza e del modo con cui scegliamo di utilizzarlo.
In fin dei conti risentirsi per un’offesa di 140 caratteri – che semmai rilanciamo proprio noi accanendoci e risentendoci invece di usare il buonsenso di lasciar perdere – la dice più lunga su di noi, mentre qualifica chi offende… E l’esercizio di “stare” in rete forse può essere utile a imparare a prendersi meno sul serio, sempre utile indipendentemente dal ruolo che si ricopre nella società, e soprattutto quando questo ruolo è alto o pubblico.
Io mi associo a Francesca “Io per ora, vi ringrazio. Perchè avervi conosciuti per me sarà sempre più un vantaggio, rispetto a quei pochi, cafoni, che qualche volta hanno cercato di forzare la porta di “casa”. Perché è così che dobbiamo immaginare i social: casa nostra. I maleducati, coloro che esagerano, si lasciano fuori la porta. Il resto si accoglie e diventa famiglia o rete. Appunto. Ogni tanto dobbiamo dire grazie anche noi. Perché senza di voi,le nostre parole non avrebbero eco.”
E vorrei anche aggiungere che, almeno personalmente, preferisco una rete in cui qualcuno può anche offendermi (e io libero di rispondere o meno, bloccarlo o meno, e nel caso querelarlo o meno) che non una rete compressa in regole che impediscano anche solo l’ipotesi teorica di poterlo fare: è solo se le persone sono libere che vale di più quando scelgono liberamente di auto-limitarsi.
[l'immagine meme è del mitico Giovanni Scrofani]