Il Fatto il web e i fake
Il sette agosto è stata pubblicata una classifica dei migliori giornali quotidiani presenti anche su Facebook. Va precisato che lo studio è stato realizzato da una società privata e non da un’istituzione o un centro studi. In questa classifica vengono specificate molte cose e sarebbe il caso di entrare nel merito di tutto il suo contenuto e non solo di qualche riga. Immediatamente il Fatto Quotidiano si è affrettato a titolare “Il Fatto Quotidiano, record mondiale di likers rispetto a copie diffuse”, prendendo in esame solo un dato: che per ogni copia venduta in edicola il profilo facebook del giornale avrebbe oltre 18 fan. Ben oltre ad esempio i 5 di Repubblica, i 3 del Guardian e i 2 di Le Monde e Financial Times. Un risultato apparentemente lusinghiero, ma a ben leggere è esattamente il contrario. Nella premessa dello studio si legge (ben in evidenza tra l’altro) che “la valutazione dei parametri quantitativi (likers) non
sia considerata predominante, riservandosi un peso non superiore al 25% sul totale”. Perché? Semplice. Perché come tutti sanno è sin troppo diffuso, soprattutto per siti legati a marchi e personaggi in vista, l’acquisto di profili fake. Pratica particolarmente grave per chi fa politica, perché significa far credere al pubblico di avere un certo seguito e un certo credito e autorevolezza, in realtà “drogati”. Ma ancor più questa pratica fa pensare quando a fare uso – se non abuso – sono giornali e giornalisti. Peggio, se questi sono coloro che ogni giorno vendono la propria immagine e il proprio giornale come “indipendente”, senza padroni se non i lettori, e puntano tutto sulla propria autorevolezza. Pratica, quella dei fake, cui pare siano decisamente avvezzi al Fatto Quotidiano. Prendiamo alcuni dei “volti noti” di questo giornale: solo il 45% dei follower di Stefano Feltri sono reali, ed è il migliore, se consideriamo che i reali follower di Peter Gomez sono il 38%, quelli di Andrea Scanzi sono il 35% e quelli del direttore Padellaro appena il 27%. Ma su tutti svetta Marco Travaglio, uomo immagine del giornale anche in questa speciale e poco edificante classifica, il cui seguito vivo e attivo si riduce al 22% dei seguaci dichiarati e apparenti.
Su Facebook – che in qualche modo vive di grossi numeri – scovare i finti profili è più complesso, ma esistono svariati criteri che possono aiutare. Il primo criterio è un raffronto statistico tra numero di fan e interazione, ovvero “quante persone parlano di…”. Secondo questo criterio i circa 975mila fan del Fatto compiono 104mila azioni. Proporzione non in linea ad esempio con Repubblica i cui 1,2milioni (+30%) di fan compiono 262mila azioni (+150%). Ma va ancora peggio, e di parecchio, alla pagina di Marco Travaglio – verso cui la stratosferica cifra dichiarata di 1,35milioni di fan compie appena 14mila interazioni. Risultato impietoso se consideriamo i dati de il Giornale i cui 93mila fan compiono 16mila azioni. E la spiegazione è molto semplice. Mentre la pagina del Fatto (secondo una valutazione parametrica complessiva) ha “solo” un 50% di finiti-fan quella di Travaglio supera l’80%. Non male per il fustigatore della verità.
Forse sarebbe meglio, prima di esaltarsi per una sola riga in uno studio che dice tutt’altro, entrare nel merito ed analizzare affondo quello che uno studio afferma. Un rapporto “sano” tra fan sui social e copie vendute va da 2 a 6 a seconda di quanta e quale sia l’offerta di contenuti online di approfondimento. Un rapporto più basso o troppo alto indica al contrario che l’offerta web è poco attrattiva, o che le persone sono poco disponibili ad acquistare un prodotto cartaceo che considerano scadente e quindi la spesa “poco vantaggiosa”. E questo non è certo un complimento per chi fa informazione e afferma di “vivere della scelta quotidiana dei propri lettori”. Siano essi veri, siano essi acquistati al mercato della rete a poco prezzo.
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