Il processo 2.0 a 5 stelle
Prima il popolo della rete era chiamato “solo” a partecipare alla composizione del potere legislativo, indicando candidati (tra quelli che Grillo aveva precedentemente scelto e vagliato e selezionato) che successivamente venivano messi in lista (e quindi eletti) secondo criteri noti solo a Grillo e Casaleggio. Questo modello è stato definito “potere ai cittadini” in un virtualismo in cui uno vale apparentemente uno, ma non si sa chi siano questi vari uno che compongono il totale, dal momento che tutto si svolge sulla piattaforma di Grillo, predisposta da Casaleggio, e senza alcun controllo (anatema se qualcuno dei votanti osasse chiedere “che mi fate vedere i log”?!). sarà questa la nuova democrazia del web? Tutti ci auguriamo di no, soprattutto i fondatori di liquid feedback che le definirebbero un mix tra abominio e presa in giro.
Non contenti della delega legislativa, Grillo e Casaleggio improvvisano una delega giudiziaria, a metà tra il processo mediatico, la gogna pubblica, il ludibrio collettivo e il reality show.
La rete stavolta è chiamata a “votare” una sentenza di tradimento, con pena all’espulsione e al pubblico bersagliamento conseguente. Ci sarebbe da essere seri se non fosse una “sentenza già scritta”.
Io ripescherei ad esempio una frase del mio professore di latino e greco che al liceo ci ammoniva “ricordatevi che la democrazia è una cosa bella ma ha anche ammazzato Socrate”. Perché se fosse un processo su un’agorà democratica saremo tutti lieti di ascoltare una apologia di Socrate anche meno elevata di quella riportata da Platone. E non dimeno fu quello il caso da cui partì la riflessione sulla necessità di una Repubblica.
Se fosse una cosa seria, e non strumentale, dovremmo rifletterci e interrogarci sul grado di civiltà di una simile anche solo idea di decisione e di processo in finto-streaming in cui la “parte lesa” (parafrasando) è anche quella che scrive la procedura, che detta le regole e le leggi, che commina la sanzione e sceglie la giuria popolare, oltre ad essere in sostanza pubblica accusa e consulente tecnico.
In realtà questo è solo un pezzo di un lungo processo di “ridimensionamento” sia della misura che delle pretese del movimento 5 stelle, di quello che è rispetto a quello che doveva essere nelle intenzioni del suo padrone/fondatore, ovvero una sorta di accondiscendente braccio esecutivo, in cui la democrazia è diventata populismo demagogico, la trasparenza ridotta a streaming vouyeristico, e la rabbia delle persone strumento e leva per il proprio successo personale.
Più che “una decisione” da prendere sulle sorti di una parlamentare che ha espresso le sue valutazioni sulla campagna elettorale e sui toni dei post di Grillo, questo in realtà è un plebiscito annunciato su Grillo, sulla sua leadership e sulla possibilità o eventualità di dibattito e critica interna: un modo per risolvere la partita in un colpo solo come a dire “adesso basta mi sono rotto” (cit.) e proseguire con un “adesso chiunque non la pensa come me se ne vada direttamente, senza battere ciglio pena il linciaggio (pre cacciata)”.