Kim e la Corea del Nord
Ovviamente non si chiama Kim, ma è un po’ come dire Mario Rossi da noi.
Kim è un attivista nord coreano, non un giovane geek come si potrebbe pensare nell’immaginario collettivo della propaganda occidentale sulla rivoluzione dalla rete, ma un quarantenne pensante della classe dirigente nord coreana. Una persona molto preparata e con la mente aperta che ha a cuore il suo paese. Nonostante ruolo lavoro e posizione si confronta “in rete” con il resto del mondo, con le immense e comprensibili difficoltà.
Ma nella sua visione delle cose, essere classe dirigente è anche assumersi certe responsabilità e certi rischi, anche per dimostrare che c’è una terza Corea del Nord, oltre quella governativa di apparato, ed oltre quella di emigrati “stipendiati dall’occidente”.
Ho chiesto a Kim un paio di settimane fa com’è la situazione “secondo lui”, e in piccoli pezzi mi è arrivata questa “visione”, che con tutto quello che può significare vorrei condividere.
Agli occhi di Kim
“Quella che stiamo vivendo in Corea è la crisi economica ma soprattutto alimentare più grave della nostra storia recente. Il governo non comunica i dati ufficiali, ma attualmente nel mio paese una persona su tre letteralmente muore di fame. Quello che però sta accadendo è che con l’arrivo del nuovo presidente, assolutamente privo di carattere carismatico e di capacità personali, messo lì dalla volontà della classe militare di usarlo come un fantoccio, anche un altro terzo della popolazione sta vivendo ai limiti della soglia di povertà.”
Perché questa escalation, tutto sommato improvvisa?
“Non è improvvisa, ma iniziata il giorno dopo il nuovo insediamento e consolidata con le nuove nomine dei dirigenti militari di secondo livello, i vice comandanti per intenderci.
Questi signori devono dimostrare a tutti i costi alla popolazione il pugno duro e vogliono far capire che nessun moto di protesta – non ideologico, ma semplicemente per il riso quotidiano – sarà tollerato e verrà represso senza alcuna esitazione. Ovviamente si cerca di dare alle persone un motivo esterno per il malessere diffuso, e si vede nella conquista del sud la soluzione a tutti i mali e soprattutto l’abbattimento della causa della povertà diffusa.”
Ma perché ammassare le truppe al confine? Davvero vogliono tentare un’invasione?
“Nessuno qui da noi è così pazzo da pensare davvero che sia possibile. Nemmeno i generali più anziani. Ci sono almeno tre motivi per queste manovre militari.
Il primo è chiudere i confini, per evitare esodi in massa di contadini affamati verso il sud e la Cina, cosa che annienterebbe propagandisticamente il governo e l’esercito.
Il secondo è mostrare di essere una superpotenza, per poter negoziare aiuti e cibo.
Il terzo, è mostrare un campionario bellico, tutto sommato in vendita al migliore offerente, per fare cassa. Non tanto le armi, quanto la capacità di produrle e venderle.”
Nessuna guerra all’orizzonte secondo te?
“Qualcosa i militari inventeranno. Lo fanno da quarant’anni senza che nulla accada e nulla venga messo in discussione. Certamente siamo a un punto di svolta. Questo sistema economico per cui il sessanta per cento del nostro bilancio va in spese di difesa è in sostenibile, anche se fossimo davvero impegnati in una guerra. E un Paese, qualsiasi paese, non può reggere ad un apparato militare pari al venti per cento della sua popolazione. Né si può vivere nella fame, nell’assenza di cure mediche, nell’arretratezza in cui i contadini sono quasi completamente analfabeti.”
Di certo però la Cina non vedrà di buon occhio una “occidentalizzazione” della Corea del Nord…
“Ai cinesi importa solo che i nostri profughi non si riversino attraverso i loro confini sulle loro masse di contadini analfabeti e poveri poco meno dei nostri, creando emergenza su emergenza. La Cina è più occidentale della Corea del Sud se è possibile. E certamente non vuole e non può permettersi alcuno scontro. Per evitare qualsiasi ingerenza e soprattutto qualsiasi emergenza umanitaria interverrà all’ONU mediando per qualsiasi soluzione alternativa.”
Questa è una valutazione tua, o la Cina sa qualcosa che noi non sappiamo?
“Se la Cina non ci rifornisce di semilavorati e di tecnologia essenziale, il nostro impianto bellico non dura più di un mese. Attualmente se venissero aperti i confini il governo sa che ci sarebbero dai tre ai quattro milioni di sfollati, e questo solo nei primi tre mesi. E il mio Paese sarebbe al collasso, almeno quanto la Corea del Sud invasa o la Cina del Nord con una invasione di un milione e mezzo di Nord Coreani affamati, malati e poveri. È un’emergenza che nessuno vuole.”
Ma passata questa emergenza, cosa accadrà nel tuo paese?
“I militari esulteranno, pensando di aver comunque vinto e dimostrando alla popolazione che ancora una volta il Grande Esercito e il suo Leader hanno risolto i problemi. In realtà la trattativa sarà più articolata e profonda, e dovrà prevedere un alleggerimento dell’intero complesso statale e una maggiore apertura all’esterno. Ma non sarà un percorso né facile né breve.”
Quanto la politica occidentale sta aiutando le voci dissidenti e riformiste in Corea del Nord?
“Stai scherzando? Aiutare? Ogni passo dell’occidente va nella direzione di radicalizzare i militari. Ogni nostro tecnico e professore che viene stipendiato in America per fare “informazione” è un tassello della propaganda per dire che sono venduti, e che mentono perché al servizio dell’occidente, ogni volta che l’America parla di internet come arma per abbattere i regimi canaglia qui salta qualche connessione, ogni volta che gli Stati Uniti muovono truppe al confine sud è una giustificazione per i militari per ammassare truppe e chiudere ancora di più quel confine. Si preoccupano delle armi nucleari che non possiamo usare contro di loro, e non del vero problema che abbiamo, cioè il cibo e le medicine, parlano di libertà di stampa ad una popolazione che in maggioranza fa fatica a scrivere il suo nome e non ha mai visto un televisore”.
E cosa dovrebbe fare l’Occidente secondo te?
“Nulla, lasciarci autodeterminare. Il sistema militare crollerà su se stesso, è inevitabile. Se i militari chiudono i confini e i contadini vedono che non ci sono militari dall’altra parte, cominceranno a riflettere, siamo spesso analfabeti, ma la nostra intelligenza è millenaria e i nostri contadini sono molto intelligenti. Quello che fa l’Occidente oggi è l’altra faccia della moneta della propaganda dei nostri militari qui, e sino a quando continueranno a parlare questo linguaggio militare non ci sarà nessuna riforma possibile.”
Non direi a nessuno di considerare oro colato le parole di Kim.
Quello che vi offrono queste poche righe arrivate tramite un viaggio assurdo è “un punto di vista”, un’altra visione possibile dello scenario.
Al di là di molte considerazioni, io credo che però in questo ragionamento, nel suo complesso, ci sia molto buon senso, e molti punti di riflessione, utili anche qui da noi, per le nostre riflessioni.