La demagogia di Grillo e le colpe della classe dirigente
Negli ultimi giorni abbiamo visto alzare il tiro dei post di Grillo in chiave antieuropea.
C’è da aspettarselo, visto che la prossima tornata elettorale sarà quella per le elezioni europee.
E soprattutto visto che la strategia elettorale di Grillo-Casaleggio sarà quella di fare in Europa quello che hanno fatto in Italia.
Già, in definitiva, al di là della provenienza elettorale precedente, chi è stato “messo insieme” da Grillo e Casaleggio?
Sbaglia chi pensa che il Movimento 5 Stelle in qualsiasi modo forma o maniera possa allearsi con qualcuno. Lo hanno detto e dichiarato, ma anche fatto concretamente… avanti da soli sino alla vittoria finale! Che poi tutti sanno che non ci potrà essere, ma questa è un’altra storia.
La verità è che “una vittoria finale totale” – in queste che restano elezioni, e che invece nel massimalismo strumentale di Grillo sono diventate una guerra totale, tra il bene e il male, dovrebbe prevedere di rappresentare, da soli, 25milioni di italiani, il che francamente…
Ma tralasciando i numeri, su cui ognuno dice la sua, e della neo-matematica a 5 stelle abbiamo già detto, c’è un’analisi che va fatta con chiarezza, e riguarda il “chi e come” ha trovato casa in quel voto. Che pure è importante e consistente, e merita rispetto e attenzione, e cui la politica è chiamata a dare risposte concrete, come unico e vero antidoto al dilagare della demagogia populista, che sempre esplode nei momenti di crisi e di trasformazione dei sistemi.
Grillo sostanzialmente ha dato voce (apparente) e visibilità a qualsiasi tipo di protesta, senza alcuna forma programmatica e senza distinzione di colore, storia, cultura, valore. Dai NoTav della val Susa ai NOPonte di Messina, dai NOExpò di Milano alle popolazioni attive nella Terra dei Fuochi della Campania, dai piccoli imprenditori del Veneto, ai cittadini indignati di Parma, agli agricoltori (zoccolo duro della Lega) che non accettano le quote latte. Chiunque fosse “no-qualcosa” è benvenuto.
Il collante è offrire nemici comuni, quanto generici e indefiniti. Si va dalla Casta dei politici (tutti, per definizione) ai giornalisti (al soldo dei padroni e complottisti) in compagnia (come fossero sullo stesso piano) dei finanziari d’assalto, banchieri d’ogni risma, capitani d’industria, faccendieri, speculatori. Finanche chi “andava bene” – per la propria storia e le proprie battaglie – come Milena Gabanelli e Stefano Rodotà dalla sera alla mattina diventano “il male” appena fanno domande o pongono distinguo.
Il nuovo collante, il nemico che ha affamato il popolo, adesso è l’euro. perché i nemici sono così. Basta dargli un nome e una forma. Basta avere un’icona da bruciare, e tutto il sistema della protesta funziona quasi da sé. Condiamo il tutto con il solito complottiamo, facciamo taglia e cuci di qualche grande economista (tanto chi vuoi che possa replicare? E comunque replicare scientemente è sempre più complesso, meno semplice da capire per “le masse”), e soprattutto diciamo che “senza l’euro torniamo padroni a casa nostra e dei nostri destini”.
Già, cancellando di colpo il fatto che siamo in un mondo – oltre che in un’economia – globalizzato e che i “valori” economici dipendono dal rapporto con gli altri.
Ma infondo tutto questo a Grillo interessa davvero?
Va fatta una considerazione aggiuntiva, che spiega perché è inconcepibile per Grillo e Casaleggio qualsiasi tipo di alleanza: allearsi significa dialogare e creare soluzioni concrete.
A Grillo i problemi non interessa affatto risolveri, lui ne ha bisogno.
Ha bisogno della tensione sociale, per accreditarsi come il leader che – solo e unico – può tenere a bada le masse inferocite.
Ha bisogno di alzare la tensione sociale – che già c’è, esiste ed è concreta – perché altrimenti le sue grida non si sentono sopra le altre.
ha bisogno soprattutto di non trovare alcuna soluzione, perché ogni problema veramente risolto, per lui è pubblico e voti in meno.
Già. Se si risolvesse la questione Ponte sullo Stretto definitivamente o il Mous, quanti voti in meno avrebbe Grillo in Sicilia? Se non ci fosse una questione rifiuti in Campania? Se venissero date risposte serie sul tema crescita agli imprenditori del NordEst – semmai accompagnate da regole anti delocalizzazione?
Grillo vive di antipolitica, e la sua abilità è stato dare l’illusione a migliaia di persone che lui – almeno – gli potesse dare voce. Ma proprio per non perdere questa forza, Grillo non può proporre nulla di concreto, né operare in questa direzione.
Grillo non è il problema, semmai è solo l’ultimo che con furbizia ha approfittato – certo meglio di altri – di “quello che c’era”, ovvero un paese in cui chi aveva un ruolo politico e doveva dare soluzioni, semplicemente non lo ha fatto, o non lo ha fatto in maniera efficace.
Grillo e Casaleggio – che oggi si ergono a difensori di qualsiasi minoranza (che sommata alle altre fa un certo numero cospicuo) – non li abbiamo mai visti nelle piazze; nel ’68, nel ’74, nel ’77, ma nemmeno ai vari social forum, nemmeno al G8 di Genova… erano impegnati a costruire carriere miliardarie prima e milionarie poi. Salvo poi riscoprire che al tempo della rete era facile e molto più economico attrarre un pubblico con i temi sociali. Salvo poi come i facili profeti degli anni di piombo incitare alla rivolta di massa, e pretendere di non essere responsabili della violenza che da quelle parole può derivare, standosene al sicuro al caldo delle proprie ville.
Ed ecco che nasce il primo collante,un programma “lista della spesa” fatto di punti tanto semplici quanto universali, senza spiegare né come né quando né in che modo né in che tempi.
Eppure la chiave di tutto è nella definizione semantica del termine “demagogia”: un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e agein, "condurre, guidare, trascinare") che indica un comportamento politico che attraverso false promesse vicine ai desideri del popolo mira ad accaparrarsi il suo favore. Spesso il demagogo fa leva su sentimenti irrazionali e bisogni sociali latenti, alimentando la paura o l'odio nei confronti dell'avversario politico o di minoranze utilizzate come "capro espiatorio" e come "nemico pubblico", utile alla formazione di un fronte comune, uniformato temporaneamente dalla medesima lotta e dunque scevro di dissenso interno.
Grillo è solo il sintomo peggiore e l’indizio maggiore di quanto sia miope l’orizzonte di una classe dirigente che per vent’anni non ha dato risposte concrete a problemi concreti, che non ha avuto una strategia vera e un programma di lungo periodo. Che si è illusa di poter “fare ancora un giro” sulla giostra prima di scendere e lasciare la guida del paese ad una classe dirigente nuova.
Dare oggi la colpa a Grillo di aver solo approfittato e organizzato la protesta è non vedere la propria responsabilità nel non aver fatto e non aver avuto la lungimiranza di auto rinnovarsi. Ed oggi di non saper fare aprire gli occhi alle persone, per far comprendere il baratro di questa proposta a-politica.
In sintesi, è essere classe dirigente senza l’onere e la responsabilità che questo comporta.
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