Restitution Day
Lo hanno chiamato “restitution day”: l’idea è “restituire” ciò che non è dovuto e in sé non sarebbe moralmente ed eticamente sbagliata. Se solo non fosse parziale, di parte, se riguardasse tutti. Primi e in prima persona coloro che lo propongono. Perché ciò che si chiede ed esige dagli altri deve essere legittimato dal chiederla prima di tutto a noi stessi.
Il punto poi è da chi partiamo, da quando cominciamo, da quanto indietro nel tempo vogliamo andare, e soprattutto da quali siano i parametri “validi per tutti” e certi, senza che nessuno si definisca “giudice unico” a priori e senza che qualcuno parta da un’arrogante presunzione per cui è in sé migliore degli altri.
Ecco, se partiamo da questo, io ci starei. Restituiamo davvero tutti tutto.
Cosa consideriamo intanto “non dovuto”? Non sono dovuti i finanziamenti ai giornali, quelli ai partiti? I finanziamenti pubblici alle società di stato? Si perché “sul mercato devono stare solo coloro che possono reggersi sulle proprie gambe” e fare cassa con gli incassi. Ottimo principio.
Si pone poi il problema del cd. no-profit, delle onlus, del volontariato, che sono soggetti che svolgono funzioni sociali importanti, che finiscono addirittura con l’essere “pezzi di stato sociale”. Con loro che si fa? Io direi in questo manicheismo, nel dubbio, restituiscano tutto anche loro, e poi semmai si vede (anche perché molti sostengono che è lì che si annidano molti sprechi e clientele).
Poi c’è la Cassa Integrazione, che la pagano tutti i lavoratori con la loro busta paga, ma che di fatto la eroga l’Inps, e la versa alle aziende. Per qualcuno anche quello è un aiuto di Stato, che evita licenziamenti in massa, che interviene su aziende che evidentemente in quel momento “non ce la fanno a stare sulle proprie gambe” e reggere alle difficoltà del mercato.
E poi ci sono i “crediti di imposta”, quelli per cui lo Stato non dà direttamente soldi, ma riduce le imposte: di fatto per le aziende “in attivo” è un grosso aiuto, e molto più semplice da ottenere rispetto a un finanziamento. Anche quello è un aiuto di Stato, perché di fatto porta soldi, e non è “giusto” seguendo questa logica che chi fa utili paghi meno tasse. Io direi, via anche quello.
Adesso abbiamo l’elenco delle voci da restituire. Veniamo al “da quando”.Io partirei da tutti, tutti i viventi è chiaro, dalla nascita. Così non si offende nessuno, e ci stanno dentro tutti e nessuno puà dire che facendo qualche distinzione si favorisce qualcuno.
Siamo pronti quindi a cominciare a restituire.
Tutti i giornalisti, indistintamente, da sempre, tutto quanto hanno percepito di stipendio tramite il contributo pubblico. Con gli interessi ovviamente.
Tutti i dipendenti dei partiti, e loro famiglie, restituiscano il “mal tolto”. Si vabbé hanno lavorato, guardie giurate, segretarie, collaboratori parlamentari, autisti, personale delle pulizie. Tutti illegittimi: posate il malloppo. Con gli interessi, ovviamente.
Con quei soldi sono stati pagati affitti, manifesti, bollette… a ritroso, essendo tutto illegittimo, proprietari di immobili e tipografi e qualsiasi fornitore restituisca!
Poi ci sarebbero tutti, ma proprio tutti, gli artisti, i musicisti, cantanti, comici, tecnici, che hanno fatto feste di partito, di tutti i partiti. Anche loro, un bel riconteggio, vendetevi tutto e fate un bel bonifico. E fatevi ridare i soldi dei caselli, della benzina, delle cene, degli strumenti, dei service che avete pagato con quei soldi. Grazie.
Poi però ciascuno di noi dovrebbe cominciare con se stesso.
Quante volte sul posto di lavoro pubblico o privato siete andati via una mezzora prima? Arrivati un’ora dopo? Siete stati innocentemente davanti alla vostra pagina facebook mentre dovevate lavorare, vi siete presi il caffè in più, avete parlato del vostro mal di testa col collega… su su, un rapido calcolo, sommate il lordo delle vostre ore, e fate anche voi un bel bonifico.
Vabbé che c’entra, dirà qualcuno “vuoi mettere la sua auto blu con la mia pausa prolungata perché il mio lavoro mi stressa e me lo merito e che vuoi che sia…?!”, e invece no!
Siamo rigidi con gli altri come con noi stessi. E proseguiamo.
Quella volta che non abbiamo pagato il parcheggio, parcheggiato in doppia fila, in divieto di sosta? E non siamo mai stati beccati confessiamolo! Così come tutte le volte che abbiamo preso autobus e metropolitane “omettendo” quel rapido passaggio in biglietteria per mancanza dello spicciolino. Su su, una bella somma per eccesso, e facciamo un bel bonifico.
Facciamo poi qualche altro conteggio. Sommiamo le varie buste paga prese come Cig, sommiamo le volte che ci siamo assentati ingiustamente dal lavoro, i ponti presi “per malattia”, le multe non pagate, e sommiamo anche tutti i nostri scontrini non richiesti in cambio di un piccolo sconto.
Ecco. Ora cominciamo a ragionare. Un altro piccolo sforzo, un bel bonifico, ed è tutto regolare.
Ah no. Non ancora. Dobbiamo restituire le medicine acquistate con ricetta e che non erano necessarie, i ricoveri e le cure al pronto soccorso cui potevamo fare a meno. Tutte queste piccole amenità che ci toccano un po’ tutti.
Adesso non resta che richiedere indietro i soldi della formazione ad ognuno dei nostri ragazzi che non trovando lavoro se ne vanno all’estero. Eh si, di fatto è esportazione di capitali. Loro diranno che è “per necessità”. Già lo dicono anche gli evasori! Niente scuse e fuori il malloppo.
Adesso che i conti cominciano a tornare… mancano 1,5 miliardi l’anno a Trenitalia per l’ammortamento delle tratte “in perdita”: quelle per i pendolari, gli abbonamenti facilitati e ridotti, quelle tratte che “non sarebbero mai in attivo”: via tutto. E chi non ce la fa si licenziasse, se ne stesse a casa o spendesse di più (sempre quelli eh, operai, impiegati con stipendi bassi, studenti eccetera…).
Naturalmente poi agiamo a ritroso: ogni volta che noi, l’azienda per cui lavoriamo, direttamente o indirettamente abbiamo lavorato per un ente o un partito o un’amministrazione pubblica sprecona, in proporzione, va tutto restituito. Per equità e giustizia. Altrimenti faremo favoritismi.
Ora che tutti, proprio tutti, abbiamo fatto i conti di tutto e abbiamo fatto i nostri bonifici, vediamo cosa abbiamo: circa 4 milioni di disoccupati, che poi sono quelli che avremmo salvato con la cassa integrazione. Abbiamo 250mila disoccupati delle varie associazioni, che non si occupano più di bambini, disabili, anziani, e i cui costi soprattutto sociali gravano sulle famiglie, spesso proprio quelle degli operai che non hanno più nemmeno la cassa integrazione.
Ciascuno di noi mediamente avrà restituito 60mila euro a testa. Certo chi ne avrà restituiti diecimila e chi centomila e la differenza c’è. Ma in questa differenza c’è anche che molti per restituire il maltolto resteranno senza casa. Vabbè cosa conta.
Alla fine non avremo più un euro di debito pubblico. Figo no?!
Peccato non avremo più nemmeno uno Stato sociale, anzi non avremo più nemmeno uno Stato a ben vedere. Ma cosa importa. Ciascuno sarà ridotto letteralmente alla fame. Tranne qualche povero ricco. Che però sarà anche lui ridotto alla fame a stretto giro, perché non ci sarà nessuno che potrà comprare nulla, e anche i suoi operai verranno licenziati senza alcuna cassa integrazione.
Già. A parlare degli altri, che devono restituire il maltolto si fa presto.
Infondo, sono sempre gli altri.
Gli altri partiti devono restituire il finanziamento pubblico. Ma quando serviva a pagare le serate di Grillo andava tutto bene. Gli altri showman rubano dal canone, mentre le trasmissioni in cui vanno i “nostri” sono sempre sacrosante. Gli altri giornali sono cattivi che hanno fondi pubblici, ma quando vai a chiedere ai giornalisti di restituire il pregresso e i crediti di imposta allora i conti non tornano. Quando è lo stipendio di un altro è sempre un furto, ma la nostra assenza, mezzora di ritardo, che vuoi che sia. Sempre a guardare il capello. Eppure mezzora per ogni statale sono 2 milioni di ore lavorate al giorno, mezzora per ogni dipendente privato sono 6milioni di ore rubate, facciamoli questi calcoli, non è difficile.
Quasi tutte le municipalizzate dei trasporti sono in deficit: si stima che sia oltre il 22% l’evasione di biglietti media in Italia. Significa che quei tanti euro, euro e mezzo sommano ad oltre 4 miliardi. Facciamoli questi conti. E sommiamo un fabbisogno di 6 miliardi per i comuni interamente pagati con le nostre multe non pagate e con le infrazioni non rilevate e con i piccoli escamotage di ogni giorno.
Già che ci siamo restituiamo tutti i condoni, quelli piccoli, quelli formali, quelli edili, quelli catastali, quelli immobiliari. Le grandi ville come i balconi verandati, gli attici dei milionari come i piccoli abusi. E cominciamo a pagare il dovuto, e non le varie riduzioni. Sembra iniquo?
Ecco dove sta il nostro enorme debito pubblico. Sta negli ultra ricchi, certo, in quella piccola e ristretta fascia di popolazione che “per vie traverse” ha ottenuto privilegi e si è arricchita sulla collettività.
Ma all’80% sta nella piccola evasione ed elusione, nelle piccole tasse non pagate, nei piccoli condoni, nei biglietti degli autobus, e soprattutto nelle tante forme del nostro Stato Sociale: quello con mille difetti ma che garantisce la cassa integrazione, il contributo di disoccupazione, non lascia nessuno fuori un ospedale perché non ha un’assicurazione privata, che non carica “debito di studio” perché offre una formazione anche di grado elevato a tutti in maniera pubblica.
Soprattutto il nostro debito pubblico ha origine negli anni che vanno dal 1950 al 1970, quando per crescere e ricostruire non abbiamo chiesto a nessuno di pagare le tasse, e non abbiamo educato le persone alla cultura dello Stato.
Quando sono finiti gli aiuti del piano Marshall che hanno tenuto il nostro debito sotto controllo, nessuno ha messo un freno alla spesa pubblica, né – per e pur di crescere – ha chiesto ai cittadini di pagare le tasse il giusto – e con gli anni 80 ci siamo ritrovati un debito con tassi alle stelle…
Il nostro Stato oggi è da migliorare e adattare ai tempi che sono cambiati, ad un mondo globale e sempre più veloce, ma è “lo Stato di tutti”. In questo Paese tutti sono pronti a dare un’etichetta, un nome, ad una categoria da dare in pasto alle persone come “la colpevole di tutti i mali”.
Sarebbe impopolare dire la verità. Che quel debito ci tocca tutti.
Perché è triste e impopolare dirlo, perché sembra una goccia nel mare, ma certamente si può risparmiare qualcosa con un’auto blu in meno, ma se ognuno di noi evadesse mediamente anche solo un biglietto della metro al mese, parliamo di 800milioni di euro. Se ciascuno di noi non si prendesse quella mezzora di lavoro al giorno, che tutti non consideriamo nemmeno, se facciamo due conti paliamo di 1,2 miliardi di ore lavorate, che poco che costino sono oltre 4 miliardi di euro di costo.
Le recenti calamità naturali ci hanno ricordato delle volte in cui nei decenni passati in cambio di pochi voi amministratori che tutti abbiamo votato hanno concesso licenze edilizie in posti improponibili: valli e letti pluviali, zone sismiche, colline franose. In tutti quei casi è poi toccato a tutti noi – come è giusto che sia – intervenire e dare una mano: nell’emergenza e nella ricostruzione.
Anche quello è debito pubblico. Che non è colpa delle persone per ultime colpite e che ne sono vittima, ma di certo ha responsabilità politica in chi ha lucrato, in chi ha costruito, in chi ha dato quelle licenze, e in chi ha votato quelle amministrazioni, in chi ha chiuso un occhio per avere una casa, in chi ha pensato che un condono valesse anche per arginare la piena di un fiume.
Ecco i conti impopolari che nessuno fa. Le cose che è difficile dire. Perché è più facile, per tutti, parlare dell’auto blu di qualcun altro, della colpa di quella categoria, della responsabilità di un singolo o di una casta – cui ovviamente nessuno di noi sente di appartenere.
Se il debito pubblico è di tutti, ed è un po’ su tutti noi che ricade il dovere di collaborare a portare avanti scelte impopolari che lo ripaghino questo debito. Perché nessuno ne è irresponsabile.
Anche quando appare più facile cedere e credere a chi ci espone sulla pubblica piazza il nome o il volto di qualche colpevole strumentale ed utile al successo dell’ultimo capopopolo in ordine di tempo.
Forse, saremo davvero un Paese, fatto di Cittadini, quando non sentiremo più il bisogno e non cederemo più al facile richiamo, di un capopopolo, ma finalmente sceglieremo di fare scelte politiche comuni come cittadini consapevoli che si sentono anche corresponsabili.
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