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Michele Di Salvo
04 May

Il caso Fortuna e le nostre colpe di adulti

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Napoli, cronaca, comunicazione, pedofilia, abusi, violenza

Il caso Fortuna e le nostre colpe di adulti

Sono giorni che "va in onda" il caso di Fortuna, e la prima cosa che suona stonata sono "le parole" della cronaca, parole scelte per farci meno male.

Fortuna è una bambina ammazzata (usiamola questa parola) perché – topo tante altre volte – si sarebbe rifiutata di subire un nuovo stupro (usiamo anche questa di parola), invece di "sarebbe morta" e avrebbe "subito violenza".
Perchè se no non si capisce, se no è troppo blando, ovattato, quasi neutro e quotidiano.

Invece no, questa bambina è stata uccisa, ammazzata, buttata giù da un balcone, perchè si sarebbe rifiutata di essere ancora una volta stuprata.

Ecco, quando abbiamo compreso questo, ci viene in mente la fragilità dei bambini, la loro debolezza ed incapacità di opporsi. E invece no, è tutto il contrario. E vediamo come.

Questo delitto tocca noi adulti: adulto lo strupratore probabile omicida, adulti la madre, la nonna, i vicini, che si dovevano adoperare per la sua cura e tutela, adulti tutti coloro che si sono dati da fare alacramente non per difendere un bambino (come ci si aspetterebbe) ma per "coprire" quello che definiamo fiabescamente "l'orco".

Ma quale orco? Gli orchi esistono nelle favole, semmai. Questa è la realtà.

Linguaggio troppo duro? Ci fa male alle orecchie? Ci disturba la cena che consumiamo guardando il telegiornale? Facciamocene una ragione. Perchè noi non siamo bambini. Quelli sì vanno protetti.

Ma io andrei oltre, perchè questo linguaggio pacato e ovattato, in relatà ci serve.

Serve a proteggere noi, la nostra comunità e collettività di adulti. Se non ad assolverci quanto meno a concederci attenuanti. Perchè?

Perchè questa drammatica e tragica vicenda è sociale e non giudiziaria. E che nessuno si sogni di renderla psichiatrica. Questa è una tragedia sociale, sociologica e collettiva.

Ci mostra una realtà di adulti coesi e compatti "contro" i bambini, che vengono educati a proteggere e coprire le malefatte, le bugie, i crimini e i delitti degli adulti.

Ci mostra come una nonna, una mamma, un vicino di casa – tutti adulti – possano cooperare per far sì che per anni ciò che avveniva venisse nascosto e coperto, e che per i bambini quella roba lì fosse anche naturale e normale.

Ci mostra come noi, come società di adulti, possiamo non vedere, accettare, tollerare. Perchè non vedere è tutto questo. Anche quando ci diciamo che non succede "da noi", e ci auto assolviamo perchè "non potevamo sapere". E quando pensiamo che "la causa" sia "il degrado socio culturale di quel quartiere".

Ci mostra – di fronte a tanta enorme nostra debolezza – che i più forti siano i bambini. Quelli ammazzati perchè si rifiutano. Quelli che "vorrebbero parlare" e si mettono contro la nonna che gli dice di non farlo quelli che – portati lontano – parlano, raccontano, descrivono. Consapevolmente.

Per qualcuno è come assistere ad un mondo alla rovescia, dove i bambini sanno quello che è giusto e sbagliato e dicono la verità, mentre gli adulti alterano la verità, e con un mondo di omertà "giocano" a coprire le proprie malefatte.

Non è così. È proprio il mondo che è così.

E questa storia facciamo fatica e resistenza a raccontarla per quello che è, con le parole giuste e necessarie. Perchè questa storia abbatte il muro delle nostre certezze, prima tra tutte quella del nostro essere "i forti" mentre i deboli sono i bambini.

A Fortuna, ai suoi coetanei, noi dobbiamo molto. La loro storia rompe questo velo e ci svela quello che siamo, la nostra fragilità, impotenza, incompiutezza, incapacità e inadeguatezza.

Facciamo gli adulti e prendiamone atto. Non fa male. Aiuta a crescere.

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