Appunti sul Natale di Roma
Ho visto in questi giorni, a cavallo del 25 aprile, molti profili e gruppi social inneggiare – quasi fosse un contraltare rispetto alla Liberazione, quasi fosse in antitesi – al “Natale di Roma”.
Cosa che accade spesso. Come per la giornata della memoria, quando qualcuno ricorda le Foibe “in antitesi” ai campi di concentramento nazi-fascisti. (e invece sarebbe bene quei fatti ricordarli tutti, per bene, narrarli per ciò che davvero sono stati e non come cose di parte, o peggio in opposizione).
Mi è venuto in mente che la storia della fondazione di Roma è affidata sostanzialmente alla leggenda, una leggenda voluta ai tempi dell'Impero per dare “nobili natali” alla capitale del Mondo conosciuto allora. Sostanzialmente “la padrona incontrastata” del Mediterraneo.
Già Mediterraneo, letteralmente “mare in mezzo alle terre”. Mare Nostrum lo chiamavo i romani quando sancirono la propria supremazia.
La storia che Virgilio – incaricato di scrivere la storia dei nobili natali della Roma imperiale – raccontò nell'Eneide era più o meno quella di una città fondata da un profugo di origine turca, più o meno, che aveva perso città, amici, famiglia, ruolo sociale e beni materiali a causa di una guerra devastante. Arrivato sulle coste più o meno tra Formia e Ostia su un barcone, con alcuni scampati sopravvissuti, probabilmente partito da qualche parte tra la Libia e la Tunisia.
E sono passati circa 2,769 anni.
Ah la storia...