Web bene comune
25 anni fa nacque il WWW, il web che tutti noi conosciamo, poggiato sullo sviluppo e sulla globalizzazione della rete americana ARPANet in diretta connessione con i nodi nazionali degli operatori telefonici. Quelle reti che consentivano di fare una telefonata dall'Italia agli Stati Uniti, invece della voce trasferivano adesso dati e informazioni, al costo di una telefonata nazionale. Erano tempi in cui le compagnie telefoniche, e le reti, erano nazionali, e quindi anche il web, implicitamente era "un bene comune pubblico".
Nacque l'ICANN ( International for assigned names and numbers) l'autorità che decide sull'utilizzo e la presenza dei domini nel mondo con il compito di assegnare le terminazioni nazionali e coordinare i soggetti "rivenditori" dei singoli siti e quindi assegnatari di quel numero "unico" (indirizzo IP) che identifica quel singolo e determinato sito internet nel mondo.
Il 12 marzo 1989 al Cern Tim Berners-Lee depositò il WorldWideWeb, il primo programma di navigazione, quello che diede poi il nome alla rete in quanto tale. Oggi è il primo che sostiene che servirebbe una «carta dei diritti di Internet» per evitare abusi come la sorveglianza da parte dei governi emersa in questi ultimi mesi. «Abbiamo bisogno di una costituzione globale, una carta dei diritti finchè non avremo un Internet neutrale e aperto su cui possiamo fare affidamento senza preoccuparci di cosa succede alla porta posteriore non possiamo avere un governo aperto, una buona democrazia ma anche una buona salute, comunità connesse e diversità di culture».
Il tema in buona sostanza è quello della "neutralità della rete" (nota anche con i termini inglesi network neutrality, net neutrality, internet neutrality o NN): la definizione esatta varia, ma viene ritenuta "neutrale", dalla maggior parte dei sostenitori di questo principio, una rete a banda larga che sia priva di restrizioni arbitrarie sui dispositivi connessi e sul modo in cui essi operano, cioè dal punto di vista della fruizione dei vari servizi e contenuti di rete da parte dell'utente finale.
La "neutralità della Rete" è stata descritta da Tim Berners Lee "Vent'anni fa, gli inventori di Internet progettarono un'architettura semplice e generale. Qualunque computer poteva mandare pacchetti di dati a qualunque altro computer. La rete non guardava all'interno dei pacchetti. È stata la purezza di quel progetto, e la rigorosa indipendenza dai legislatori, che ha permesso ad Internet di crescere e essere utile. Quel progetto ha permesso all'hardware e alle tecnologie di trasmissione a supporto di Internet di evolvere fino a renderlo migliaia di volte più veloce, nel contempo permettendo l'uso delle stesse applicazioni di allora. Ha permesso alle applicazioni internet di venire introdotte e di evolvere indipendentemente. Quando ho progettato il Web non ho avuto bisogno di chiedere il permesso a nessuno. Le nuove applicazioni arrivavano sul mercato già esistente di Internet senza modificarlo. Allora provai a rendere la tecnologia del web una piattaforma al contempo universale e neutrale, e ancora oggi moltissime persone lavorano duramente con questo scopo. Il web non deve assolutamente discriminare sulla base di hardware particolare, software, rete sottostante, lingua, cultura, handicap o tipologia di dati.
Sino ad oggi il controllo dei domini internet era in mano agli Stati Uniti, per una prassi che, come abbiamo detto, andava avanti dai tempi di ArpaNet. Ieri il governo americano ha comunicato che intende cedere il controllo dei domini Internet in favore di una "comunità globale di attori". La decisione è stata annunciata dal Dipartimento americano del Commercio.
Nell'ambito di questa trasformazione "non verrà modificato il ruolo di Icann come unico identificatore del sistema" dei domini. Da tempo l'Unione Europea sollecita Washington a una iniziativa di questo genere, verso un nuovo modello cooperativo nella governance della Rete. L'idea, ha spiegato il dipartimento del Commercio, è "di sostenere e rinforzare il modello di una governance globale di internet".
Secondo il piano dell'amministrazione Obama, la nuova governance dovrebbe invece assicurare che l'Icann rimanga un ente libero dal condizionamento dei governi, in grado di garantire una rete aperta, accessibile, ma allo stesso tempo sicura e stabile. I big della Silicon Valley sono pronti ad appoggiare questa svolta, considerandola ormai inevitabile dopo lo scoppio dello scandalo Datagate.
Questa apertura non piace a pezzi importanti dell'impresa americana, ma anche ad alcuni esperti della rete, preoccupati dal fatto che dare un maggior ruolo a Paesi come la Russia e la Cina nella regolamentazione del web, potrebbe portare a una minore libertà e a una maggiore censura ai danni della libertà d'espressione.
In realtà seri rischi di censura non ce ne sono. Ciascuno potrà continuare a poter inserire nei propri siti i contenuti che vuole e contemporaneamente a censurare l'accesso nel suo paese di quelli indesiderati.
Quella del governo americano appare più una misura estetica, tesa a dare l'idea di una minore egemonia, togliendosi anche qualche fastidio interno e burocratico, piuttosto che una misura con ripercussioni concrete serie, sia in tema di indipendenza della rete sia in tema di censura e privacy.
Il messaggio però è molto forte: un web davvero globale che diventa lentamente "bene comune e primario globale" quasi come un pezzo della convenzione dei diritti dell'uomo, non può, nemmeno formalmente, essere "di un solo Stato".
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Il web cresce - ecco le nuove estensioni di dominio disponibili
Il web cresce, molto, e con una velocità impressionante, soprattutto nell’accaparramento dei “nomi disponibili” per registrare “il proprio spazio”. Un po’ come nella vita vera esistono gli immobiliaristi, il trend degli ultimi anni è stato quello di registrare e accaparrarsi i “nomi più appetibili” come fossero immobili di pregio. Un mercato alimentato da società specializzate nella compravendita di siti, e di allocazione di pubblicità su domini registrati ma privi di contenuto. Già, perché registrare un dominio non implica necessariamente avere un sito internet, ma semplicemente aggiudicarsi un nome, un’estensione. Che spesso vale milioni. Come il caso del dominio fb.com acquistato da Facebook dalla American Farm Bureau Federation per 8,5milioni di dollari nel novembre 2010 e che oggi probabilmente ne vale anche il doppio.
Un web che nelle sue estensioni conosciute – quelle per paese, per macrocategorie come .com .org ma anche .biz e .tv – sembrava destinato a saturarsi in breve tempo.
Ma ecco la rivoluzione proposta dall’ ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), ovvero dall’autority mondiale che gestisce tutte le registrazioni e le assegnazioni ai vari register nazionali. Tutto è iniziato il 12 gennaio e tutto è finito il 29 marzo 2012.
Era la prima fase della rivoluzione dei nuovi domini di primo livello, quelli del tipo .it o .com per capirci. Le grandi aziende, o meglio chi poteva permettersi di comprarsi un dominio di primo livello e di gestirselo come gli pare, hanno potuto farsi sotto e presentare la richiesta di assegnazione.
Il 13 giugno è stata resa nota la lista delle nuove estensioni (chiamate gTLD) richieste dalle aziende. Sono ben 1930 con un costo di registrazione di circa 185.000 euro + costi aggiuntivi.
Le grandi ci sono quasi tutte. Da .apple a .microsoft a .toyota . E per certi domini ci sono più richieste. Qualche esempio? .auto , .book , .deal , .fashion , .game , .hotel , .love , .movie , .search, .sport , .style , .vip , .web . Ecco quali sono le aree geografiche da dove provengono le richieste: 911 dal Nord America 675 dall’Europa 303 dall’Asia e Pacifico 24 dall’America Latina e Caraibi 17 dall’Africa.
Prime – come sempre – le grandi corporation come Charleston Road Registry Inc. Afilias Limited Amazon EU S.à r.l. ma anche Sina Corp e Verizone. Il gruppo Despegar Online si è aggiudicato ogni possibile registrazione legata alla parola hotel, mentre Deutsche Post AG ha concorso per ogni parola contenente “post”. Uniche che potranno a loro volta rivendere la registrazione di domini con queste nuove estensioni. Un business enorme, come sempre riservato a pochi grandi che si contendono a suon di servizi il futuro del web: non solo domini e siti, ma soprattutto lo spazio in memoria, i dati che carichiamo, i software per far girare i programmi internet, e tutti i dati degli utenti diretti, di quelli registrati e dei loro clienti, oltre ovviamente all’allocazione degli spazi pubblicitari.
Non solo business verso i consumatori, ma anche una gara ad accaparrarsi luoghi e spazi web utili nel tempo, nella crescita di un marchio o per gestire la propria web reputation in maniera autonoma, e in questa ottica di investimento di lungo periodo i marchi e le aziende che davvero puntano sulla rete e sul mercato globale ci sono tutte, da tutto il mondo.
Fanalino di coda dei paesi industrializzati l’Italia, che ha visto pochi soggetti interessati e pochissime estensioni aggiudicate. Le uniche sono queste, tutti gli altri assenti:
.PRAXI aggiudicato da Praxi S.p.A., .GUCCI aggiudicato da Guccio Gucci S.p.a., .BNL aggiudicato da Banca Nazionale del Lavoro Spa, .LAMBORGHINI aggiudicato da Automobili Lamborghini S.p.A., .CLOUD aggiudicato da ARUBA S.p.A., .CIPRIANI aggiudicato da Hotel Cipriani Srl, mentre la parte del leone la f ail gruppo Fiat che con Fiat Industrial S.p.A si aggiudica .CASE, .CASEIH, .NEWHOLLAND, .IVECO mentre con Fiat S.p.A. registra .FIAT, .ALFAROMEO, .MASERATI, .LANCIA, .FERRARI, .ABARTH.
Nessun altro gruppo, azienda o marchio nazionale ha presentato alcuna richiesta, nè si è dimostrato interessato, nè ha posto obiezioni (e questo è il fatto più grave) a che altri, di altri paesi, registrassero domini affini o interessanti o omonimi.
Si è da poco conclusa la seconda fase: tutti (meglio dire, tutte le altre grandi aziende) hanno avuto 6 mesi di tempo per presentare le proprie obiezioni a che un’azienda si accaparri il dominio che ha richiesto. E adesso parte la corsa a prenotarsi il proprio “nuovo sito” nei nuovi spazi.
https://gtldresult.icann.org/application-result/applicationstatus/viewstatus
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