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Michele Di Salvo
01 Aug

Manning tra spia ed eroe

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  datagate, Obama, informazione, giornali, giornalismo, Bradley Manning, whistleblower, iraq, wikileaks

Manning tra spia ed eroe

Per l’accusa è un pericoloso delatore che ha minato la sicurezza nazionale. Cade tuttavia l’accusa di avere con le sue rivelazioni “aiutato o favorito il nemico”. Questa precisazione lo sottrae formalmente alla condanna all’ergastolo, ma potrebbe venire comminata una somma sino a 136 anni di carcere.
Per la difesa Bradley Manning è semplicemente un whistleblower ( termine inglese con cui viene definito un individuo che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda. Le rivelazioni possono essere di varia natura: violazione di una legge o di un regolamento, minaccia di interesse pubblico come in caso di corruzione e frode.)
Il nodo processuale si è giocato. Ed eventualmente in appello si giocherà, su questa distinzione, che non è formale ma sostanziale.

Proprio negli Stati Uniti infatti esiste una legislazione specifica che disciplina e tutela chi “denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda” proprio perché con le loro denunce si espongono a ritorsioni e rivalse da parte dell'istituzione che hanno accusato o di altre organizzazioni correlate.
La prima legge in questo senso è stata il False Claims Act del 1863, che protegge da licenziamenti ingiusti, molestie e declassamento professionale, e li incoraggia a denunciare le truffe assicurando loro una percentuale sul denaro recuperato. Del 1912 è il Lloyd–La Follette Act che garantisce agli impiegati federali il diritto di fornire informazioni al Congresso degli Stati Uniti d'America. Nel 1989 è stato approvato il Whistleblower Protection Act, una legge federale che protegge gli impiegati del governo che denunciano illeciti, proteggendoli da eventuali azioni di ritorsione derivanti dalla divulgazione dell'illecito.

Manning è accusato di aver scaricato oltre 700mila documenti riservati tra cui il video Collateral Murder (in cui due Apache americani attaccano uccidendo 12 civili disarmati)mentre svolgeva il suo incarico di analista informatico in Iraq e di averli rilasciati all'organizzazione WikiLeaks. Dopo dieci mesi di isolamento nel carcere militare di Quantico è stato trasferito a Fort Leavenworth a seguito della pressione internazionale sulle sue condizioni di detenzione. Ciò nonostante, ancora nel marzo 2012, il Relatore speciale dell'ONU sulla tortura Juan Mendez ha formalmente accusato gli Stati Uniti di trattamento crudele, disumano e degradante per la forma di detenzione inflitta a Manning.

L'avvocato e opinionista Glenn Greenwald, in un articolo del 15 dicembre, denuncia le condizioni inumane a cui è sottoposto il soldato, che per gli standard di alcuni paesi costituirebbero tortura, sottolineando che Manning non è stato condannato per alcun reato.

David House, informatico e ricercatore, che visita Bradley due volte al mese, riferisce che Manning viene tenuto in isolamento per 23 ore al giorno, dorme con le luci accese e viene controllato ogni cinque minuti. Inoltre è costretto a dormire indossando soltanto un paio di pantaloncini, esponendo la pelle a diretto contatto con una coperta molto simile a un tappeto. Durante la notte viene svegliato dalle guardie. L'unica forma di esercizio consentitagli consiste nel camminare in circolo in una stanza per un'ora al giorno, e viene incatenato durante le rare occasioni in cui può ricevere visite.

Il 19 gennaio 2011 Amnesty International scrive una lettera al segretario della difesa Robert Gates, esprimendo forte preoccupazione per le condizioni di detenzione di Manning, ritenute inutilmente severe e punitive a tal punto da apparire in violazione della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici. Nella lettera si ricordano inoltre le Standard Minimum Rules for the Treatment of Prisoners delle Nazioni Unite, che garantiscono a tutti i prigionieri non sottoposti a processo il diritto di svolgere attività lavorative.

A marzo il portavoce del Dipartimento di Stato americano PJ Crowley si dimette per aver definito il trattamento nei confronti di Manning “ridicolo, controproducente e stupido”. Le udienze preliminari del processo sono cominciate a maggio 2012. Dopo l'asilo politico di Assange e il continuo appoggio internazionale la corte marziale è stata fissata il 4 Febbraio per concludersi a metà Marzo.

Alla fine di febbraio 2013 Manning si è dichiarato colpevole di una parte delle accuse mosse contro di lui, ammettendo di avere fornito a Wikileaks parte della documentazione raccolta nel corso del suo lavoro di analista per l'esercito degli Stati Uniti.

Nel marzo 2013 è stata pubblicata su Internet dalla Freedom of Press Foundation una registrazione audio contenente la sua deposizione al processo segreto, nella quale accusa l'esercito USA di non dare valore alla vita umana e paragona i soldati a "un bambino che tortura le formiche con la lente d'ingrandimento". Nella dichiarazione ha anche giustificato le proprie azioni affermando che l'esposizione dei crimini commessi dal governo doveva avere come effetto quello di aprire un dibattito sulla politica estera USA e in particolare sulle invasioni fatte a danno di Afghanistan e Iraq.

Nell'aprile 2011 più di 250 esperti di legge americani, tra cui Laurence Tribe, professore di Obama ad Harvard, hanno condannato le condizioni di detenzione di Manning in una lettera aperta.
Il momento forse più imbarazzante per l’accusa è stato quando l’esercito ha dovuto ammettere di non trovare il contratto originariamente firmato da Manning prima del suo arrivo in Iraq.
Il documento – designato come “Acceptable Use Policy” (AUP) – è importante perché fissa limiti e condizioni dell’accesso di Manning ai files riservati dell’esercito. E quindi anche l’eventuale violazione di quelle condizioni. Il problema, appunto, è che l’AUP non si trova più – e una copia di riserva è stata bruciata.
Secondo i legali quindi non esiste alcun documento riservato presentabile in tribunale che attesti quali violazioni avrebbe commesso, e quindi una condanna per spionaggio in questo caso andrebbe palesemente contro le leggi a tutela dei whistleblowers.
I procuratori militari gli contestavano anche di aver favorito potenze straniere, reato che però, ricorda il Washington Post, negli Usa ha solo un precedente che risale addirittura agli anni della guerra civile.
Essendo stato riconosciuto colpevole di 19 capi d’accusa su 21 per aver violato più volte l’Espionage Act, rischia una pena massima di 136 anni. Di fatto il carcere a vita, in assenza di un provvedimento di grazia.
L’appello arriverà probabilmente sino alla Corte Suprema. Come ha ricordato il NewYorkTimes Il caso Bradley Manning è un fatto senza precedenti per la storia dell'informazione e degli Stati Uniti e avrà conseguenze più ampie anche sul giornalismo e l'informazione nel suo complesso. La caduta dell'accusa più grave, quella di connivenza con il nemico, è una magra consolazione. La condanna per aver "aiutato il nemico" avrebbe infatti innescato un precedente pericoloso che avrebbe potuto mettere a serio rischio il ruolo e gli spazi del giornalismo d'inchiesta, facendo coincidere gli atti di una fonte giornalistica con quelli di un traditore che deliberatamente consegna contenuti coperti da segreto a, ipotizziamo, un gruppo terroristico pronto ad attaccare l'America. Secondo James Ball la condanna di Manning per quel capo di accusa “avrebbe infatti definito i media e il giornalismo investigativo come dei proxy per i nemici degli Stati Uniti.” Dello stesso tenore anche Yochai Benkler del Guardian "i leaker e i whistleblower, insieme al giornalismo investigativo sono un'importante valvola a pressione che, per quanto imperfetta, ci proteggono da un establishment di sicurezza nazionale eccessivo".

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