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Michele Di Salvo
09 Aug

Se telefona Casaleggio

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Beppe Grillo, Casaleggio, Bersani, PD, partito democratico, Partecipazione, Democrazia, demagogia, comunicazione tossica

Se telefona Casaleggio

Il Fatto ieri ci ha dato una notizia: Casaleggio ha chiamato al Senato per dire di ritirare gli emendamenti sul durt, il documento di regolarità contributiva, voluto dal M5S e magicamente ritirato a seguito della chiamata diretta. Ha iniziato “come una furia, pronto ad asfaltare chiunque” salvo poi calmarsi quando ha visto l’accordo dei docili parlamentari proponenti. A pensar male verrebbe da ritenere che la Casaleggio non sarebbe in ordine con tale documentazione, qualora fosse passata, ma a ben vedere questo piccolo episodio è carico di notizie. La prima, la diamo noi al Fatto. Non è la prima volta che Casaleggio chiama, ma è una consuetudine tutt’altro che rara. Nulla di male del resto che il cofondatore di un partito, pardon movimento, nonché responsabile direttamente attraverso la sua società, della comunicazione dei gruppi parlamentari, chiami negli uffici degli stessi. La seconda notizia è che, come abbiamo già ribadito altre volte, Casaleggio, ciò che dice e pensa, le sue esternazioni, la sua filosofia e condotta, non sono marginali, come a qualcuno strumentalmente fa comodo talvolta affermare; il suo ruolo è di co-fondatore, garante, e di leadership, condivisa con Grillo, sulla linea e sulla strategia, non solo politica. Ruolo non tanto sostenuto da noi, ma dallo stesso Grillo nel famoso incontro con il Presidente della Repubblica. Una terza notizia degna di nota sarebbe prendere atto dell’anomalia, l’ennesima, del “partito-non-partito” senza organi collegiali, senza organi di garanzia, con uno statuto sottoscritto da tre persone, che non ha un tesoriere, in cui il duo Casaleggio-Grillo decidono tutto, finanche le espulsioni dei parlamentari, ed in cui Grillo caccia le persone “revocando l’uso del simbolo” a mezzo raccomandata, ci troviamo anche che il responsabile massimo della comunicazione con regolarità chiama i suoi e detta la vita non solo politica ma anche parlamentare degli eletti. Dietro questa strategia di emendamenti, ostruzionismo, ritirare gli emendamenti, in realtà c’è una strategia più seria e profonda e studiata, e questa se vogliamo, è una quarta notizia. Casaleggio ha da sempre come suo obiettivo il logoramento del partito democratico, da quando propose la candidatura di Antonio Di Pietro (all’epoca suo cliente ben pagante) alle primarie, a quando cercò di candidare Grillo, anche facendolo risultare iscritto al Pd di Paternopoli (tessera invalidata per irregolarità). In questa fase Grillo sta cogliendo il massimo dell’opportunità offerta dal confronto interno tra le anime del Partito Democratico. Dato che in parte l’elettorato è “affine”, sta facendo in modo che anche nel dibattito per la segreteria i vari candidati parlino di lui. Per un emendamento, per un dialogo, per un pezzo di programma, per un’apertura, tanto apparentemente possibile quanto concretamente improbabile e irrealistica. Dialoghi e aperture che ogni volta vengono chiusi bruscamente dal dictat (vuoi di Grillo vuoi di Casaleggio poco conta) per dire “sono tutti uguali” o “ecco, avete visto, non vogliono alcun cambiamento”. Eppure di occasioni ne hanno avute tante, dall’appoggio (anche esterno) a Bersani all’elezione dei presidenti di Camera e Senato, da singoli provvedimenti sino agli emendamenti di questi giorni, per arrivare a contribuire al passaggio della riforma che avrebbe abolito le province o a quella sul finanziamento dei partiti. Qualcuno dirà che sono piccoli passi, ma in genere è un passo alla volta che si scalano le montagne. Grillo ha una sola occasione per raggiungere il tanto agognato 51%, che il Pd si spacchi e prenderne con sé in qualche modo e forma un pezzo. Ed è a questo che sta lavorando. Con buona pace dei pontieri, degli editorialisti, di chi ancora pensa di avere a che fare con un “partito normale” che risponda a logiche politiche, e con buona pace dei tanti in buona fede che auspicano ancora un dialogo possibile e costruttivo. E continuerà a dire che “Renzi lo ha deluso” e che “Civati nel suo partito non conta nulla” e rimestando nelle ferite, come il chiedere se non siano i renziani a non aver votato Prodi al Quirinale. Un’azione di logoramento che mira a mettere acredine, l’uno contro gli altri, e non certo a costruire alcun dialogo. E nel contempo mira a logorare il governo Letta. Perché il vero incubo di Grillo è che cambi la legge elettorale, impedendogli il suo ruolo di padre padrone e unico soggetto a nominare i parlamentari. In questa direzione l’editoriale di Becchi di ieri che rivela “un misterioso complotto pd pdl per mettere fuori il M5S”… non certo per cambiare una legge elettorale che i cittadini disprezzano e su cui si deve anche esprimere la Corte Costituzionale. Ma si sa che gridare al complotto mette a tacere ogni discussione di merito. E in questo caso anche di metodo.

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