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Michele Di Salvo
29 Jul

La polveriera Napoli

Pubblicato da Michele Di Salvo  - Tags:  Luigi De Magistris, m5s, Corriere della Sera, L'Unità, Claudio de Magistris, legalità, giovani, giornali, Napoli

La polveriera Napoli

Ha suscitato un "nuovo interesse" sulle vicende napoletane l'articolo che il 27 luglio ho proposto a "L'Unità" - un pò al di fuori della mia stretta competenza di occuparmi di "cose di rete".
E non di meno il pezzo, riepilogativo di quanto sta avvenendo, quasi una scheda di sintesi, è stato ripreso prontamente dal Corriere del Mezzogiorno, inserto campano del Corriere della Sera, che oggi apre in prima pagina nazionale con un editoriale "decisamente ispirato" di Antonio Polito. Lusingato. Io e Claudio Silvestri che ha abilmente e sinteticamente ricordato le vicende di cronaca giudiziaria.
Da napoletano però mi auspico sempre che di Napoli si tornino a occupare costantemente le pagine dei giornali nazionali, e non solo perché è la terza città italiana, e non solo perchè da sempre qui si è costruito il laboratorio politico di ogni alleanza, e da sempre in Campania si vincono o perdono le elezioni nazionali (è bene ricordarlo extra-campagna elettorale!), ma perchè chi f informazione non dovrebbe limitarsi sempre e solo alla cronaca "negativa".

Alla guida del Comune c'erano due pm, un prefetto, un colonnello dei carabinieri, al bilancio c'era l'economista “Robin Hood” (Riccardo Realfonzo). Era la Giunta della legalità. Ora è quella più inquisita d'Italia e di quella squadra restano soltanto in tre: il sindaco Luigi de Magistris, il suo vice, l'ex senatore Tommaso Sodano, e l'assessore alla Scuola Annamaria Palmieri. Tutti gli altri sono stati sostituiti. L'ultima è Pina Tommasielli, responsabile dello Sport, travolta dall’accusa di aver cancellato multe ai parenti e di aver avuto una gestione poco trasparente sui biglietti dello stadio San Paolo e costretta giovedì sera a rimettere le deleghe nelle mani del primo cittadino. Fu lei tra i primi a convincerlo a lanciarsi nell’avventura delle Comunali. La "pasionaria", però, prima di sbattere la porta, davanti ai pm ha tirato in ballo anche la sua staffista, Lucia Russo, cugina del sindaco, sentita giovedì mattina dalla Digos come persona informata sui fatti. Della cosiddetta rivoluzione arancione è tutto ciò che resta. L'insistenza con la quale gli investigatori si stanno presentato a Palazzo San Giacomo per sequestrare prove e documenti rende nervoso il primo cittadino che, da un lato, ritiene «doveroso» il lavoro dei magistrati, ma allo stesso tempo si sente «ingiuriato» dalle accuse che gli vengono mosse. Più volte ha invocato la «macchina del fango» e l'azione di misteriosi «poteri forti» contro la sua azione di «cambiamento» radicale della città. De Magistris sa benissimo che in gioco c’è anche la sua poltrona e la credibilità politica della sua squadra. E c’è una bomba innescata, quella delle intercettazioni. Sono ben nove le indagini che colpiscono direttamente e indirettamente la sua amministrazione. La più importante è certamente quella sulla Coppa America, un grande evento strappato a suon di milioni di euro alle città concorrenti (Venezia non l’ha digerita bene). Ce ne sono voluti dieci per convincere gli americani a portare i loro catamarani a Napoli per due anni consecutivi. Senza contare i soldi pubblici, tutti fondi europei, spesi per il resto. Ci sono quelli per l'allestimento dei villaggi e per l'organizzazione degli eventi collaterali, sui quali si stanno concentrando i pm, affidati a società dai numeri eccezionali, come la Jumbo Grandi Eventi (legata in vario modo all’amministrazione Alemanno). E ci sono quelli per i restauri, tutti frammentati in miniappalti sotto i 50mila euro per essere affidati senza gara e sui quali per ora non si indaga. L'ipotesi di reato per il sindaco, il presidente della Regione, Stefano Caldoro, e l'ex presidente della Provincia, Luigi Cesaro è turbativa d'asta. Ma non è l'avviso di garanzia, un atto dovuto, a tormentare il sonno di del sindaco arancione, quanto il fatto che nel tritacarne dei pm siano finiti, tra gli altri, il suo braccio destro, Attilio Auricchio, suo capo di gabinetto, e direttore generale del Comune (per un periodo anche comandante dei vigili urbani), ma soprattutto il fratello Claudio: collaboratore “senza stipendio” dell'Amministrazione. Claudio è anche l’uomo-comunicazione delle campagne elettorali di de Magistris e colui che aveva “gentilmente rifiutato” di affidarsi al modello Casaleggio preferendo fare da sé (la ragione era molto semplice, il modello offerto dalla Casaleggio Associati è estremamente centralizzato, a scatola chiusa, per lavorare con loro, per usufruire dei loro servizi, è necessario affidarsi totalmente alla loro organizzazione); sarà un caso ma dopo questa scelta di “autonomia” de Magistris è stato scaricato e attaccato da Grillo. Ma è proprio questo rapporto istituzionale “insolito” di Claudio de Magistris che non convince la Procura. Il primo cittadino ha difeso a spada tratta i suoi collaboratori, ha detto che si sta gettando fango su chi si sta sacrificando per Napoli senza chiedere nulla in cambio. Teorema che per il pool della Procura guidato da Francesco Greco merita, almeno, un po' di attenzione. Mentre veniva consegnato l'avviso di garanzia all'assessore allo Sport, ne riceveva uno anche il vicesindaco Sodano per una consulenza da 49mila euro (per lui non sono state chieste le dimissioni), ci sono fascicoli anche sull’affare delle buche stradali, sulla pista ciclabile, sulle assunzioni all'Asìa (la società che si occupa del ciclo dei rifiuti in città), c'è una maxi-indagine sulla bonifica dei suoli di Bagnoli, e poi ci sono quelle legate ai “disastri”, alle sciagure: come il crollo dell'ala di un palazzo alla Riviera di Chiaia nei pressi del cantiere della metropolitana (il Comune era stato avvertito dei rischi pochi giorni prima), o quella sulla caduta di un albero che ha provocato la morte di una donna (da anni non si effettuava nessun intervento di manutenzione). «Le mie decisioni le prendo in autonomia. La politica non si fa dettare i tempi né dall’informazione né dalla magistratura né da altri» ha detto mercoledì al margine di un convegno Anci, aggiungendo «C’è il piano giudiziario, che è un percorso, c’è quello dell’informazione che segue il suo percorso e c’è quello della politica che è completamente autonomo. Da un punto di vista penalmente rilevante non vedo nulla, però ci sono anche aspetti politici che vanno valutati. Sono molto sereno, perché la nostra è un’amministrazione di gente perbene, su cui si va a vedere anche il capello, dal momento che la nostra asticella è altissima». Questo lo scenario complessivo della “polveriera Napoli” in cui adesso de Magistris si sente un perseguitato, «ogni atto che facciamo è un'inchiesta», replica amareggiato. Ma detto da lui, che con un’inchiesta fece cadere il governo Prodi, suona male.

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